Cosa succede se un testo profondamente intimo e di finissima fattura psicologica incontra la squisita interpretazione di un’attrice carismatica ed esclamativa? Ve lo raccontiamo in questa intervista che abbiamo fatto per voi a Lucia Mascino, sulle scene al Teatro Franco Parenti da venerdì 11 febbraio, alle prese con Smarrimento, l’ultima imperdibile “chicca letteraria” della Calamaro. Se volete ritrovarvi, prima abbiate la forza di smarrirvi!
FOTO © Giulia Di Vitantonio
Cara Lucia, tra qualche giorno tornerai sulle scene milanesi con un monologo di Lucia Calamaro, un testo denso, introspettivo e peraltro “cucito” benissimo sopra di te. Quali sono i punti di forza di questo spettacolo?
Un enorme, e sottolineo, enorme punto di forza è il testo di Lucia, che è apparentemente frammentato e non lineare. Leggendolo, sembra fatto di varie schegge che si affastellano, portando lo spettatore in una dimensione in cui non si trova più a guardare qualcosa che viene rappresentato, ma arriva invece a ragionare, a pensare e a stare esattamente come ragiono, penso e sto io in scena.
Diventa un’azione collettiva stranissima, perché battuta dopo battuta si giunge ad uno stato molto leggero e al contempo concreto dove si può giocare su tutto, da un’agonia a uno scherzo, muovendosi però sempre dentro a qualcosa di vero. È merito di Lucia che, come regista, toglie sempre l’attore dalla sua rappresentazione, abbandonandolo a mani nude dentro un mondo dove “deve spostare solitario l’aria e gli spettatori”. Il percorso è stato difficile, ma mi sta ripagando tuttora.
Un altro punto di forza, poi, è una certa coincidenza tra me e lei. C’è un’affinità perfetta tra me e quei testi, e poi, io interpreto momenti della sua vita e – omonimia a parte – non è sempre facile vedersi nei panni dell’altra!
Su che cosa hai lavorato per prepararti?
È stato un processo creativo desiderato profondamente sia da me sia da Lucia. Anche solo “chiacchierando” io e lei avevamo captato un reciproco potenziale, in più Marche Teatro ci ha sostenuto sin da subito nella nostra idea e così è stato possibile poter far “brillare” questo bellissimo lavoro.
Nonostante la prima scintilla sia scattata nel primo istante nel quale io ho conosciuto Lucia, il processo creativo è stato non privo di sofferenze, tenendo conto del pudore sotteso nel conoscere i travagli di una storia, la sua, e il provare a domandarmi – con rispetto – le ragioni di questi dolori. Non sono mai faccende solo gioiose e semplici… Entrare nei meandri del sé e dell’altro è complesso. Devo dire però di aver trovato sempre una grande fiducia nei suoi confronti, perché conoscevo sin da subito la stoffa di cui era fatta, e ho insistito io sulla scrittura di un monologo. Lucia era titubante nello scrivermelo, perché mi diceva che “il vero teatro in scena si fa in due”; poi un giorno mi ha detto: “Va bene, in questo caso il secondo attore sarà il pubblico”. Ed è stata una gioia!
Questo progetto creativo al quale ho partecipato è stato molto anomalo: inizialmente abbiamo provato in casa mia poche ore al giorno, poi è stato riscritto, cambiato, modificato di volta in volta. Un processo in fieri su misura, che ad ogni rappresentazione è perciò dotato di grande freschezza.
Smarrimento è un titolo che bene può rappresentare la situazione di chi in questi mesi ha vissuto l’assenza dal teatro e del teatro. Come è stato vivere per te senza il teatro?
Tediante, in parte. Hanno chiuso i teatri mentre eravamo in scena. Io ho la fortuna di fare teatro, come di fare cinema e televisione e l’anno scorso ho lavorato anche per una serie Amazon. Ho avuto queste chances di cui molti attori non hanno potuto godere, ho lavorato sempre, anche se non continuativamente, ma abbastanza. Quello che però mi è pesato tantissimo è stato attendere due anni impazientemente prima di calcare il palco davanti a un pubblico. È stata una lancinante attesa. Non ce l’ho più fatta a rimandare gli spettacoli a teatro. Bisogna farli subito! Anche adesso è possibile, benché difficile si possono fare benissimo proprio ora!
C’è solo una cosa di positivo in tutto ciò: il fatto che adesso, interpretando questa parte, mi sembra di vivere in un sogno. Ma quanta attesa!
Qual è il messaggio di ottimismo che ti ha lasciato – come attrice e come donna – questo monologo?
Come attrice mi ha lasciato la sensazione chesolo quando sei a tuo agio, ti senti di libero e interpreti qualcosa che ti assomiglia, solo lì puoi rendere al massimo, puoi essere più bello, senza accanirti nelle cose che ti stringono. La sensazione che ho in scena è quella di allargarmi in una miriade di immagini infinite. In un piccolo corpo di 1,70 m, per qualche istante, c’è un infinito. Noi siamo veramente un universo in pochi centimetri.
Come persona ho capito che non bisogna rimandare lo svelamento di quello che siamo. E vi posso assicurare che questo messaggio funziona molto bene anche per tutto il pubblico!