Le mie note furiose e inattese 

In Musica

All’ascoltatore del suo nuovo disco “Offese fantastiche” Gabriele Manca, musicista e docente del Conservatorio di Milano, chiede di arrendersi al suono senza cadere nella tentazione di cercare per forza un senso. Tre composizioni eseguite da Divertimento Ensemble con al pianoforte Maria Grazia Bellocchio e la direzione di Sandro Gorli. Un’esperienza sensoriale inconsueta e sorprendente

Sarebbe bello e forse inaspettato proporre di ascoltare la musica come se ci si stesse avvicinando in punta di piedi a una tribù indigena intenta in un rituale con suoni, spazi e corpi che non ci erano mai appartenuti e che ascoltando, iniziano ad appartenerci. 

Offese fantastiche è il nuovo cd di Gabriele Manca, compositore di musica, docente di composizione al Conservatorio di Milano e alla Catedra Manuel De Falla di Siviglia. L’album è stato presentato il 27 marzo alla Fabbrica del Vapore di Milano, protagonisti Maria Grazia Bellocchio al pianoforte e Divertimento Ensemble diretto da Sandro Gorli.  La natura molto particolare delle composizioni di Gabriele e la grande esperienza degli interpreti e del direttore ha reso possibile la realizzazione di un’esperienza sonora minuziosa e inconsueta da raccontare.

Nello stupore della scoperta, ogni istante diversa, cui ci abbandoniamo avvicinandoci a quel rituale indigeno cui mai si è assistito prima, non abbiamo il tempo di costruire congetture o interrogarci sui significati: potremmo soltanto lasciarci essere in quello che sta accadendo; vivere quell’esperienza parziale e circoscritta al tempo in cui le cose accadono. Ecco cosa sembra suggerire il Senti, Aspetta! per pianoforte ed ensemble che apre l’esperienza sonora, con un verso del poeta portoghese Antero De Quental: un invito a fermarsi e sentire, non necessariamente ascoltare, dato che l’ascolto presuppone forse tutta una serie di riflessioni che allontanano la mente dall’essere presente nella specificità del proprio tempo e che rischiano di rendere l’esperienza sensoriale che si sta vivendo una cosa già “morta” e incastrata nel meccanismo della memoria. 

La riflessione è lenta, arriva quando non esiste più traccia del suono nell’aria. Sentire il suono può significare invece essere lì, nella strana temporalità di quel momento soggettivo e del tutto parziale; una temporalità ipnotica che può dilatare oppure contrarre un solo istante, con il grande potere di ingannare lo scorrere direzionale cui siamo abituati che attende fuori dalla sala da concerto (o lontano dall’ascolto dell’album). 

Maria Grazia Bellocchio

Un tempo immaginario che esula dalla riflessione: un tempo di fantasia che potrebbe anche riuscire a scorrere all’indietro, rifuggendo il più possibile un rapporto di causalità tra gli eventi. Non si tratta di durate, ma della gestione di flussi di suono che quasi si autodeterminano nel loro tempo e nella loro forma, che appaiono quasi da toccare: superfici non lisce né omogenee da esplorare al tatto con lo stupore che ci regala ogni nuova scoperta. Lo stupore è nell’aspetto che sfugge a una simmetria, nel non imporre alla mente degli schemi precostituiti su cosa sta per accadere o nel sorprendersi dell’inesattezza di ciò che ci si aspettava, nel lasciarsi meravigliare e giocare con il suono o ancora nel ricevere in dono una parte dell’intimità che Il dodicesimo studio custodisce. 

In Offese Fantastiche l’unica richiesta per colui che si appresta a vivere l’esperienza sonora è proprio e solo quella di arrendersi a tutto ciò. Di arrendersi non cadendo nella tentazione della riflessione, di voler cercare per forza un senso. La musica esiste nel tempo della sua manifestazione sensoriale prima ancora che si possa capire cosa si è ascoltato e può anche talvolta essere un gioco di minuziosi dettagli per chi sente: un attimo Furioso e inatteso o la curiosa immagine de L’esattezza degli uccelli d’inverno o qualcosa di Illeggibile che non vuole rischiare di essere inevitabilmente plasmato dal tempo, fino a El silencio del mero estar (il silenzio del mero essere): l’inevitabile stupore di sorprendersi dentro un istante. 

Sandro Gorli

Una piccola provocazione: che ci sia proprio nella scelta di intitolare l’album con il verso Offese fantastiche della poetessa Alejandra Pizarnik una forse inconscia volontà da parte dell’autore di voler fuggire con la propria arte da una tradizione musicale che oggi insiste troppo spesso nel rimanere ancorata al solo rimuginio  dimenticando che l’ascolto, alla fine, prima di essere un significato è esperienza sensoriale? 

Foto di Giovanni Daniotti

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