Le infinite suggestioni di una pagina vuota

In Letteratura

Josefina Vicens è stato un caso letterario nel Messico. La traduzione di Roberta Arrigoni del suo primo romanzo la porta finalmente anche nel nostro paese.

Se le traduzioni fossero un evento da celebrare, potremmo festeggiare quest’anno il sessantesimo anniversario della prima traduzione italiana di Jorge Luis Borges. È infatti il 1955 quando Einaudi pubblica nei suoi Gettoni La biblioteca di Babele, a cura di Franco Lucentini.

Ma Borges è il pretesto per parlare di un’autrice, anch’essa ispanoamericana, che in Italia, per quasi sessant’anni, non è mai stata tradotta: Josefina Vicens. Giornalista, sceneggiatrice cinematografica, scrittrice e femminista messicana, morta nel 1988 a Città del Messico a settantasette anni.

Josefina Vicens è stata un caso letterario nel Messico del secondo dopoguerra. In quel periodo molti autori sudamericani hanno avuto notevole fortuna nel nostro paese, con continue traduzioni e ritraduzioni, che in alcuni casi non sono ancora terminate, come nel caso di Borges. Lei è rimasta però pressoché totalmente sconosciuta al pubblico italiano. La traduzione di Roberta Arrigoni del suo primo romanzo, Il libro vuoto, la porta finalmente anche in Italia.

Quasi all’opposto rispetto al prolifico scrittore argentino, la Vicens ha pubblicato solamente due libri, El libro vacío (Il libro vuoto), nel 1958, e, più di vent’anni dopo, nel 1981, Los años falsos (*Gli anni falsi), ancora inedito nel nostro paese.

Josefina Vicens era una personalità inconsueta, per chi la ricorda e per come traspare dalle interviste. Riservata e diretta, era solita firmare i suoi lavori con con più pseudonimi, tutti maschili: è infatti Pepe Faroles e Luis Alfonso Fernández quando recensice spettacoli taurini, e Diógenes García quando parla invece di politica. All’uscita del Libro vacío, il nome di Josefina Vicens fa però ben presto notizia, varcando i confini nazionali ed entrando nel dibattito culturale centro-sud-americano. Subito la Vicens si aggiudica la terza edizione del premio letterario messicano Xavier Villaurrutiua.

Scrittrice assai severa con i propri testi, impiega cinque anni alla stesura del Libro vuoto, che non perde però per questo tutta la sua freschezza, il suo sapore di novità anche a distanza di mezzo secolo. Primo caso nella narrativa messicana, il racconto si stratifica intorno alla riflessione metaletteraria. In un gioco di scatole cinesi, mostra l’ineluttabile necessità dello scrivere come strumento di contrasto dell’altrettanto inesorabile finitezza della vita umana e del suo lento deperire. Come un frutto che marcisce, José García, io narrante, uomo comune, ragioniere contabile di mezza età, è consapevole del proprio inevitabile destino, contro cui avvia una lotta impari, armandosi dell’aspirazione letteraria. Nonostate una lunga carriera di tentativi autoaffossati, José García continua a cedere al tarlo della scrittura, a quella voce sotterranea che lo spinge a provarci ancora, a lavorare al suo romanzo definitivo. Ma José García non ha niente da dire. Le pagine del quaderno nascosto, quello che ha comprato perché diventasse un romanzo, rimango vuote. Si riempiono invece di confessioni, spunti, autocritiche, monologhi, ricordi, cronache quotidiane, le pagine dell’altro quaderno, quello che scrive alla luce del sole, davanti alla moglie e ai figli, ma che non contiene nulla di rilevante, di letterario, nulla che possa assurgere alla dignità dell’altro quaderno, che rimane vuoto. Nella prefazione al romanzo, Octavio Paz, svela il gioco di incastri che lega il lettore al testo fino alla fine, dichiarando che il solo fatto di parlare del nulla, di assumere una pagina vuota come oggetto di narrazione, riempie quella pagina – secondo un’espressione che potremmo attribuire anche a Borges – di infinite suggestioni. E José García non riuscirà forse mai a liberarsi della sua dipendenza dalla scrittura, la cui letterarietà rimarrà sempre nascosta al proprio autore.

Josefina Vicens dedica l’opera «a chi vive nel silenzio/silenziosamente». Dobbiamo ringraziare l’accurata traduzione di Roberta Arrigoni per gli Editori Internazionali Riuniti, se, oggi, Josefina Vicens è uscita dal silenzio.

 

“Il libro vuoto” di Josefina Vicens, Editori Riuniti, 2014

Immagine: Robert Motherwell, Wall Painting III, 1952

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