Letti ieri, letti oggi (21): Senilità

In Letteratura, Weekend

Modernissimo. Molte ragioni per riprendere in mano e rileggere il secondo romanzo di Italo Svevo ‘Senilità’. La principale sta nell’avere l’autore magnificamente disegnato il prototipo dell’inetto, di chi decide a tavolino di ‘viver cauto’, dell’uomo senza qualità

Perché Senilità? Perché nel tempo dei ritocchi intensivi e del giovanilismo esibito, il concetto di senilità mi fa percepire l’attitudine alla riflessione e un anticipo di saggezza tipico della vecchiaia. Poi, in realtà, nessuno dei soggetti presenti nel romanzo si distingue per lucidità o anticipo di raggiunto equilibrio, tutt’altro, e allora i motivi sono molti altri: il progetto d’opera, l’impalcatura chiastica dei personaggi, il pennello sottile con cui Svevo dipinge le donne, la lingua di confine precisa e discreta di chi conosce e pratica il tedesco ma s’inchina all’italiano, e soprattutto la messa a punto del prototipo dell’inetto, di chi decide a tavolino di ‘viver cauto’, dell’uomo senza qualità. Modernissimo.
La prima edizione di ‘Senilità’ di Italo Svevo esce nel 1898.
Emilio e Angiolina
Ma veniamo alle vicende narrate. Emilio Brentani, triestino, ha trentacinque anni (il topos dantesco della maturità, pur lontano molti secoli per temi e sensibilità, è più vivo che mai), ha un piccolo impiego presso un’agenzia di assicurazioni, vive con la sorella, ha scritto un romanzo presto dimenticato, avverte un grande vuoto e al tempo stesso ‘la brama insoddisfatta di piaceri e di amore, e già l’amarezza di non averne goduto’.
L”ombrellino caduto di mano ad una ragazza bionda con gli occhi azzurri, alta e sinuosa, un sorriso ammaliatore, Emilio che con gesto galante lo raccoglie e un po’ maldestramente glielo porge e si avvicina quanto basta per trovarsi davanti un viso luminoso, questa la premessa della scintilla che sta per scoccare.
Sente alleggerirsi la vita, pensa a lei, la immagina, assimila ciò che ha letto sui libri alla nuova situazione esistenziale, tiene a bada ciò che sente, ma Angiolina esorbita ogni riferimento teorico con la sua salute, i suoi colori, il suo incedere inconfondibile, la risata cristallina che ne evidenzia i denti perfetti e bianchissimi. Un’esplosione di vitalità difficile da contenere.
E tutttavia Emilio desidera mettere in chiaro tutto fin dal primo incontro; tutto che cosa?
Che non intende impegnarsi in una relazione stabile per via della carriera e della famiglia a cui deve pensare. Tutto chiaro, se si intende per carriera quella di impiegato e di scrittore al momento in crisi di estro creativo, e per famiglia la sorella Amalia, introversa, discreta, materna, anche se con meno anni del fratello.
Di questo ragiona con Angiolina e lo fa in modo aggressivo, con parole intempestive che, decodificate, suonano così: ‘Mi piaci molto, ma nella mia vita non potrai essere giammai più importante di un giocattolo’.
Parla a lei, ma soprattutto a se stesso, non vuole ammettere ciò che gli si sta sciogliendo dentro e ipotizza una fugace avventura. Non sa molto della ragazza, gli ha dato l’impressione di una persona per bene, quasi certamente povera, ma che cosa importa?
Poi qualche voce gli arriva, presunte esperienze, amanti, un fidanzamento mandato all’aria per colpa di lei, e altro, ma Emilio fa spallucce.
Stefano Balli, lo scultore e amico decennale, accoglie la notizia con un misto di stupore e incredulità, soprattutto perché l’inconsueto atteggiamento da seduttore di Emilio non lo convince affatto e gli fa intuire il pericolo. Chiede all’amico di conoscere la ragazza, ne resta colpito, ma le si rivolge in modi grossolani, lei si diverte, tutto sommato si assomigliano, sono vitali, scherzano su tutto, Emilio è in sofferenza, si sente di troppo. D’altra parte Stefano è un tombeur de femmes, brillante, simpatico e affabulatore; tra l’altro la vista di Angiolina gli risveglia l’impeto creativo e pensa subito di ritrarla in un’opera.
Intanto Emilio e Angiolina si frequentano. Lei si fidanza con il sarto Volpini che la sposerà, così lei ed Emilio potranno diventare amanti. In realtà lo diventano prima.
Angiolina inanella una serie bugie che diventano storie, brani di vita vissuta.
Emilio intuisce ma non riesce a fare a meno di lei, vuole insegnarle come si ama, la chiama Ange, mon Ange, le insegna a dire ‘ti amo’ in francese e lei ripete ‘jetemmboccu‘, le parla del socialismo guardando i cantieri navali e ‘i bagliori rossi’ che ne promanano e lei non capisce: ‘Se tutto venisse diviso, non ci sarebbe niente per nessuno. Gli operai sono degli invidiosi, dei fannulloni e non riusciranno a niente’.
Questo pensa e dice la figlia del popolo.
Parallelamente Stefano Balli prende a frequentare casa Brentani, nonostante il fatto che la vista di Amalia gli risulti sgradevole dal punto di vista estetico. L’attenzione da parte di lei, intensa e devota solletica però il suo narcisismo e così si lascia spesso andare a confidenze e ricordi personali. Inoltre i due si scoprono segretamente alleati contro Emilio quando si allude ad Angiolina.
Amalia
Dopo l’ennesimo giro notturno alla ricerca della sua bella in compagnia dell’ombrellaio di Barriera Vecchia, ‘quello delle ombrelle ordinarie, colorite’, Emilio torna a casa e, deluso da se stesso, si appresta ad andare a letto, quando sente la sorella parlare. con qualcuno. Si alza di scatto, socchiude lentamente la porta della camera di lei e la vede, e la sente. Sta parlando di nozze e di viaggio di nozze. Si rivolge a Stefano, dolcemente e affettuosamente. Turbato, chiude immediatamente la porta vergognandosi di aver scoperto segreti così intimi.
Dorme malissimo, esce presto e decide che l’amico non dovrà più venire in casa.
La terza tazzina
La reticenza descrittiva di una scena ordinaria in casa Brentani meriterebbe l’incipit e il ralenty di un regista alla Rohmer.
‘Potresti risparmiarti la fatica di preparare il caffè per Stefano’, la voce di Emilio è una stilettata.
Sembra quasi di sentirlo il crack del cuore di Amalia, tanto è profondo il silenzio che segue quelle parole. Lei prende la terza tazzina, lentamente, si volta di spalle per riporla nell’armadietto, con uno sforzo immane si ricompone e aggiusta la voce perché sembri normale: ‘Perché?’
Lui non trova il coraggio per dire ‘perché non vuole’, inventa una giustificazione troppo ovvia e al tempo stesso meno credibile, cioè che il Balli si è messo a lavorare accanitamente.
‘Accanitamente?’
La tazzina le cade di mano ma non si rompe. L’implosione emotiva e il dramma di Amalia si consumano nel momento preciso in cui lei comprende che il rito del caffè non si ripeterà più e che lei non vedrà più Stefano. Mai più.
Il gelo e il vuoto stanno per sparire in una doppia dose di etere etilico, ultima ancora
per amplificare le emozioni e al tempo stesso per dimenticare di esistere.
La seconda parte del libro è il romanzo di Amalia. L’invisibile, evanescente, inesistente Amalia, il vergine cuore diventato vulcano, imprigionato nella propria lava incandescente, occupa la scena lentamente, piano piano, fino a riempirla totalmente, col suo delirio e la sua vita parallela che si spegne. Nulla di più. Insospettabile.
Da rileggere assolutamente.
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