Fino al 31 gennaio la Leica Galerie di Milano ospita frammenti sparsi della storia del Novecento che è stata raccontata attraverso le pagine di LIFE
Le storie, ai bambini, le si narra attraverso le figure: chi ha detto che non può funzionare anche per gli adulti? Fino al 31 gennaio la Leica Galerie di Milano ospita frammenti sparsi della storia che è stata raccontata attraverso le pagine della rivista LIFE. Appeso alle pareti c’è un bel pezzo di Novecento in bianco e nero, a partire dal 1928, quando Margaret Bourke-White scattò una fotografia della Public Square di Cleveland; otto anni dopo, nel 1936, Henry Luce, il fondatore di TIME, comprò LIFE, facendone un settimanale di foto-giornalismo in cui l’immagine era la protagonista indiscussa. La pubblicazione di LIFE fu sospesa per la prima volta nel 1972, riprese nel ‘78 sotto forma di mensile, si interruppe e cambiò ancora, fino a cessare definitivamente nel 2007. Nella mostra ospitata da Leica si arriva fino al 1981, con uno dei tanto amati dettagli di John Loengrand, l’occhio del poliedrico artista Brassai. (continua sotto l’immagine)
Buona parte dell’esposizione è dedicata a un punto di vista femminile: sette scatti su 36 sono di Margaret Bourke-White, che introduce e si inserisce, qua e là, tra le immagini dei suoi colleghi. Fu lei, una dei primi quattro fotografi dello staff di LIFE, a inaugurare la prima copertina, quella del 23 novembre 1936 che ritrae l’imponente diga in costruzione di Fort Peck, sul fiume Missouri in Montana. Chiunque di noi abbia visto almeno una volta quell’immagine, non può non aver visto anche gli americani di Louisville, Kentucky, fotografati mentre sono in fila per il pane (sopra, nell’immagine di copertina) durante le alluvioni del 1937: un ritratto della grande Depressione che si scontra con le immagini della “American Way” e diventa icona della controversa società statunitense.
La Bourke-White è presente perfino in uno scatto di Oscar Graubner, mentre è al lavoro in cima al Chrysler Building di New York, ma deve dividere la scena con le altre donne che hanno fatto LIFE. Conquista grande spazio all’interno della mostra anche Nina Leen, che si dedicò a modo suo allo studio della “specie americana” nel suo modo di essere, di vestire, di divertirsi. Poco più in là ci sono le fotografie di una radiosa Grace Kelly catturata da Lisa Larsen nel 1956, lo stesso anno in cui avrebbe sposato il principe Ranieri III, e, accanto, quelle del sorridente Frank Sinatra di Martha Holmes e del suo Salvador Dalì. (continua sotto l’immagine)
Di immagini di guerra, nonostante tanti dei reporter di LIFE l’abbiano raccontata, da quella mondiale a quella fredda, non ce ne sono. Non si vede il Vietnam di Larry Burrows, né quello in cui rischiò la vita (perdendola poi qualche anno dopo nella guerra dei Sei Anni) il coraggioso Paul Schutzer; non c’è la Corea di David Douglas Duncan e di Duncan non c’è nemmeno Pablo Picasso, che il fotografo raccontò nel corso di 17 anni attraverso oltre 10mila fotografie. Manca all’appello Robert Capa, ma c’è suo fratello Cornell. Non c’è nemmeno Philippe Halsman, che conquistò ben 101 volte la prima pagina della rivista e Alfred Eisenstaedt, coinvolto in LIFE fin dagli inizi, partecipa soltanto con un ritratto dell’attrice Gypsy Rose Lee e con qualcuna delle sue ballerine.
D’altra parte, sarebbe impossibile condensare in così poco spazio un immenso capitolo del foto-giornalismo: una chiave va per forza scelta. Alla Leica Galerie si possono assaggiare gli scatti spensierati che raccontano soprattutto i costumi e i grandi personaggi di quegli anni. Un percorso breve, ma intenso, che è obbligatorio concludere sfogliando i libri disponibili per la consultazione e, perché no, visto che non c’è biglietto da pagare, comprandone uno da divorare una volta arrivati a casa.
Le grandi fotografie di LIFE, fino al 31 gennaio alla Leica Galerie Milano