“La notte dell’uccisione del maiale” è un gioiello corale di cui Magda Szabó è regista perfetta. Lo ripubblica Edizioni Anfora con una postfazione finora inedita dell’autrice. Se ne parlerà a Milano giovedì 21 marzo alla libreria Tempo Ritrovato con un intervento di Claudia Grendene, che ce ne dà una anteprima e dialoga con la curatrice Mónika Szílagyi.
La preparazione della macellazione del maiale e del banchetto successivo che dovrebbe riunire i Tóth e i Kémery si trasforma in una fucina di conflitti dalle radici profonde e antiche che sfociano in un finale sanguinario, e la vittima non sarà la povera bestia.
È di nuovo in libreria, in una nuova edizione a cura dell’editore Anfora, La notte dell’uccisione del maiale di Magda Szabó (traduzione di Francesca Ciccariello; cura e note di Mónika Szílagyi; postfazione Scrittore e modello di Magda Szabó).
Protagoniste sono due famiglie, i Tóth e i Kémery, una è borghese e benestante e l’altra è un’umile famiglia di saponieri; c’è un matrimonio che unisce le due stirpi, tra Janos Tóth e Paula Kémery, ma come accade in questo genere di unioni non mancano gli odi, gli sgarbi, le incomprensioni, il disprezzo.
«C’erano passioni, guerre familiari, rancori e ostilità a cui solo la morte metteva fine, e talvolta nemmeno quella, perché si lasciavano in eredità»
scrive Magda Szabó nella postfazione finora inedita Scrittore e modello, in cui ci racconta il rapporto tra i modelli autobiografici e la creazione finzionale all’interno delle proprie opere.
La scrittrice e i suoi modelli, Magda Szabó e il romanzo corale
In quest’opera polifonica che racconta la genesi di un efferato crimine domestico, Magda Szabó empatizza con l’assassino. Se c’è misericordia, in questo romanzo assai duro, è soltanto per il carnefice. Risuona l’eco di un classico della letteratura ungherese, Anna Édes di Dezső Kosztolányi, ovvero un romanzo il cui nucleo drammatico è costruito intorno alla deflagrazione emotiva di un personaggio remissivo, servile, fedele, che nel corso della storia non fa che subire umiliazioni, tradimenti e disprezzo.
Non coglie del tutto impreparati, ma rimane scioccante per il lettore, l’epilogo che è allo stesso tempo nemesi perfetta per il protagonista ed esito inevitabile.
Una scrittura complessa, eccezionale, che richiede al lettore attenzione e pazienza, che lo conduce attraverso i gesti, i pensieri, le parole di tutti gli attori di questa storia – e sono molti. La struttura è multifocale, ogni capitolo porta come titolo il nome di uno dei personaggi di cui ci restituisce il focus e l’autrice riesce nell’impresa di trascinarci nel profondo di ognuno di essi attraverso una narrazione composita fatta di dettagli ambientali, familiari e relazionali passati sotto la lente d’ingrandimento; un misto di racconto classico in terza persona e monologo interiore, frequente l’uso dell’indiretto libero nel quale la scrittura fluisce e defluisce scandagliando i pensieri dei personaggi. Il risultato è che il lettore si trova sempre contemporaneamente dentro e fuori rispetto a ogni singola scena, dentro e fuori dalla testa del protagonista di ogni capitolo.
La notte dell’uccisione del maiale è anche un romanzo politico e sociale. C’è tutta l’Ungheria degli anni Cinquanta, con il regime comunista, la difficoltà di professare una fede, la statalizzazione delle case e l’imposizione della convivenza con estranei; c’è il mondo della provincia intorno a Debrecen, tanto cara a Magda Szabó («Il naturale sarebbe che la polvere di Debrecen mi scricchiolasse tra i denti»). Protagonisti di questa storia sono anche la povertà e il freddo inverno ungherese, un gelo che diventa simbolico della desolazione circostante; e ancora, il sistema dell’educazione e dell’istruzione scolastica. Dunque troviamo nella narrazione una ricchezza di elementi che va ben oltre i confini stretti della trama.
Protagonista assoluta, infine, l’abilità di un’autrice che governa in contemporanea l’intrico della storia e la mente del lettore, ci mette alla prova con sapienti omissioni, misurati indizi, celate rivelazioni. Il romanzo prepara con minuzia e pazienza una lenta discesa agli inferi, per poi sferzare, negli gli ultimi capitoli, con un’accelerazione febbrile. Soltanto alla fine ogni cosa appare manifesta, tanto che viene voglia di tornare indietro a rileggere, a cercare gli indizi per accorgerci che sono sempre stati lì sotto i nostri occhi, ma non li avevamo colti. L’impressione è quella di aver letto un giallo senza saperlo.
Un femminicidio.
Come in ogni romanzo della Szabó riconosciamo la forza, nel bene e nel male, dei personaggi femminili. Illuminante risulta in tal proposito un passaggio della postfazione:
«Questo tipo di caratterizzazione della donna, di nuovo, mi riporta a un altro dei miei modelli: le donne forti. Nella nostra famiglia non ebbe mai fortuna la leggenda per cui l’uomo è forte e la donna debole. Sin dalla mia nascita attorno a me vedevo che l’uomo è nervoso e fragile, non fa che affannarsi, mettere tutto sottosopra, e se qualcosa non va si spaventa e fugge la responsabilità, è la povera moglie che deve sistemare tutto, sia materialmente, sia moralmente.»
Una scrittura concertata in modo superbo: come è nata la nuova edizione.
Per concludere, abbiamo chiesto all’editrice e curatrice dell’edizione, Mónika Szílagyi, quali difficoltà presenti la curatela di un’opera come questa.
«Tutti i libri di Magda Szabó sono molto difficili da tradurre per via del vocabolario vastissimo e dei lunghi periodi barocchi che l’autrice usa. La notte dell’uccisione del maiale ci ha dato ulteriori grattacapi a partire dal titolo originale, Disznótor, che è un vocabolo che in italiano non esiste e denota tutto l’evento della macellazione del maiale, comprensivo della lavorazione della carne, del banchetto familiare che si offre anche agli aiutanti per il duro lavoro e dei piatti dell’amicizia che si fanno per l’occasione. Con questo testo Magda Szabó porta a compimento la tecnica di scrittura del romanzo corale che aveva iniziato con Affresco; c’è una difficoltà dovuta al numero dei personaggi per cui abbiamo scelto di proporre prima del testo un albero genealogico delle due famiglie, in modo da aiutare il lettore. Altra difficoltà è l’uso del linguaggio, la presenza di molti riferimenti al mondo rurale ungherese di quella regione, espressioni dialettali, sfumature che non è semplice rendere in una traduzione. Abbiamo cercato di differenziare i linguaggi dei diversi personaggi che nel testo originale si esprimono in base alla propria appartenenza sociale e al grado di istruzione. Infine, abbiamo scelto di aggiungere note al testo per migliorarne la comprensione».