Si fanno chiamare Brigitte Macron o Edith Piaf, Salma Hayek o Beyoncé: e perfino Lady D. Sono le protagoniste di “Le invisibili”, impegnato e divertente film di Louis-Julien Petit, a sorpresa campione d’incassi in Francia. Il racconto della “rivolta” di due assistenti sociali, che scelgono di ospitarle nel loro centro in polemica con l’ottusa burocrazia statale, ci dà l’occasione per vedere realtà spesso lontane, sconosciute, disturbanti. Operazione riuscita grazie all’ottimo cast: Audrey Lamy, Corinne Masiero, Déborah Lukumuena, Noémie Lvovsky, più un bel gruppo di vere “senza fissa dimora”
Una si fa chiamare Brigitte Macron e l’altra Edith Piaf, ma ci sono anche Lady D, Salma Hayek e Beyoncé: sono tutte senza fissa dimora le protagoniste di Le invisibili di Louis-Julien Petit, film campione di incassi in Francia (dove ha totalizzato al botteghino più di 10 milioni di euro). Brigitte, Edith e le altre le incontriamo la prima volta mentre aspettano, impazienti, davanti al cancello ancora chiuso di un centro diurno ubicato alla periferia nord di Parigi. Un posto dove trascorrere qualche ora al caldo e al riparo, farsi una doccia, bere un caffè, intrecciare confidenze, desideri, speranze e delusioni. E (perché no?) provare anche a immaginare un futuro possibile.
Audrey e Manu, le due assistenti sociali che dirigono il centro, fanno miracoli con i pochi fondi a disposizione, ma un bel giorno si sentono dire che i risultati in termini di reinserimento sono insufficienti, e quindi dovranno presto chiudere i battenti. Una doccia fredda che si tramuterà nel giro di qualche ora in una nuova sfida, un po’ pazza ma in fondo sensatissima: trasformare il centro diurno in un dormitorio, oltre che in un laboratorio dove le donne possano mettere in comune le loro competenze e reinventarsi una nuova vita. Il tutto in modo naturalmente clandestino, di nascosto dai burocrati che, sotto ogni latitudine, si confermano una volta di più inutili e dannosi.
Fra documentario e commedia sociale, Le invisibili è il terzo lungometraggio di Petit. Nel primo, Discount (2014), il regista di Tolone metteva in scena la lotta di un gruppo di cassiere sfruttate e giustamente arrabbiate contro l’introduzione delle casse automatiche. Nel secondo, Carole Matthieu (2016), con Isabelle Adjani, ricostruiva in chiave thriller il terribile caso dell’ondata di suicidi fra i dipendenti di France Telecom, con 58 morti di cui 35 solo fra il 2008 e il 2009. In entrambi i film Petit era riuscito nel suo intento: utilizzare il cinema come strumento di resistenza politica e disobbedienza sociale, capace di affrontare temi scomodi senza farsi appiattire dall’ideologia.
Ma al terzo tentativo ha fatto ancora meglio, coniugando alla perfezione le esigenze di un’opera di aperta denuncia con quelle di un cinema capace di intercettare i gusti del grande pubblico. Perché – anche se forse è difficile da credere – Le invisibili è un film molto divertente. Un’opera che trabocca di speranza, forza vitale e ironia. Cinema impegnato nel senso più vero del termine e al tempo stesso un esempio di che cosa può essere un feel good movie, un film pensato per farti stare meglio suscitando energie positive.
Merito della sensibilità del regista, ovvio, ma soprattutto del cast, dove quattro attrici – Audrey Lamy, Corinne Masiero, Déborah Lukumuena e Noémie Lvovsky – si mescolano felicemente con una dozzina di donne che hanno davvero conosciuto la marginalità, la strada e la disperazione di sentirsi invisibili al resto del mondo. Non andate a vederlo per sentirvi più buoni, ma semplicemente perché abbiamo bisogno tutti di tenere gli occhi (e il cuore) aperti, di guardare anche le cose che non ci piacciono, di lasciarci sorprendere dalla bellezza, a volte malandata ma sempre resiliente, di quelle tante vite che non sono come la nostra e che troppo spesso ricacciamo alla periferia dello sguardo. Perché ci fanno paura: o perché, semplicemente, fatichiamo a comprenderle.
Le invisibili di Louis-Julien Petit, con Audrey Lamy, Corinne Masiero, Noémie Lvovsky, Déborah Lukumuena, Sarah Suco.