Leonardo torna a Milano. “Il genio è tornato”, si legge per le strade. Ma come è stata fatta questa mostra-carrozzone? Nascita, vita e morte di una mostra ai tempi di Expo
Si è sentito anche questo epiteto alla conferenza stampa che ha inaugurato la grande mostra su Leonardo da Vinci, curata nelle sale nobili di Palazzo Reale da Maria Teresa Fiorio e Pietro Cesare Marani. Leonardo da Vinci 1452-1519 il disegno del mondo è infatti l’evento culturale di cartello per l’esposizione universale di Milano 2015: la ricchissima rassegna è la più importante esposizione dedicata all’immenso pittore mai realizzata in Italia: fortemente voluta dalle istituzioni, raccoglie più di 200 opere da tutto il mondo tra cui prestigiosissimi prestiti.
Incensata dalla stampa nazionale, ubriacata dal verbo di Skira, di cui Massimo Vitta Zelman in sala conferenze snocciola numeri da capogiro sui virtuosismi della casa editrice, la preparazione della mostra è insomma il giusto corredo affinché la coscienza degli addetti ai lavori rimanga illibata. Un vero e proprio miracolo da celebrare. Ma dietro alla fortissima attesa per l’annunciato successo leonardesco saliva indisturbata la paura per il livello della ricerca scientifica che la mostra avrebbe messo in campo, a leggere i giornali, la strada per la credibilità critica, infatti, si preannunciava impervia già da tempi non sospetti.
Era il 22 agosto 2014 quando a Pietrasanta, “la capitale estiva dell’arte contemporanea”, i due curatori hanno voluto presentare a furor di pubblico il progetto della mostra: dal 15 aprile al 19 luglio 2015 non saranno esposte solo le grandi opere arcinote del pittore ma anche quelle di “artisti moderni e contemporanei” come Marcel Duchamp, Enrico Baj, Andy Warhol, Stefano Arienti, Franco Bulletti, Fulvio Di Piazza, Agostino Arrivabene e Francesco Pignatelli, “per un Leonardo rivisitato”, proseguivano i curatori, “a dimostrare un’eredità sempre vitale”; (e in effetti, metti che qualcuno balbettasse davanti alla Belle Ferronnière, sarebbero stati pronti gli esaustivi mostri marini di Fulvio Di Piazza).
Ma non finiva qui: si comunicava la richiesta al maestro Fernando Botero di realizzare ad hoc una sua personale interpretazione della Gioconda (la Gioconda grassa) e, inoltre, era stato confermato (e lo è ancora) che il cavallo dell’artista messicano Gustavo Aceves, ispirato ai disegni leonardeschi, si sarebbe collocato davanti a Palazzo Reale come “monumentale” invito alla mostra.
Le premesse all’esposizione dell’anno erano queste: un grosso luna park da far invidia ai sceneggiatori di Emir Kusturica; tuttavia, aperta la mostra, il luna park è rimasto solo in parte, come se per i curatori fosse subentrato in corso d’opera un redivivo ritegno, una folgorazione sulla via di Palazzo Reale e in questo senso la mostra mantiene un portamento giudizioso. L’allestimento, se pur curato da Corrado Anselmi, lo stesso architetto di Arte Lombarda dai Visconti agli Sforza, non presenta lo schizofrenico pool di vernice che sta shockando i visitatori al primo piano del medesimo palazzo: le opere di Leonardo si stagliano ben illuminate in spazi tersi, tecnologicamente funzionali, che non producono disturbo (i cartellini sembrano dei tablet appesi alle pareti, si può chiedere di meglio?).
In dodici sezioni scandite per temi (“Il disegno come fondamento”, “Natura e scienza della pittura”, “Il paragone delle arti”…) si alternano opere capitali come il San Gerolamo dai Musei Vaticani, il Musico dalla Pinacoteca Ambrosiana, la Scapigliata dalla Galleria Nazionale di Parma a dipinti scadenti e non all’altezza, come molti tra i numerosi leonardeschi esposti, o a scelte di dubbio gusto, come le tre gioconde transgender nella sezione “il mito di Leonardo” o ancora la brutta tavola raffigurante l’Eraclito e Democrito attribuito al povero Figino.
E poi: la piccola Annunciazione del Louvre in bilico tra Leonardo e Lorenzo di Credi sembra cadere verso quest’ultimo, i confronti tra i ritratti o quello tra la Dama del mazzolino con la Belle Ferronnière sono poco chiari e leggermente ambiguo è quel bronzetto Cavallo al passo di collezione privata, presunto Leonardo in collaborazione con Giovan Francesco Rustici.
A consolazione risaltano le sculture del Verrocchio e spiccano i bellissimi disegni, presentati meritoriamente assieme ai codici originali e alle cinquecentine. Il percorso cronologico del maestro, assai turbolento, rimane criptico e sottotraccia a tutta l’esposizione: Leonardo 1452-1519 il disegno del mondo è una mostra che non toglie e non aggiunge nulla alla figura dell’artista.
“Leonardo da Vinci, 1452-1519”, Palazzo Reale, fino al 19 luglio.
Foto: Leonardo da Vinci, La Scapiliata, 1508 circa, Parma, Galleria Nazionale. Photo courtesy: Skira editore