La compagnia di marionettisti Carlo Colla e Figli porta in scena al Piccolo la celebre tragedia del Bardo…
Cosa c’è sopra il boccascena? Sopra quello del piccolo teatro di via Rovello, reso ancora più piccolo da un soffitto ribassato, ci sono i marionettisti della compagnia Carlo Colla e Figli.
Andato in scena la prima volta nel 2007 a Chicago arrivata al Piccolo nel 2010 torna, diverso, nella patria milanese. Un teatro fatto di molti inganni quello che propone la compagnia. Le voci dei personaggi sono registrate, qualche attore è seduto in platea, alla prima milanese, e guarda e ascolta se stesso: fascinoso pensiero che sarebbe stato di sicuro oggetto di una novella pirandelliana.
Si perde un po’ di autenticità dato che i personaggi si allontanano dallo scambio genuino dell’azione live e si collocano a una distanza siderale rispetto al pubblico, con un risultato fortemente contemporaneo, più performance che atto teatrale. Una rappresentazione di una rappresentazione certamente epica, a tratti fredda. Questa la versione dei Colla per la tragedia del cattivo dei cattivi di Shakespeare.
Macbeth, il barone di Glamis, sarà presto re. Lo hanno detto le streghe, creature disegnate come alberi deformi, che hanno acceso l’ambizione nell’uomo che non dormirà mai più. Il piano di conquista del trono condiviso con una moglie ambiziosa. Le voci e le visioni infere.
Le marionette hanno voci profonde da film doppiato degli anni passati e, complice la distanza, ci si dimentica facilmente dei fili trasparenti che partono da ogni articolazione.
Le vittime cadono una dopo l’altra: re Duncan, suo figlio, Banquo e gli altri fino a quando tutto è ormai perduto e il barone deve affrontare il duello finale con Mcduff. Pupazzi ieratici vittime e carnefici per crimini sempre più efferati: così dentro una tragedia di cartapesta la catarsi arriva e libera.
Lo spettacolo dei Colla è una messa in scena filologica che non rinuncia a nessun artificio: le luci rosse, i colpi di scena, la musica incalzante, a volte prevedibile, e la macchina del fumo. Il ritmo del primo atto è meno sostenuto rispetto al turbine del secondo, dove tutto accelera e la difficoltà di partenza iniziale è stata già dimenticata. Come d’altra parte la scena usata quasi sempre in modo tradizionale – stancamente orizzontale a volte – alla fine si apre in diagonale in uno sfondamento prospettico che rimane negli occhi.
La sete di potere, la violenza, la lotta per il trono, il soprannaturale. L’ultimo posto, sembrerebbe, in cui incontrare oggi delle marionette. Questo tipo di trama, oggi, ci consegna immadiatamente a cruentissimi telefilm. E non a torto, sul piccolo schermo la gloria del teatro di figura dell’Ottocento si celebra ogni settimana. Non è il Trono di Spade, ma poco importa. Qui la cattivissima Lady Macbeth si scopre l’antenata malgrée elle di Cersei Lannister, prima del suo walk of shame: altera ed elegante pronta a qualunque tipo di macchinazione per affermare se stessa. Inevitabile motore di azioni fatali.
Ebrezza e sangue non sono meno efficaci se a perpetrarli sono degli omini inanimati. Per vedere meglio le oscurità dell’animo umano è sempre bene portare una maschera. O una marionetta.
Macbeth, di William Shakespeare, regia di Eugenio Monti Colla, al Piccolo Teatro Grassi fino al 19 giugno