L’apocalisse è un mondo (quasi) senza donne

In Cinema

Casey Affleck ha scritto, diretto e interpretato (con la giovane Anna Pniowsky) “Light of My Life”, un racconto futuristico in cui la Terra, a causa di una pandemia, è rimasta abitata solo da minacciosi maschi. Mentre una natura livida rimanda la sensazione di una violenza diffusa, sempre in agguato

Nella lunga scena d’apertura di Light of My Life, scritto, diretto e interpretato da Casey Affleck, oscar 2016 come protagonista di Manchester by the Sea, un padre (Affleck stesso) e la sua giovane figlia Rag (Anna Pniowsky) giacciono in una tenda, la notte, e lui le racconta un favola spingendola a ridere con piccoli dettagli che sembrano intimi e familiari. Ma la cosa rivelatrice di questa scena è la storia che lui narra, e come lo fa: è quella di una volpe e del suo compagno che hanno un’avventura parallela alla loro, quando s’imbarcano sull’Arca di Noè. La storia continua, quasi di nascosto, e gli imbrogli della volpe maschio usurpano la narrazione. Rag lo nota e richiama il padre «Hai detto che sarebbe stata sulla ragazza, perché continui a parlare del ragazzo?». La scena è così delicata e discreta che il punto sollevato ha ancora più presa: gli uomini dimenticano le narrazioni delle donne, e anche quando sono centrali le donne, restano ancora lontani da esse, vedendo le cose solo attraverso il loro punto di vista.

Light of My Life è una storia post-apocalittica: una pandemia ha spazzato via la popolazione femminile del pianeta, tra cui la moglie del padre, senza nome, e la madre di Rag (Elisabeth Moss, si vede nei flashback). Padre e figlia ora si nascondono nei boschi. Il mondo è popolato solo da uomini, quindi l’anomalia rappresentata da Rag, apparentemente immune dal male, è irta di pericoli. I suoi capelli sono corti, indossa berretti e tute larghe; il suo corpo non ha ancora iniziato a svilupparsi, sembra un ragazzino disordinato. Il film ricorda altri recenti drammi di sopravvivenza genitore-figlio, come A quiet place – Un posto tranquillo.

Per lunghi periodi di tempo sono loro gli unici umani che vediamo, e il paesaggio è spaventosamente deserto. Il direttore della fotografia Adan Arkapaw è in sintonia con la drammatica tensione della natura e la sua fecondità, ma anche il suo vuoto, la spaventosa esposizione dei campi. La preferenza per l’illuminazione naturale significa che parte della violenza climatica viene catturata in una sfumatura oscura. La tavolozza dei colori è controllata, prevalgono i grigi, i bianchi pallidi e i marroni; gli alberi, i ponti e le viuzze vibrano di minaccia, in netto contrasto con la loro bellezza. E Affleck non ha fretta: il ritmo a volte si trascina, anche se comunque coinvolge nella paziente costruzione del film. L’apparizione improvvisa di altri uomini, che si avvicinano alla casa in cui sono padre e figlia, intravisti attraverso il vetro di una finestra, è legittimamente terrificante.

Affleck e Pniowsky iniziano un rapporto tenero, appassionato, ma piuttosto passivo, non c’è mai molto conflitto tra loro. Rag era una bambina quando è arrivata la peste, quindi questa vita è tutto ciò che sa, e quando chiede al padre cosa sia successo, lui le risponde che il mondo è “sbilanciato” e tornerà giusto quando ci saranno più donne. In questa sceneggiatura Affleck elabora i suoi pensieri su ciò che gli uomini hanno fatto del mondo, e su chi sono, sulla loro rabbia e solitudine. Man mano la situazione diventa più pericolosa, e le sequenze finali si svolgono in un accecante paesaggio innevato, richiamando alla mente il distopico Quintet di Robert Altman e si scatenano generando un crescente panico.

La “pistola di Cechov” (il grande scrittore russo diceva che se in un romanzo compare una pistola, bisogna che spari, cioè non bisogna mai introdurre in un narrazione scene o altri elementi se non sono necessari) fa allora la sua apparizione, e il cliché è destabilizzante, dal momento che Affleck ha tenuto le cose a fuoco piuttosto lento fino a quel momento. La devozione del padre per Rag è toccante e nel finale ci rendiamo conto che il suo personaggio ha imparato la lezione, spinto dalla domanda che Rag pone nella prima scena.

Light of my life di e con Casey Affleck e Anna Pniowsky, Tom Bower, Elisabeth Moss,  Hrothgar Mathews, Timothy Webber, Monk Serrell Freed, Kory Grim, Patrick Keating

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