L’ultima mostra di Venezia ha incoronato “La scelta di Anne”, secondo film da regista della scrittrice e giornalista francese Audrey Diwan. Tratto da “L’evento”, splendido romanzo autobiografico di Annie Ernaux, tratta con stile molto stretto la parabola di una brillante studentessa che finisce incinta dopo un rapporto casuale estivo. Ma nella Francia provinciale dei primi anni Sessanta crescere un figlio senza un marito vuol dire essere messa al bando e dover rinunciare a una vita promettente
Per le ragazze degli anni Sessanta, protagoniste di La scelta di Anne, secondo film da regista della scrittrice, giornalista e sceneggiatrice francese Audrey Diwan, Leone d’oro all’ultima Mostra del cinema di Venezia, la vita è una roulette. È concesso loro di andare al liceo e all’università, di aspirare a una carriera, ma basta un niente, un piccolo errore, un momento di sfortuna, un inciampo – una di “quelle malattie che capitano solo alle donne”, come dice la protagonista all’insegnante pur animato dalle migliori intenzioni che le rimprovera un calo nel rendimento scolastico – per distruggere ogni sogno di autonomia, ogni possibilità di realizzare le proprie ambizioni. È proprio ciò che capita ad Anne (Anamaria Vartolomei), brillante studentessa che si ritrova incinta dopo un rapporto occasionale con un ragazzo conosciuto in vacanza. E decide che quel bambino non lo vuole. Se ne deve liberare, non importa come. A costo di rischiare la vita, a costo di finire in prigione. Perché diventare madre senza un marito accanto, nella provincia francese dei primi anni 60, vuol dire rinunciare alla propria vita per metterne al mondo un’altra. Un baratto inaccettabile per Anne.
La scelta di Anne è tratto da un magnifico libro di Annie Ernaux, L’evento, in cui la grande autrice francese racconta senza infingimenti e ipocrisie, con spietata crudezza, lo strazio di una scelta che in realtà somiglia ben poco a una scelta: quell’aborto clandestino che lei stessa si era trovata ad affrontare, giovanissima, nel 1963. Audrey Diwan trasforma il testo scabro e preciso di Ernaux in una sorta di diario filmato, adottando uno stile austero che riprende la lezione dei fratelli Dardenne portandola alle estreme conseguenze: inquadrature strette e strettissime, primi piani della protagonista e tutt’intorno un mondo sfocato, ostile, indifferente, dove gli altri volti si fanno paesaggio, perdono la loro individualità, assumono la terribile pregnanza di simboli e valori che si sottraggono ad ogni compassione, anche alla più piccola forma di umana empatia.
Un approccio fenomenologico che si tiene a distanza dal melodramma e rinuncia a ogni psicologismo, mirando prima di tutto ai gesti, al corpo, alla sua messa in scena, mediante una vicinanza assoluta che diventa oscena, crudele, intollerabile. Sempre di più man mano che la storia procede, portandoci sempre più dentro il corpo e la mente della protagonista, facendoci vedere, sentire, percepire esattamente quello che lei prova, giorno dopo giorno, ora dopo ora: la sua rabbia, la paura, l’indicibile vergogna, il senso di impotenza che la schiaccia, l’energia vitale che le consente nonostante tutto di arrivare fino in fondo, superando una prova terribile. Il tutto in una solitudine pressoché totale.
Un film implacabile e limpidissimo, angosciante e necessario, che non si rifugia nell’ellissi e affronta con coraggio il tabù di un racconto intimo che troppo spesso si preferisce edulcorare. Insomma, un grido di libertà per tutte le donne che ancora oggi, in troppi paesi del mondo, non vedono riconosciuto il diritto a disporre del proprio corpo, a vivere liberamente la sessualità, a decidere in autonomia e senza rischiare la vita se e quando diventare madri.
La scelta di Anne di Audrey Diwan, con Anamaria Vartolomei, Kacey Mottet Klein, Luàna Bajrami, Pio Marmaï, Anna Mouglalis, Sandrine Bonnaire.