Virginia anni ’50: il bianco e la nera… non vissero insieme felici e contenti

In Cinema

Un amore quasi impossibile e un tormentato matrimonio interrazziale in “Loving” di Jeff Nichols, con Joel Edgerton e Ruth Negga, che porta sullo schermo un fatto di cronaca molto famoso negli Stati Uniti: la storia di Richard e Mildred, che per sposarsi furono costretti a uscire dai confini dello Stato, dichiararsi colpevoli e lasciare il paese per 25 anni, pena una duratura detenzione. Privo di sentimentalismi e facile retorica, il film finisce però per essere un po’ troppo perfetto e costruito

Richard Loving, protagonista del film di Jeff Nichols, è un muratore biondo ossigenato, imperscrutabile nel suo silenzio, che nella Virginia degli anni Cinquanta ha trovato il suo angolo di paradiso in Mildred (Ruth Negga). Si amano, si sposano, aspettano un bambino, e lui costruisce mattone per mattone una casetta in un campo fiorito dietro la casa di lei, che lo guarda accarezzandosi il pancione… Ma non vissero felici e contenti (o per lo meno, ci vollero più di due lustri). Il problema è ineliminabile: lui è bianco (per non dire biondo con occhi azzurri), lei è color della pece.

Lungi da segregazioni urbane, i due vivono nel loro piccolo Eden assieme alla famiglia di lei, che però riceve il genero con l’astio di chi sa che sotto il mantello da principe azzurro si nasconde l’odore dei guai, quelle piccole complicazioni che inevitabilmente il primo matrimonio interrazziale della storia porta con sé. Accolto come un ladro, quasi in un rovesciamento del famoso nero che in Birth of a Nation di David Ward Griffith volle predatore di una giovane fanciulla bianca, Mr. Loving (Joel Edgerton) ha un percorso ancora più irto di ostacoli di quello dell’amata partner. In breve i due, che per sposarsi sono costretti a uscire dai confini dello Stato, direzione Washington, vengono obbligati a dichiararsi colpevoli e lasciare il paese per 25 anni, pena una seconda, duratura, detenzione.

Jeff Nichols sceglie di affrontare un tema importante quanto popolare attraverso una vicenda famosa, la storica causa Loving Versus Virginia che, grazie all’interessamento di un giovane e spregiudicato avvocato della Lega per i diritti civili, giunse fino alla Corte Suprema. E il titolo non è solo una scorciatoia, o un arguto doppio senso, ma è il nucleo del film. Si tratta di un matrimonio, di una coppia profondamente innamorata e devota alla famiglia, che vuole ardentemente vivere nello Stato che gli ha dato i natali, tanto che a tratti si ha la sensazione che il problema della razza sia oscurato dal bisogno di ritrovare le proprie radici nella terra natia, cavalcando sensazioni e riflessioni di altre pellicole a sfondo storico, come la recentissima Brooklyn.

Jeff Nichols in realtà si avvicina in punta di piedi a questa storia con altissime potenzialità per il grande schermo: peccato che questa alla fine gli sbatta la porta in faccia. Scevra di sentimentalismi, di quella retorica in cui spesso e volentieri pellicole di questo genere finiscono per cadere (vedi alla voce Selma), la regia finisce per essere così curata da vestirsi di un abito eccessivamente perfetto e costruito: sorrisi che diventano smorfie, dialoghi soppesati, silenzi calcolati a misurino, tutti ingredienti che rendono il prodotto finale scialbo, paradossalmente privo di colore. Diciamolo fuori dai denti: non si può che sperare, con inaspettata partecipazione, che i due si sposino e tornino a casa il prima possibile.

Indubbiamente è seducente l’idea che un film così possa e debba piacere quasi per forza e che sia molto guardato e apprezzato: in fondo è la stessa sirena ascoltata anche da Peter Sollet nel realizzare Freeheld. Ma Nichols è qui forse così spaventato dagli assi da novanta che nasconde nella manica, da trovarsi paralizzato dall’ansia da prestazione.

Loving, di Jeff Nichols con Joel Edgerton, Ruth Negga, Michael Shannon, Marton Csokas, Alano Miller

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