Esce in due parti il kolossal di 4 ore su Silvio Berlusconi e la Seconda Repubblica, girato dal regista da Oscar (“La grande bellezza”) e interpretato dal miglior attore italiano d’oggi. Fasti e bassezze dell’era di Silvio (a tutt’oggi non conclusa, in verità) indagati soprattutto nella sua corte di maschi (politici, compresi) servili e puttanieri e ragazze disposte a molto (cioè alla fine sempre alla stessa cosa) pur di avere soldi e notorietà. Un film ricco sul piano visivo, con citazioni a volontà, che punta più sul privato che sul pubblico, regalando però pochi spunti nuovi di riflessione. Cast ottimo, da Fabrizio Bentivoglio a Riccardo Scamarcio, da Kasia Smutniak a Elena Sofia Ricci alla new entry Euridice Axen
Si scrive di Loro di Paolo Sorrentino, l’atteso film in cui Toni Servillo è dichiaratamente Silvio Berlusconi, ma l’uomo assai più che il politico, ha preannunciato cauto il regista (e non è certo una premessa rassicurante, visto il personaggio), avendo visto soltanto un’ora e 45 minuti di un’opera che esce in due parti (la prima è già nelle sale, la seconda dal 10 maggio) e dura più del doppio. E non è affatto un bene. Perché se di sicuro si capiscono già i contorni, lo stile, gli obiettivi artistici e tematici dell’operazione, non altrettanto si può dire del suo senso complessivo e nemmeno dell’equilibrio fra le varie parti e i personaggi. Basti dire che in questa prima metà il protagonista appare dopo 60 minuti esatti (siamo grosso modo nel 2006, ha perso le elezioni, e premier è per la seconda volta Romano Prodi, con suo gran cruccio) in un ingresso folgorante, va detto, volto sbiancato e vestito da odalisca, in mano un astuccio con diamante destinato alla moglie così tanto tradita, e pronto al primo screzio familiare con Veronica (Elena Sofia Ricci): la quale a più riprese nella storia rivendicherà, in questo il film è fedele alla realtà, non tanto la sua gelosia, tema personale, ma la difesa della dignità tradita, tema personale ma soprattutto da personaggio pubblico, quale lei era diventata da tempo.
Loro arriva accompagnato da polemiche (Berlusconi comunque si è limitato per ora a dire che non andrà a vederlo) e da un “no grazie” (diciamo così) del Festival di Cannes, il che ha già ovviamente scatenato ogni genere di congetture, che vanno dagli avvisi di intervento legale dell’entourage Fininvest – Forza Italia a un mancato accordo coi produttori, a qualche perplessità sulla qualità complessiva dell’operazione. La stessa uscita in due atti non sembra l’idea migliore per agevolare un convinto interesse del pubblico, che verosimilmente, come accade spesso in casi simili, sceglierà di frequentare la prima parte ma forse non altrettanto la seconda, che a quanto si sa è oltretutto leggermente più lunga. Dal punto di vista del formato Sorrentino sembra volersi collocare, forse anche un po’ sperimentalmente, a mezza strada tra il film e il serial (che ha da poco frequentato con indubbio successo in tv con The Young Pope): o forse, più banalmente, secondo lui la grande quantità di “girato” non era comprimibile nelle classiche due ore (o al massimo una ventina di minuti in più) di una pellicola “normale”.
Cominciamo da Loro 1, che è soprattutto uno spaccato della seconda repubblica, vista nelle due versioni politica romana e vacanziera in Sardegna, riassunta da Sorrentino con la definizione globale di “amorale, decadente, ma straordinariamente vitale”: mi permetto di dissentire, perché ne è stato assai più tratto distintivo una estenuata e triste esibizione, spesso più messa in scena che agita oltretutto, di tracotante vecchiaia, la qual cosa peraltro anche lui non manca di mettere in scena, soprattutto se analizziamo le relazioni di fatti e personaggi, più o meno importanti, in primo luogo con lo stesso premier. A cominciare dal profluvio di starlettes senza arte né parte, transitate dalle sue tv alle sue stanze, e alcune anche al suo partito, peraltro mai esistito concretamente.
Sorrentino arriva con questa sua materia iper-vista, letta e discussa su giornali, tv e Rete, con l’intento non tanto di riaprire la discussione sulle cronache di quei giorni, e in fondo neanche sui risvolti etico-politici di tutto quel grande casino, è il caso di dirlo. Dove, tra parentesi, andò in scena l’impresentabilità personale e internazionale del premier, ma anche la frequente incapacità degli oppositori, interni ed esterni, a sinistra in primo luogo, di batterlo su un terreno politico e culturale, i quali hanno poi finito per scegliere spesso, per metterlo in difficoltà, la scorciatoia a volte anche un po’ laida, come laide erano molte sue storie, del buco della serratura. Ci arriva con molti anni di iato (se non vogliamo chiamarlo ritardo) rispetto al dibattito pubblico, tanto che oggi quelle storie sembrano di 50 anni fa, la cronaca mangia tutto in un secondo, tra Isis, 5 Stelle, Donald Trump e altro. Soprattutto ci arriva con l’intento di scavare più che nei fatti, definiti fin dall’inizio del film “veri, verosimili o inventati” – tutto insieme, scegliete e giudicate voi – nell’uomo, nelle sue emozioni (anche B. ne deve pur avere, avere avute, sembra chiedersi l’autore), tanto che ci regala una chiusa lirica in cui convoca un invecchiato Fabio Concato per cantare a Veronica la loro canzone preferita (grande standard della tv familiare di cui era artefice abilissimo), Domenica bestiale, e se non fosse una citazione troppo old fashioned verrebbe da dire “la sventurata rispose”, almeno nella ricostruzione del film. Mentre sullo sfondo Mariano Apicella, menestrello di corte di tutti i giorni, rosica all’ombra delle splendide piante di villa Certosa in Sardegna, ricostruita in realtà tra l’Argentario e Orbetello.
Silvio, il suo corpo, le sue emozioni, ma soprattutto, trattandosi di Sorrentino, la grande immaginifica rappresentazione di un mondo scintillante e finto, come quello del video da cui il protagonista viene (un delizioso Ugo Pagliai rifà, muto, Mike Bongiorno), che fa al tempo stesso tenerezza e schifo. E la spazzatura che esplode in cielo – come i bigliettoni (della mafia?) dalla valigetta del Caimano di Nanni Moretti – quando il camion dell’Ama si rovescia in pieno centro per scansare un topo che gli “taglia la strada”, è una metafora (e nemmeno tanto, visto com’è ridotta Roma sotto questo profilo) di quanto siamo disposti a digerire per compiacere i potenti e arrivare al proscenio. Se il visivo, la messa in scena, è come sempre una grande atout del regista napoletano, sceneggiatore in coppia con un partner stabile e affidabile, Umberto Contarello, e abbonda in citazioni di se medesimo e di altri grandi (Federico Fellini in primis), il grande buco, la domanda di senso che Loro 1 suscita è: ma in tutto questo, cosa c’è di nuovo, di più profondo di ciò che abbiamo visto al cinema o letto in libri, articoli, post? Non è il “solito” Silvio che da decenni mettiamo in ridicolo ma che invece è ancora lì, a 80 anni suonati, a discutere col Presidente della Repubblica del nuovo governo? Berlusconi archetipo dell’italianità, o almeno di alcuni evidenti difetti del nostro essere collettivo: anche questa non è esattamente un’interpretazione inedita, anche se ricca di elementi di verità. Ma come ne usciamo? Dubito con una rassegnata e fatalistica resa al costume nazionale, che abbraccia ogni situazione, persona, ideologia, basta che ci consentano di non pagare le tasse, imbrogliare il prossimo e possibilmente sottrargli la moglie o la partner, purché bella e disinibita, sirena quest’ultima a cui nemmeno Sorrentino sembra sfuggire del tutto, almeno vedendo il film. Ma è solo l’occhio dell’autore di cinema, s’intende.
Mi sbaglierò ma Loro 1, film dai molti pregi di confezione anche grazie alla fotografia di Luca Bigazzi, al montaggio di Cristiano Travaglioli, alla colonna sonora di Lele Marchitelli, tutti habitué dell’autore, non suggerisce certo sentimenti di gran simpatia per il genere umano, né quello maschile affollato solo di figuri, giovani e meno, arrapati di sesso e potere, né quello femminile, fatto di ragazze che poche altre aspirazioni sembrano avere se non assecondarli. E forse non è un caso che le sequenze più immaginifiche, emozionanti del film abbiano per protagonisti animali, non umani. Dalla pecorella che prima dei titoli di testa finisce stecchita da un’aria condizionata implacabile (tecnologica contro natura? Forse anche qualcosa di più?) al rinoceronte che in pochi istanti attraversa un ponte romano, in fuga dal suo circo, al cammello collocato in un giardino con tende alla maghrebina che probabilmente allude a quello del ricevimento romano di Mu’ammar Gheddafi.
Toni Servillo indossa con passo sicuro, sorridente, forse perfino con una certa aria di superiorità rispetto al suo stesso personaggio (ben diversamente dal Gambardella di La grande bellezza, che ha amato e rispettato) la maschera di Berlusconi: forse l’intenzione sua e di Sorrentino, anche a leggere qualche dichiarazione del regista, era farne, assai diversamente dal caso Divo-Andreotti, che più diverso da questo film non potrebbe essere, attualità storico-politica a parte, un clown triste, quasi da commedia dell’arte. Del resto, quantunque presi quasi tutti dalla realtà, e alcuni anche col loro nome preciso, in generale i personaggi del film sono soprattutto maschere, spesso in qualche modo anche simboliche di un “peccato capitale”, dallo pseudo-Bondi interpretato dall’ottimo Fabrizio Bentivoglio, politico cinico, puttaniere e pusillanime fino in fondo, al Tarantini terra terra e senza scrupoli di Riccardo Scamarcio, che mostra un notevole upgrade (direbbe mia figlia), un salto in avanti di capacità interpretativa, da Kasia Smutniak, l’ape regina dei reali processi di Silvio, convincente, smaliziata ma a suo modo anche fragile moderna maîtresse di ragazze disposte a tutto, tanto nulla conta davvero, infine a Euridice Axen, una quasi new entry di talento.
Dunque si aspetti Loro 2, per vedere nell’insieme intenti e risultati di Sorrentino, un invito da rivolgere anche al pubblico. E forse bisognerebbe anche ri-scriverne, visto anche il secondo episodio, dando conto dell’operazione complessiva. Ma credo che così non accadrà sulla stragrande maggioranza dei media, e sarà un errore.
Loro 1, di Paolo Sorrentino, con Toni Servillo, Riccardo Scamarcio, Elena Sofia Ricci, Kasia Smutniak, Euridice Axen, Fabrizio Bentivoglio, Roberto De Francesco, Dario Cantarelli, Anna Bonaiuto, Giovanni Esposito, Ugo Pagliai, Ricky Memphis, Duccio Camerini, Yann Gael, Alice Pagani, Caroline Tillette, Iaia Forte, Michela Cescon, Roberto Herlitzka