Con “Matthias & Maxime” il talentoso regista franco-canadese Xavier Dolan torna ai suoi preferiti temi adolescenziali e al ruolo di attore/autore. Ma dieci anni dopo “J’ai tué ma mère”, che rivelò la fantasia visiva di un appena ventenne pieno di idee, i rovelli psicologici e gli eccessi comportamentali dei suoi protagonisti diventano sempre più di maniera. E i ragazzi stentano un po’ troppo a diventare adulti, vittime di famiglie asfissianti e delle loro eterne indecisioni, in tema di sesso ma non solo
Maxime (Xavier Dolan) e Matthias (Gabriel D’Almeida Freitas) sono amici da sempre ed entrambi alle prese con figure materne piuttosto ingombranti. La mamma di Maxime è un’alcolista manesca e petulante, dalla quale il ragazzo, deturpato in viso da un angioma rosso vivo, ha deciso di fuggire trasferendosi in Australia alla ricerca di un lavoro qualsiasi. Matthias invece una professione ce l’ha, perché ha seguito le orme di un padre (del tutto assente) che l’ha voluto avvocato, prima di sparire lasciandolo in balia delle amorose angherie di una madre invadente, che alle soglie dei trent’anni continua a trattarlo come un bambino.
Un filmino amatoriale girato dalla sorella di un amico è l’occasione di uno scambio inedito tra i due amici, un bacio, che spalanca d’improvviso un nuovo orizzonte di desiderio e di paura. Tra una chiacchiera e un litigio, qualche timido tentativo di vita adulta e rapidi ritorni verso i territori sospesi dell’adolescenza (garantiti dall’invischiante abbraccio del gruppo di amici che circonda i due protagonisti), il momento della partenza si avvicina sempre più.
Con Matthias & Maxime, Xavier Dolan è tornato a girare nel suo Québec, a Montreal, dopo la sfortunata parentesi americana di La mia vita con John F. Donovan. È tornato come attore: era dai tempi di Tom à la ferme che non si metteva davanti alla macchina da presa. Soprattutto, è tornato ai suoi temi più cari: la ricerca della propria identità sessuale e il rapporto con la madre, interpretata da Anne Dorval, che aveva rivestito lo stesso ruolo anche nel primo film di Dolan, quel J’ai tué ma mère che nel 2009 aveva trasformato uno sconosciuto ragazzino nemmeno ventenne in una delle promesse del cinema internazionale. Dolan torna dunque alle origini, a quel fortunato e davvero promettente primo passo nel mondo del cinema, dopo una divagazione lunga dieci anni e scandita da otto film: disturbanti, rabbiosi, violenti e poetici, ironici e provocatori, sempre interessanti, nonostante le ripetizioni e i giri a vuoto e il crescere di una maniera che nella filmografia di un autore così giovane sta forse cominciando a farsi molesta.
La rabbia che innervava il magnifico film d’esordio rappresenta anche l’ingrediente principale di un’altra riuscitissima opera di Dolan, Mommy, Premio della Giuria a Cannes nel 2014. Un ingrediente di per sé non facilissimo da maneggiare, ma che Dolan ha dimostrato di saper utilizzare con sapienza e audacia anche in un film imperfetto ma vitale come È solo la fine del mondo (anche questo premiato a Cannes due anni dopo).
Ecco, proprio questo sembra mancare in Matthias & Maxime: la rabbia è sparita e al suo posto c’è un’irrequietezza di maniera che produce dialoghi esagitati e scene inutilmente sopra le righe, un tono a tratti petulante e in generale una scarsa efficacia nel tratteggiare i timori e i tremori di un gruppo di ragazzi che non ne vuol sapere di avviarsi verso una qualche forma di maturità. Peccato, perché Xavier Dolan ha talento da vendere e lo dimostra in più di una sequenza, azzeccando inquadrature sorprendenti e movimenti di macchina trascinanti, e riuscendo nonostante tutto a tirarci dentro questa storia di identità in bilico e sentimenti sospesi.
Matthias & Maxime di Xavier Dolan, con Xavier Dolan, Gabriel D’Almeida Freitas, Anne Dorval, Pier-Luc Funk, Catherine Brunet.