Clôture de l’amour, da Rambert, arriva al Teatro Franco Parenti con il duo Della Rosa – Lazzareschi
In scena al Teatro Franco Parenti dal 16 al 30 ottobre 2019, Clôture de l’amour è un dramma sulla fine di un amore scritto da Pascal Rambert, uno dei maggiori drammaturghi francesi contemporanei.
Andato in scena per la prima volta nel 2011 al Festival d’Avignon, è stato tradotto in italiano nel 2012 dalla fondazione Emilia Romagna Teatro e da allora debutta sulle scene italiane con due attori di spessore scelti da Rambert stesso: Anna Della Rosa e Luca Lazzareschi.
L’opera ha vinto il Premio della Critica 2012 come miglior creazione di un testo teatrale in lingua francese e miglior drammaturgia ed è stato inoltre finalista al Premio Ubu 2013 per la categoria testi stranieri.
Il titolo non è mai stato tradotto perché la parola cloture ha in francese due significati: “chiusura” ma anche “recinzione”, sfumatura che non può esser ugualmente resa da nessun termine italiano.
Lo spettacolo ha luogo in una sala vuota e spoglia dove Luca ha dato appuntamento ad Anna per comunicarle la sua decisione di mettere fine alla loro relazione.
In un lungo monologo, Luca attacca verbalmente Anna scandagliando nel profondo le viscere del loro rapporto e distruggendolo alle fondamenta. Il suo è un linguaggio astratto, verboso che non tocca mai le vere motivazioni della rottura ma che si sofferma sul suo stato d’animo sul suo sentire.
È un discorso a tratti stralunato e che tuttavia mira a colpire ad attaccare Anna. Luca usa molte figure retoriche e metafore, come quella della guerra, che ama molto e in cui sente di trovarsi, o della rete, in cui si sentiva intrappolato.
Pur essendo il suo un discorso filosoficamente astratto e mentale, ci sono momenti in cui Luca si aggrappa alla corporeità, nei numerosi riferimenti al sesso e al corpo di Anna, o alla materialità: desidera infatti tenere per sé degli oggetti, che paiono quasi dei feticci.
Senza pietà Luca aggredisce la compagna toccando le corde più sensibili: il fine della sua guerra è infatti vincere e per farlo deve annientare Anna, che per tutta la durata del monologo ha fissato Luca, cercando di rimanere in piedi. Pur non essendo un dialogo, Luca si rivolge più volte a lei nel suo discorso, dicendole di stare dritta o di fissarlo negli occhi, se lei, per il dolore, distoglieva lo sguardo o si accasciava.
La tensione emotiva provocata dall’angoscia e dalla sofferenza insite nel discorso di Luca viene stemperata leggermente dall’entrata in scena di alcune bambine che intonano “Bella” di Jovanotti, facendo commuovere il pubblico per lo stridore che c’è tra la dolcezza dell’amore narrata nella canzone e l’orrore e il caos che la fine dell’amore ha causato nei due personaggi.
Nella seconda parte, Anna, che era stata in piedi e in silenzio tutto il tempo, prende finalmente parola e mostra una forza che prima non le si sarebbe attribuita. Con energia straordinaria, risponde punto per punto a Luca, lei che prima sembrava stesse per crollare, ora appare quella forte. La sua forza tuttavia è una forza che abbraccia, una forza che vorrebbe perdonare, salvare il rapporto; lei rievoca infatti momenti di altezza e bellezza del loro amore e accusa Luca di aver, con il suo racconto, reso volgare la loro storia: come ha potuto?
Con un linguaggio più semplice e concreto ma assai più efficace, Anna, dopo aver constatato come non sia più possibile fare marcia indietro, distrugge il castello di carta che Luca con le sue parole aveva messo in piedi e, in maniera speculare al precedente monologo, provoca la caduta e l’abbattimento di Luca, che pian piano si accascia a terra. Se il linguaggio di lei è più concreto, il suo essere, al contrario, pur apparendo più forte e solido, appare meno legato alla materialità: le basta tenere con sé i ricordi della loro storia e i ricordi legati agli oggetti, non gli oggetti stessi.
In questo scontro all’ultimo sangue, dove le parole sono coltelli affilati, ad essere messa in scena è la difficoltà del distacco di qualsiasi relazione, e non di un singolo caso, in un’analisi dei rapporti umani e del loro comune disfacimento.
È una guerra senza vincitori: tutti e due alla fine appaiono vinti dal dolore e dall’orrore, eppure, alla fine, lo spettatore è tentato di seguire il punto di vista di Anna, che appare quello più forte e convincente; perfetto, a tal riguardo, risulta lo stile recitativo ricco di grande vigore mimico-gestuale della bravissima Anna Della Rosa.
FOTO © FUTURA TITTAFERRANTE