Il (vecchio) Maestro ricordato dai (giovani) allievi

In Interviste, Teatro

Luca Ronconi, a pochi giorni dalla scomparsa, viene ricordato dai giovani attori della Scuola di teatro a lui dedicata in un’intervista che indaga la sua appassionata attività di didatta

IMPORTANTE: Sergio Escobar, Direttore del Piccolo Teatro, ha annunciato che, in omaggio a Luca Ronconi, al termine delle repliche in corso fino al 15 marzo, Lehman Trilogy tornerà in scena dal 12 al 31 maggio.

Se è indiscutibile il valore storico e culturale rappresentato dal teatro di Luca Ronconi, è importante concentrarsi anche sulla sua appassionata attività di didatta. Il Centro Teatrale Santacristina, nella campagna umbra, fa ormai storia a sé: concepito come «trasmissione del metodo di lavoro del Maestro, ma soprattutto come possibilità di mettere l’attore nella condizione fondamentale di saper analizzare un testo», ha costituito un faro fondamentale nel campo della formazione teatrale.

Restando a Milano, invece, abbiamo incontrato alcuni allievi della Scuola di teatro Luca Ronconi: ai giovani attori, formati dal Maestro fino a poco prima della scomparsa, chiediamo cosa abbia significato lavorare – sebbene per poco tempo – insieme a una figura così importante.

«È un’esperienza che ci porteremo sempre nel cuore; per lui quello formativo era un aspetto fondamentale», commenta Jacopo Sorbini. «È stato un Maestro a tutti gli effetti: arrivava, stava con noi per quattro ore consecutive e ci inondava di sapere e ricchezze».

Gli fa eco Claudio Pellerito: «Trasformava tutto in qualcosa di migliore: apriva mondi e prospettive sui testi in maniera straordinaria: se ciascuno di noi si fosse impegnato a farlo con il medesimo impegno, non ci sarebbe riuscito. Nonostante la malattia, aveva sempre il sorriso stampato in volto: ci trattava come fossimo già attori professionisti. Riusciva a parlare a tutti, a farti sentire unico, a scavare nelle tue potenzialità e anche nei tuoi difetti».

Conoscevate già il suo teatro? «Non conoscevo nemmeno il suo nome», risponde – invero in modo onesto – Sascha Trapletti. «Quando l’ho incontrato, alla seconda selezione per accedere ai corsi della Scuola, mi è sembrato davvero calmo. Ero l’ultimo della giornata: prima di me ha ascoltato molti altri aspiranti, ma mi fatto sentire subito a mio agio. Voleva scoprire qualcosa di te e su di te: chi eri, cosa potessi dare a te stesso e al tuo lavoro». Com’era lavorare con lui a lezione? «Ci si sentiva completamente in libertà – conclude Sascha – e mi è dispiaciuto non poterlo conoscere meglio».

«Ogni volta che entrava in classe», aggiunge Cristina Nurisso, «questa figura quasi mitica non creava stato di ansia per tutti noi, anzi». Continua Marica Mastromarino: «Non si presentava come un gigante. Quando entrava in contatto con noi si veniva a creare un rapporto biunivoco: lui nutriva estrema curiosità nei confronti delle nostre storie, e al tempo stesso era a nostro servizio. In poco tempo è riuscito a darci veramente tanto; sono orgogliosa di aver lavorato con lui».

Per quanto giovani, interagire con lui avrà lasciato tracce significative nel vostro percorso di interpreti. «Ha formato in noi un’intelligenza interpretativa», risponde Francesco Santagada. «Ci insegnava a concentrarci su elementi di enorme complessità, e al tempo stesso riusciva a mantenere una semplicità e un’ironia disarmanti. Sembrava potesse vivere in eterno: l’energia con cui si dedicava al suo lavoro con noi era totalizzante. Si prendeva dei rischi, e chiedeva anche a noi di uscire dalla nostra quotidianità, di valicare tutto ciò che è facile. Ha rappresentato quello per cui vogliamo fare questo mestiere: arricchirci di esperienze che, grazie a questa professione, possiamo vivere».

C’è un ricordo che conserverete sempre con particolare affetto? «Dopo la prima di Lehman Trilogy», confessa Claudio, «siamo andati tutti in gruppo dietro le quinte, per salutare gli attori e fare i complimenti a lui. È uscito: sorridente, stanco ma soddisfatto. ‘Complimenti, Maestro!’, gli dico. E lui, nonostante l’orario, la stanchezza e cinque ore di spettacolo, mi ha dato dei pugnetti affettuosi ed energici sul petto, quasi a dire: ‘Ce la faccio ancora, riesco a picchiare forte’».

 

IL RICORDO DI BOB WILSON  

La scomparsa di Luca Ronconi ha innescato significative e sentite reazioni da parte del panorama teatrale italiano e internazionale: ecco la testimonianza di Bob Wilson, gentilmente fornita dal Piccolo Teatro.

 

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