Carmen la strega si scatena a Zugarramurdi

In Cinema

La buffa rapina madrilena, e la conseguente fuga dell’imbranata gang machista, finisce in una caverna di neo-fattucchiere: per un’adeguata vendetta di genere

È un film nettamente diviso in due parti, e tenuto insieme solo da un legame piuttosto esile di continuità tematica, Le streghe son tornate (Las brujas de Zugarramurdi in originale, in riferimento al paesino basco dov’è ambientato il clou del racconto) di Alex De la Iglesia, dove un’incontenibile Carmen Maura formato fattucchiera femminista peronista si vendica, nella lunga sequenza orgiastica finale, della malvagità maschile, anche dei protagonisti della prima parte del film (da cui il legame tematico di cui sopra). I quali, in fuga da una sconclusionata rapina ai danni di un negozio di compravendita d’oro (tocco d’attualità, in riferimento alla crisi economica spagnola), essendo banditi dilettanti travestiti da attori da strada e ancor più improvvisati gangster alla macchia, finiscono per ritrovarsi in una sinistra regione del nord est della Spagna, verso il confine francese, dove una moltitudine di folli signore in odore di stregoneria (storica, presunta o immaginaria) inscenano un sabba nelle cavernose profondità del giardino di una sontuosa villa. Una festa a base di carni e anime maschili imbandite.

Vincitore del Goya nel 1996 per El dia de la Bestia e premiatissimo a Venezia nel 2010 per Balada Triste de Trompeta, scopritore di talenti come Benicio Del Toro e Javier Bardem, De la Iglesia mescola con allegria azione, horror e commedia, con esiti però abbastanza alterni: fa centro nella prima parte, dalla buffa rapina madrilena alla claustrofobica fuga in auto – il nucleo del film – dove il capo della gang, padre divorziato, ha modo di sfogare tutto il suo livore anti-femminile (pagherà tutto nella sarabanda finale), ma poi cade nelle mani della sua esondante protagonista: che tra fuochi purificatori, catarsi dantesche e proclami di genere dalla prolissità quasi castrista, in un clima onirico-psicanalitico ma anche politico-populistico, mette in pratica, con tutti i particolari, il titolo, tra incontenibili estasi  da rave movimentista e istanze di vendetta muliebre. In una kermesse proto-femminista, quasi anni 70, un po’ fuori tempo massimo.

Vincitore di ben otto premi Goya (gli oscar nazionali spagnoli), per la verità non di primo piano (montaggio, suono, effetti speciali e così via), applaudito in molti festival internazionali, da Toronto a San Sebastian, è un film dai ritmi sostenuti e dalle visioni coloratissime: certamente non privo di uno humour efficace, anche nella conclusione sovrabbondante, è sostenuto da un cast che dà il suo meglio nei dialoghi serrati tra la gang e il terrorizzato, innocente autista, ostaggio di maschi rancorosi, un po’ codardi e certamente incapaci di una qualsiasi forma di organizzazione propria. Forse degni, in effetti, della ridicola e granguignolesca fine che li aspetta.

Le streghe son tornate di Alex de la Iglesia, con Carmen Maura, Javier Botet, Mario Casas, Terele Pávez, Hugo Silva, Carolina Bang, Jaime Ordoñez, Maria Barranco

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