Un giovane stilista eredita una casa di moda dal padre, appena defunto, che lui ha sempre odiato, e del quale scoprirà segreti shock. Il nuovo thriller di Xavier Legrand è uno dei film più inquietanti degli ultimi anni; parla di un tema attuale, la violenza contro le donne, sicuro che la colpa sia del conservatorismo della virilità che gli uomini si trasmettono in famiglia; e affronta tutto questo non col dibattito ma col racconto. Il protagonista Marc-Andrè Grondin si aggira in questa favola tragica – che ha dentro una catarsi – in cui non vediamo mostri o fantasmi ma il passo del destino, che ti sta accanto ineluttabile
E’ un thriller, un noir, uno studio sull’ereditarietà? Di sicuro L’erede di Xavier Legrand è uno dei film più inquietanti degli ultimi anni ed ha una sorpresa conclusiva che sfida i ricordi del cinema migliore (il finale di Testimone d’accusa di Billy Wilder lo ricordate?), davvero sconvolgente. Non solo perché risolve l’intricato puzzle che non possiamo rivelare, in cui incappa un giovane stilista francese che ha appena ereditato una casa di moda, ma perché è un finale che comprende molti lati, riguarda anche la citata ereditarietà con i suoi jolly, nevrosi nascoste, le crepe di famiglia.
Dopo una sfilata trionfale a percorso a spirale labirintica, Ellias deve partire per il Canada per il funerale dell’inviso padre, diviso dalla moglie che ora vive col fratello. L’ombra di Amleto ha già un punto a suo favore, ma tutta la storia risente di un presagio da tragedia, greca o non greca, un destino ineluttabile che porterà il figlio a scoprire i segreti del genitore con cui non è mi andato d’accordo. Il 45enne francese Legrand, dopo il premiato debutto in zona cronaca familiare con “L’affido” nel 2017 a Venezia, continua a schiaffeggiare la family life, e qui il soggetto ha tale forza nella sua costruzione a shock che ne restiamo affascinati e inquieti. Chiaro che a Montreal scopre qualcosa che non riveliamo, oltre a dare in beneficienza tutti gli oggetti della casa ereditata.
Ci sono cine memorie di altre emozioni e paure, vengono in mente le provincie di Simenon e Chabrol coi vicini di casa impiccioni (anche se qui siamo altrove), viene in mente il cinico e dimenticato Clouzot, ma soprattutto pensiamo a Hitchcock perché anche in questo caso noi sappiamo come sono andate le cose ma partecipiamo all’angoscia del protagonista e ci chiediamo come si salverà dal pasticcio. Legrand torna così con un thriller, un po’ snobbato in patria, che rischia d’essere il migliore dell’anno: parla di un tema attuale, la violenza contro le donne, ma non assomiglia né a un dibattito, né a una didascalia, la prende larga. E’ sicuro che la colpa sia degli uomini, di quel “conservatorismo della virilità” passato di padre in figlio con un fatalismo che insegue il povero Ellias, che fa il pieno di ossessioni. Nel suo invisibile testamento c’è di tutto, anche un cuore matto, oltre alla casa avita nel mezzo del gelo canadese.
Il bravo attore Marc-Andrè Grondin, sempre più preda di un insolito destino, è canadese e si aggira in questo giallo che è un misto di grande cinema, una favola nera che ha dentro una inevitabile catarsi, una parabola tragica che estende il titolo: si eredita infatti un patrimonio genetico, ma anche sociale e di costume, economico, sessuale, cardiaco. E’ inquietante non perché si vedano mostri o streghe o fantasmi, e neppure efferati delitti, stragi, e sangue, ma per la tensione interna: il film mette addosso inquietudine proprio quando sentiamo il passo del destino che ti sta accanto ineluttabile, cui non puoi sfuggire, è fatale. Incontra i vicini, ma d’improvviso accade qualcosa d’imprevisto che cambia la traiettoria degli eventi, ribadendo la poca fiducia del regista verso i rapporti familiari. Per virtù del dosaggio e del rimbalzo dei sensi di colpa, l’attenzione è al massimo e lo shock principale ne porta dietro altri lungo una scia che cambia di continuo la prospettiva narrativa con notevole maestrìa registica, ben imparentata con una psicanalisi presente ma non invadente.
L’erede di Xavier Legrand, con Marc-Andrè Grondin, Yves Jacques, Laetitia Isambert-Denis, Anne-Elisabeth Bossé, Louis Champagne, Blandine Bury