Il testo di Moravia, sull’orlo della modernità, si cala senza riserve nella girandola dei rapporti uomo-donna. E Lorenzo Loris, all’Out Off, ne fa uno spettacolo sincero, in accordo con l’autore e la sua forza creativa
Il testo di Alberto Moravia (1907 – 1990), sull’orlo della modernità, si cala senza riserve, ma sempre con eleganza, nella girandola dei rapporti uomo-donna (marito e moglie, moglie e amante) inseguendo sempre, con punte d’ironia e capovolgimenti prospettici, la “Verità”; una verità liberata dalle forme del pensiero comune, dalle geometrie spigolose delle proprie realtà quotidiane.
Una verità che va dispiegandosi nella narrazione, concedendosi a inversioni di senso e a divertenti, a tratti grottesche, appena appena percepibili; nelle peregrinazioni erotiche della protagonista ad esempio, una bella Silvia Valsesia, alle prese con un marito, Matteo (Antonio Gargiulo) consumato dall’urgenza di consegnare un articolo importante per il giornale, al fine di assicurare ai suoi lettori il continuo ricambio di informazioni.
“…altre Bugie, bugie che scacciano altre bugie!” – (Matteo).
Una verità letteraria (quella di Moravia), la verità di uno scrittore e delle sue immagini; la verità che diventa espressione felice, che ama rivelarsi, quasi come un sogno, negli spazi bianchi fra le parole. In questo senso è magnifica la descrizione di una delle giornate che trascorre lei, Dirce, con il suo amante:
Il ristorante di pesce a Fiumicino, poi la corsa sull’autostrada fino all’appartamento di Roberto, “ad ogni pianerottolo un bacio – non uno, tre!”; per consumare un sesso violento e passionale, temperato da una comune intesa di corpo e di mani.
Ben resa, nell’attitudine parolistica degli attori, la vertigine quotidiana di una Roma anni ’80, il centro politico e culturale di un’Italia in continuo sconvolgimento, perennemente sintonizzata sui notiziari e con le dita segnate dall’inchiostro dei giornali.
La messa in scena di Lorenzo Loris (regista), gestita in maniera chiara, semplice – senza stravolgimenti – si muove di pari passo con la narrazione in pieno accordo con l’autore e la sua forza creativa. Si percepisce la sincerità e l’umiltà del lavoro svolto con gli attori, garantendone la libertà di azione, e soprattutto di relazione. Il trio di giovani attori in scena – nei rimbalzi alla maniera di “Girotondo” – si alternano vicendevolmente con agilità e coscienza scenica, nonostante il ritmo della commedia sia sostenuto, e vi siano in gioco dei temperamenti inusuali e sconcertanti, al limite della sopportazione, che producono l’effetto comico della risata ed il plauso generale del pubblico.
Nell’appartamento – uno spazio aperto reso scenico da Daniela Gardinazzi, che costruisce finestre pensili e sceglie come colore di fondo il Blu – si leva un’aria malinconica, rischiarata dalle note della chitarra dello stesso Daniele Gaggianesi (Vasco).
Lui. Batte con forza sulla macchina da scrivere.
Lei. Tacchetta distrattamente per il soggiorno su due lunghe gambe agili e snelle.
È facile immaginarla per le strade di Roma, rincorsa dai fischi che si lascia alle spalle e che neppure si volta a ricevere; eppure sorride…
D’un tratto trova eccitante – più che la menzogna, di cui è stata perfino capace di annoiarsi, dimostrando un talento eccezionale per la pratica della “noia” – “la Verità”.
La verità nei suoi eccessi, continuamente ribadita, puntualizzata, portata fino all’estremo.
Ed è qui che si trova, forse, il nucleo dell’intuizione di Moravia, quella vale a dire di trattare la verità come un qualcosa di più interessante dell’inganno, di più incredibile, di più assurdo.
Ecco allora che la ricerca ossessiva della verità, “nient’altro che la verità” conduce inevitabilmente al suo deperimento; la verità che implode e cessa di esistere.
“Voglio sapere”, dopo che avrai esaurito tutta la verità, che cosa verrà dopo…
– “Voglio conoscere”, estinguere ogni dubbio, addentrarmi in ogni particolare per obnubilare i miei sensi, per stordirmi di risposte fino all’annullamento della domanda.
C’è, di tutta la pièce teatrale, un momento, in cui Lei, la donna – la seducente Dirce – si prepara per raggiungere l’amante, l’aitante Vasco, pilota di tratte intercontinentali (il bravo Daniele Gaggianesi, che sotto un baffo curato regala smorfie vagamente “pulp”, di quei personaggi tra l’eroico ed il meschino, il losco ed il gentile) … e si mette il rossetto, a ravvivare il colore delle labbra.
Ci si è chiesto, allora, se non vi fosse, nella pratica femminile del trucco, una sorta di sintesi del processo che porta alla Verità. Come se, nell’arte del rendersi desiderabili, vi fosse la possibilità di comprensione di quel che la verità è, ed esige.
Per questo motivo, probabilmente, la Verità è data dall’incredibile compenetrazione tra vero e falso.
La menzogna dunque, la bugia, è parte integrante della realtà.
Esse interagiscono, ed è forse la somma di questi due anteposti elementi, bugia con verità, a dare alla nostra vita quella giusta dimensione partecipativa senza la quale non potremmo mai “capire”, né essere certi di aver “capito” – Per dir così, una sorta di sentimento del reale, che possa intuitivamente portarci a selezionare una verità e ad indentificarci con essa.
La verità in fondo ha a sua volta un equilibrio interno che non va forzato, e nel gioco pericoloso della donna appare evidente che solo l’illusione può contribuire alla stabilità del vero, del reale.
Quando non resta più niente di vero, o di falso, da dire… appare l’Amore, il punto massimo di congiunzione fra queste due entità opposte: il sommo vero e il sommo falso insieme.
Sia a Matteo che a Vasco, a cui Dirce (la maga) somministra la sadica dose quotidiana di verità, ella riserverà, in un ultimo impeto di pura stregoneria, la bugia di ognuno.
Vasco: “A me piace la bugia”
Dirce: “Sarà che a te piace la bugia ma la verità è che tu mi piaci”
Dirce “C’è una verità più profonda…”
Matteo “E cioè…”
Dirce “E cioè che ti amo.”
L’Amore è l’ultima verità possibile, e la più bella delle menzogne; come il teatro del resto.
Le illustrazioni dell’articolo sono opera di Edoardo D’Amico, ispirate dallo spettacolo.
L’angelo dell’informazione, di Alberto Moravia, al Teatro Out Off fino al 4 febbraio 2018