Come si immaginano da adulti i piccoli? La videoinchiesta ‘Ma il cielo è sempre più blu’ qualche risposta ce l’ha. Tra stereotipi di genere e segni di cambiamento
«Questo film parla delle vite degli altri», ha detto una bambina dopo la proiezione dell’ultimo capitolo di Ma il cielo è sempre più blu. E, in effetti, è vero.
Questo film è una video inchiesta per la quale, da 6 anni circa, chiedo ai bambini e alle bambine delle scuole primarie d’Italia la loro opinione sul genere: differenze, uguaglianze, ruoli, caratteristiche, aspettative relative al proprio sesso e all’altro.
Gli intervistati raccontano ciò che vedono, ciò che pensano. Ciò che viene detto, aiuta i grandi a capire come vengono percepiti dai più piccoli, che messaggi veicoliamo, a volte senza rendercene conto. «A casa è mia mamma che fa la lavatrice, quindi quando sarò grande sarà mia moglie che la farà».
Queste sono alcune delle risposte che ho registrato a Sesto San Giovanni, alle porte di Milano, dove ho girato il quarto capitolo dell’inchiesta. Gli altri sono stati realizzati in provincia di Lucca, a Milano, in provincia di Brescia, e a Paestum in Campania. Ogni contesto ha dato risultati diversi.
La prima domanda che pongo riguarda il lavoro: «Che cosa vuoi fare da grande?»
A Sesto ci sono pochissimi calciatori ma molti futuri uomini e donne di scienza: un chimico, un’archeologa, un geologo, due pediatre, un fisico sperimentale che vuol cambiare il mondo, e un’astrofisica che vuole sapere che cosa c’è dietro l’universo.
Le domande successive indagano l’idea di maschile e femminile. I sestesi sfoderano qui il loro metodo scientifico. Hanno una grande capacità di osservazione, circostanziano, pochi bambini usano termini assoluti quali “tutti”:
«A volte i maschi sono più agitati». «Alcune femmine giocano con le bambole». Lo stereotipo del maschile visto in chiave di aggressività e forza qui è meno citato. Tuttavia il femminile, in qualche risposta, rimane agganciato ad un’idea di responsabilità che svilisce il potenziale dei maschi: «Le femmine sono più intelligenti, meno scherzose”.
L’allargamento di orizzonti riguarda anche le domande su ciò che maschi e femmine possono fare. I piccoli sestesi guardano la propria situazione ponendola in relazione ad altre lontane nel tempo o nello spazio: «Un tempo i padri decidevano ciò che le femmine potevano fare» .«In altri paesi le femmine non possono fare molte cose».
Dalle domande riguardanti la conciliazione tra vita personale e lavoro emergono spunti interessanti. «Una donna/un uomo senza figli può essere felice?». Avere figli sembra uno standard normativo della società, che riguarda tanto i maschi quanto le femmine. Chi risponde “sì” per la donna, spesso lo fa anche per l’uomo. Qualcuno approfondisce: «Se vuole i figli sì, sennò no». «I figli riempiono la giornata allora il tempo passa meglio». Ma anche: «La felicità deriva dalle cose che uno vuole fare».
Gli stereotipi tornano dove è più forte l’influenza mediatica. I bambini, si sa, sono un target di un settore di mercato specifico. Nelle pubblicità dei giocattoli c’è una forte rigenderizzazione, i prodotti si differenziano: giochi per maschi, giochi per femmine. In questo modo si amplia la domanda, si creano bisogni da soddisfare con un’offerta più mirata. La Lego, per esempio, un tempo considerata neutra, adesso propone due tipi di giochi diversi: le ambientazioni di avventura, e spaziali, sono destinate ai maschi; quelle di città in cui i personaggi e i pezzi sono più grandi, di colori pastello, la cui interazione è più affine ad un gioco di bambole che non a uno di costruzione, sono rivolte al pubblico delle bambine.
Nelle domande sulla divisione dei compiti a casa, la situazione è composita. E’ la moglie, la mamma, la donna che nel 70% delle risposte farà la lavatrice e stirerà, nelle future famiglie degli intervistati. Cucinare e occuparsi dei figli invece sono mansioni condivise.
L’onere del carico della cura torna nella domanda finale: «Ti piace essere femmina/maschio?». La maggior parte dei bambini e delle bambine ama il proprio genere benché da alcune risposte sembra che partorire i figli e dover fare i mestieri in casa sia considerato un deterrente al piacere di essere femmina. Qualche bambino non disdegna il gioco di immaginarsi per un giorno nei panni dell’altro sesso: «Per giocare con le bambole». «Per capire cosa provano».
Credo sia questa la domanda contestata. Pare che le Sentinelle in piedi abbiano affermato che Ma il cielo è sempre più blu faccia diventare i bambini psicopatici. E’ stata presentata un’interrogazione comunale cui ha risposto l’Assessora alle Pari Opportunità di Sesto, Rita Innocenti, che, grazie ad un bando della Regione, e in collaborazione con le associazioni Usciamo dal silenzio e Gi.U.Li.A. ha messo in piedi il progetto “Così sono se mi pare. Oltre gli stereotipi, la sfida della parità”, di cui la realizzazione del documentario era parte integrante.
Alle Sentinelle e a chi ritiene che esperienze come questa ed altre che indagano gli stereotipi manipolino i bambini rispondo semplicemente riportando le parole che una bambina di otto anni ha detto durante l’intervista: «Vorrei tanto provare delle cose che fanno i maschi, che noi femmine potremmo fare, ma non ce ne rendiamo conto».
Foto: Federica Neeff per il progetto “Così sono se mi pare”