In “Alice e il sindaco”, opera seconda del giovane Nicolas Parisier (al debutto, nel 2015, ha vinto il Premio Delluc per “Le grand jeu”) Fabrice Luchini è il sindaco di Lione, in corsa per una possibile rielezione. Ma l’uomo pubblico è stanco, demotivato, senza idee, così accetta l’aiuto della trentenne Alice, giovane docente di filosofia a Oxford. Grazie a questa nuova amicizia riuscirà a capire molto della sua vita passata, troppo sacrificata alla politica. E di come potrà costruirsi un futuro migliore
Il giovane regista parigino Nicolas Pariser, classe ’74, ispirato dal connubio tra filosofia, legge e storia del cinema, esordisce nella regia nel 2015 con Le grand jeu, vincendo il premio Louis Delluc per l’opera prima. Alice e il Sindaco è il suo secondo film. Tenero e gentile, come da buon film francese che si rispetti, il racconto vuol essere una critica alla superficialità e all’incoerenza che spesso si ritrova nell’élite intellettuale, nella borghesia di sinistra disillusa “che da sempre vota la sinistra ma non ci crede più”.
Fabrice Luchini interpreta Paul Theraneau, sindaco di Lione in carica che attende le elezioni municipali previste tra qualche mese. Dopo trent’anni di battaglie e impegno sociale, come politico si sente svuotato, senza idee, una macchina da corsa col motore che gira a vuoto, che riesce a stare in corsa solo per inerzia: questa la metafora usata proprio dal co-protagonista quando incontra Alice Heimann (Anais Demoustier), trentenne laureata in filosofia che ha insegnato a Oxford e ha viaggiato per gran parte della sua vita lavorativa. Accetta un lavoro nel gabinetto del sindaco senza avere chiaro il suo compito: quello che la giovane dovrebbe fare è dargli nuove idee, nuovi spunti, far riscoprire a Theraneau quell’energia esaurita da tempo. Tutto questo in contrapposizione alla noia costante che pervade la sua vita: pure di fronte alla potenza di Wagner, lui resta impassibile.
Poco convinto di avere bisogno di una vera e propria terapia, come gli è invece stato consigliato, preferisce cercare aiuto in una figura ibrida e intellettualmente brillante come Alice, sperando che con le sue continue note e appunti possa farlo riflettere meglio sul da farsi per portare onore e gloria alla sua città. Alice si rende disponibile, nonostante non comprenda del tutto l’obiettivo del nuovo lavoro: ma è giovane e desiderosa di cambiare le cose, benché circondata da pochi amici coetanei, tutti disillusi rispetto alle aspettative adolescenziali.
Il film porta a galla un problema fondamentale nei giovani occidentali, soprattutto europei: non leggiamo più per piacere, ma solo per master e concorsi, tanto da dimenticare quello che siamo e cosa vogliamo fare “da grandi”, ecco il grande dilemma dei giovani super formati in cerca di una occupazione soddisfacente. La crisi esistenziale è dunque dietro l’angolo, e si sovrappone a quella del sindaco. Ma questo rapporto, che nasce lavorativo, si rafforza per la stima e la comprensione reciproca, e sfocia ben presto in una bella amicizia.
In questa pellicola dunque sembra che la filosofia venga vista come generatrice di idee, incubatrice di illuminazioni. Dall’altra parte abbiamo la politica, paragonata dal personaggio di Luchini alla musica o alla pittura: è per la vita o niente, dunque sacrificio e vocazione. L’uomo ha infatti sacrificato per quello la propria vita privata, le amicizie e gli interessi personali, strada che anche Alice rischia di percorrere. Il film prova a porre l’attenzione sulle contraddizioni della politica, mondo in cui la maggior parte delle persone risulta essere inetta e ignorante: i responsabili non leggono, non sanno, eppure hanno in mano la vita dei propri concittadini.
Il tentativo di critica resta però su un piano superficiale, senza addentrarsi davvero nelle dinamiche, nelle motivazioni o nelle possibili conseguenze che questo sfacelo intellettuale può comportare. Molto carina, comunque, la frase di Luchini a conclusione del film: “Da quando ho smesso con la politica, leggo di più”.
Alice e il sindaco di Nicolas Pariser con Fabrice Luchini, Anais Demoustier, Léonie Simaga, Antoine Reinartz, Maud Wyler, Nora Hamzawi.