E’ in realtà il giovane Jamie (Josh O’Connor) il vero protagonista di “Le cose che non ti ho detto”, la piéce teatrale che lo sceneggiatore inglese William Nicholson (due nomination all’Oscar), qui alla seconda regia, porta sullo schermo oltre vent’anni dopo il debutto a Broadway. Un film sinceramente autobiografico che racconta il suo traumatico impatto con il divorzio dei genitori. Si può vedere su diverse piattaforme on demand. Intanto è partito con varie anteprime il progetto #IoRestoInSala, un nuovo circuito nazionale di sale e distributori sul web guidato da Anteo e Cinema Lumiere di Bologna
Il vero protagonista di Le cose che non ti ho detto (disponibile dal 29 maggio sulle piattaforme on demand Sky Primafila Premiere, Apple Tv, Chili, Google Play, Infinity, Timvision, Rakuten Tv, Cg Entertainment), storia di un matrimonio che si rompe dopo 33 anni (parecchi dei quali vissuti burrascosamente) a causa del distruttivo innamoramento del chiuso e riflessivo Edward (Bill Nighy) per una donna più giovane e diversa dall’energica e fumante Grace (Annette Bening), non è nessuno dei due coniugi. Anche se non è un racconto in terza persona, il ruolo centrale lo assume infatti il figlio Jamie (Josh O’Connor), che prima cerca generosamente di puntellare un’unione in difficoltà, poi sceglie di non scegliere, restando vicino ad entrambi nel non facile momento (soprattutto per la madre) dell’elaborazione della sconfitta.
Ma tutto questo non è solo un’espediente narrativo, o la volontà di assumere un punto di vista relativamente originale rispetto a tante storie di coppie che scoppiano: lo sceneggiatore e regista inglese 72enne William Nicholson, già candidato all’Oscar per gli script di Viaggio in Inghilterra e Il gladiatore e autore della piéce teatrale che ora porta sullo schermo nella sua seconda regia, tanto tempo dopo il debutto a Broadway (1999), racconta infatti il vero divorzio dei suoi genitori e il ruolo reale che lui assunse, prima, durante e dopo la rottura. Molto vicino, nonostante la presenza di due sorelle in più, a quello del giovane Jamie. Un film, un’impresa molto personali, passionali, di cui l’autore parla con grande affetto: “È costato quattro milioni di sterline, sono riuscito a farlo perché avevo nel cast una star con Annette Bening, e ci ho messo dentro tutto me stesso. Le persone che lo vedono reagiscono in modo diverso in base a ciò che vivono: c’è chi si commuove e invece chi si irrita, non capisce come mai marito e moglie siano rimasti insieme tanto a lungo”. Aggiunge poi, con sincerità, “il fatto che fossi presente durante la separazione dei miei genitori non significa che sapessi bene cosa stava accadendo. Così ho voluto raccontare una storia senza buoni e cattivi, perché entrambi avevano le loro colpe”.
Non fosse per questo aspetto intimo, e per la scelta di raccontarsi senza reticenze, Hope Gap (questo il titolo originale) potrebbe sembrare un classico prodotto british ben confezionato, scritto con intensità, recitato da attori come sempre impeccabili (Nighy è un sublime compilatore autistico di voci di Wikipedia), con un’atmosfera tersa e luminosa. Ma, insomma, tutto un po’ deja vu. La “presa diretta” sulla vita di Nicholson gli dà però maggior forza e rende incisiva una visione del matrimonio come campo di battaglia, dove si gioca duro: “Solo perché non c’è sangue non credere che questo non sia un omicidio”, dice Grace al figlio, sintetizzando come si senta dopo il tradimento e l’abbandono del marito. E tutto ciò suggerisce che più lei di lui abbia cercato probabilmente di salvare quell’unione. Così, se l’autore impiega anche qui la classica dose di humour britannico, sembra farlo più per alternare dramma e commedia (componente base del film) che per cercare di stemperare una tensione che deve esserci sempre.
Ambientato nella città costiera di Seaford, certamente il film si giova di un paesaggio marino che unisce immensità (di visione) e solitudine psicologica, ricordi ed echi di tragedia. Salvandolo a tratti da qualche momento di eccessiva teatralità, un po’ insita nella dimensione triangolare del racconto. Che ha in Jamie il protagonista, forse perfino involontario, della fine di un sogno iniziato con amore, e che ovviamente lo coinvolge. Anche perché lo showdown avviene in un raro week end in cui lui ha deciso di andare a trovare i suoi genitori, e proprio in quel momento, forse non per caso, la situazione precipita. Come sempre gli equilibri precari temono infatti le variazioni, potenzialmente distruttive dello status quo.
Le cose che non ti ho detto, di William Nicholson, con Annette Bening, Bill Nighy, Josh O’Connor, Sally Rogers, Aijsha Hart, Ryan McKen
“Io resto in sala” dalla rete al cinema
In attesa della riapertura dei cinema, ma anche con l’idea di rimanere comunque attivo, è nato in questi giorni il progetto #iorestoinsala, un nuovo circuito nazionale di sale e società attive sul web, tra cui Anteo Spazio Cinema Milano e Cinema Lumiére di Bologna. Esercenti e distributori ha immaginato un nuovo orizzonte per i cinema su base nazionale e l’idea parte dalla relazione tra le sale e il proprio pubblico: ogni cinema simula on line la visione di un film rispecchiando la sua capienza, così i posti sono assegnati e i film proposti a orari precisi. Lo spettatore che acquista il biglietto riceve un codice corrispondente al suo posto assegnato nella sala virtuale e assiste alla proiezione nel suo cinema di riferimento. Il cinema non si trasferisce sulla rete ma la rete diventa il cinema, diventa la sala, anzi le sale, distribuite in una settantina di complessi, molti dei quali multisala, collocati in tantissime città su tutto il territorio nazionale, dal Piemonte alla Sicilia. E chi vuole può ancora aderire, via via, al progetto.
Molti i titoli già in programma: L’hotel degli amori smarriti di Christophe Honoré, commedia sentimentale con Chiara Mastroianni premiata per questo film come migliore attrice all’ultimo festival di Cannes, Memorie di un assassino, opera seconda (2003) di Bong Joon-ho, il regista di Parasite, mai distribuito finora in Italia, il documentario P.J. Harvey – A Dog Called Money di Seamus Murphy, che racconta la genesi di un album dell’artista pop durante un viaggio in zone critiche del mondo, Alla mia piccola Sama di Waad al Kateab, miglior documentario al Bafta, uno sguardo intenso sulla guerra in Siria e un viaggio intimo nell’esperienza femminile. E ancora Favolacce dei fratelli D’Innocenzo, Tornare di Cristina Comencini e La famosa invasione degli orsi in Sicilia di Lorenzo Mattotti, spesso con incontri online con i rispettivi autori.
Saranno disponibili tra qualche giorno anche Georgetown con la regia del premio Oscar Christoph Waltz e In viaggio verso un sogno, commedia indipendente di Tyler Nilson e Micheal Schwartz che ha avuto un grande successo negli Usa, con Shia LaBeouf e Dakota Johnson.
Informazioni sul progetto su “festival.ilcinemaritrovato.it/io-resto-in-sala/”, la programmazione di Anteo è consultabile su www.spaziocinema.info