Lemnos è un dramma che unisce la storia più recente alla tragedia antica, in un
suggestivo accostamento tra l’eroe tragico sofocleo con i molteplici eroi moderni che
tentarono di opporsi alla dittatura, in una strenua difesa della libertà politica e di pensiero.”
“Lemnos è un dramma che unisce la storia più recente alla tragedia antica, in un suggestivo accostamento tra l’eroe tragico sofocleo con i molteplici eroi moderni che tentarono di opporsi alla dittatura, in una strenua difesa della libertà politica e di pensiero.”
A introdurre lo spettacolo una voce che parla in greco, importante per definire lo scenario nel quale si svolgerà la vicenda; per un non grecofono solo poche parole sono comprensibili, tra queste “komunistòs”.
Con una camicia metà rossa e metà azzurra, Alexia Sarantopoulou funge da coro, pronunciando il prologo e i commenti nella sua lingua madre, con la traduzione italiana proiettata sullo sfondo. Le parole di Sarantopoulou, riprendendo il coro della tragedia sofoclea, ricordano il linguaggio di Omero, raccontandoci di navi nere che filano sulla schiuma bianca dei flutti, di guerra, della luce scintillante del mare e della morte degli uomini, in una fusione tra passato e presente, tra mondo antico e attualità, in una realtà senza tempo, ma anche nel qui ed ora.
Ulisse (Paolo Musio) veste i panni di un Colonnello della dittatura greca e con la voce del generale che risponde alla logica della guerra e del “bene superiore per lo Stato”, istruisce un giovane Neottolemo su come ingannare Filottete.
Neottolemo (Gabriele Portoghese) ha invece una voce timida, modulante, incerta. Veste i panni di un ragazzo, il figlio di Achille, che è stato, suo malgrado, coinvolto in una guerra che non ha voluto, decisa dai padri, dai capi della generazione precedente alla sua e si sente trascinato in azioni che non lo rispecchiano. Emozionante e originale è il modo in cui l’attore fa esprimere il personaggio, con una voce trascinata, quasi stonata, fatta di suoni striduli, poiché piena di dubbi, a differenza della voce ferma e implacabilmente decisa del “Colonnello-Ulisse”.
Filottete, interpretato dalla brava Gaia Insenga, impersona l’esiliato, colui che è stato abbandonato sull’isola deserta per ordine di Ulisse a causa della maleodorante ferita al piede, ma, forse, anche perché aveva osato contestare gli ordini dei capi.
L’arciere abbandonato sull’isola di Lemnos diventa il simbolo dei dissidenti politici che durante la Dittatura dei Colonnelli (dal 1946 al 1974) erano stati confinati sull’isola di Makronisos. Tra di essi vi erano anche artisti, registi, attori, scrittori, come il poeta Ghiannis Ritsos.
Filottete rivendica la sua libertà e, pur desiderando più di ogni altra cosa tornare a casa, dichiara a Neottolemo che solo una cosa sarebbe per lui più insopportabile di rimanere su quell’isola: fare il volere dei suoi nemici.
In quest’affermazione, come anche quando sputa in faccia ad Ulisse che “esiste un luogo che non è obbligato a tutte le bassezze e a tutti i compromessi. E questo luogo è la scrittura”, Filottete pare quasi sovrapporsi alla figura di Ghiannis Ritsos, che era diventato abilissimo nel concentrare potenti messaggi politici nelle sole 10 righe concesse agli internati nelle cartoline da mandare ai familiari.
A fare da sfondo al dramma antico e moderno la natura selvaggia ed aspra dell’isola greca proiettata sullo sfondo, una natura a volte impervia, sempre assolata, ma incolpevole, una natura in cui domina l’azzurro del mare e del cielo e in cui gli uomini, pur nel dolore e nella solitudine, possono opporre l’ultima resistenza.
Lemnos è un dramma che unisce la storia più recente alla tragedia antica, in un suggestivo accostamento tra l’eroe tragico sofocleo con i molteplici eroi moderni che tentarono di opporsi alla dittatura, in una strenua difesa della libertà politica e di pensiero.
L’unico riscatto possibile è quello operato dai giovani, rappresentati dal figlio di Achille, che non obbedisce alla logica dei padri, scardinandone il meccanismo in un finale aperto.
Grazie a Lemnos, la regista Giorgina Pi ci fa ricordare una pagina della storia troppo spesso dimenticata, ma che, per i suoi martiri, che hanno rischiato o perso la vita per le torture e la prigionia a Makronisos in quanto antifascisti, merita di essere ricordata.
Prodotto dal Teatro Nazionale di Genova / ERT / TPE in collaborazione con Bluemotion e Angelo Mai, Lemnos è in scena al teatro Elfo Puccini dal 20 al 23 giugno.