Luogo di attraversamento e di unione, il Mediterraneo è una dimensione culturale, una culla storica, una geografia di crisi. The Passenger, la collana di guide per esploratori del presente di Iperborea, lo racconta in lungo e in largo.
Politici, storici e scienziati hanno spesso provato a proclamare una comune identità dei popoli che circondano il Mediterraneo, l’antico ‘mare in mezzo alle terre’. Ma la sua attrattiva e importanza, scrive David Abulafia, uno dei più importanti storici del nostro mare, stanno proprio nella sua frammentazione e varietà: una condizione che ha permesso gli scambi culturali e commerciali attraverso cui le sue grandi invenzioni – dal monoteismo al turismo di massa – continuano a influenzare il mondo intero.
Di questo melting-pot di popoli e culture è miracoloso esempio Tangeri: della sfaccettata identità di questa città scrive Christian Schüle nel suo articolo Liberté Toujour.
Cent’anni fa Tangeri era una delle città più straordinarie del mondo, scrive il giornalista e saggista; la ‘città bianca’ sulla punta nord-occidentale dell’Africa veniva decantata, raccontata, maledetta: pensiamo a Matisse, a Paul Bowles, a Camus, al film Casablanca. Nella Medina, la città vecchia, c’erano centinaia di cambiavalute e di banche, i musulmani erano tanti quanti gli ebrei, i cristiani e il numero delle sinagoghe raggiungeva quasi quello delle moschee e delle chiese. Si viveva e si lasciava vivere.
Poi tutto cambia. Cinquant’anni fa, Tangeri è crollata, la si evitava: depressione, sporcizia, degrado; l’asse dell’attenzione si era spostata sulla linea Casablanca-Rabat. Su Tangeri cala l’ombra dell’oblio.
Poi, circa vent’anni fa, arriva il principe azzurro: il nuovo re Mohammed VI l’ha di nuovo illuminata artificialmente e la città ha ripreso a fiorire. I dollari sono arrivati a fiotti a Tangeri, mentre si costruivano nuovi boulevard e una nuova promenade. Il mondo vi ha fatto ritorno: aziende europee, americane, giapponesi e cinesi vi si sono insediate.
La casa reale saudita ha investito e costruito residenze ed è sorto il più grande di tutti e trentasette porti africani. Vi si producono quotidianamente migliaia di automobili, componenti aeronautiche e pale eoliche.
Tra pochi anni Tangeri sarà la città di punta dell’Africa.
Riprendendo il filo rosso dell’Identità mediterranea, Matteo Nucci, scrittore, esperto di cultura greca e spagnola, compone un’ode all’ ozio mediterraneo, al tempo sottratto al lavoro, quando il sole è a picco e c’è spazio solo per il riposo, la chiacchiera e la meditazione.
Il musicista e narratore Zülfü Livaneli, considerato il Bob Dylan turco, sottolinea l’umanità e la convivialità che congiungono e aiutano a superare gli odi atavici tra Atene e Ankara e che ‘fanno sì che siano più le cose che ci accomunano che quelle che ci separano’.
Proprio sulla convivialità si basano le fondamenta di una delle più celebrate ‘invenzioni’ di questo variegato, inafferrabile territorio: la dieta mediterranea.
É la food-writer inglese Rachel Roddy a parlarci del modello alimentare più conosciuto, studiato, frainteso del mondo.
“Comunque lo si voglia definire, il Mediterraneo appare in crisi: trascurato dall’Unione europea che guarda alle coste nordafricane e levantine solo come minaccia e risorsa energetica, è il crocevia di una delle più grandi migrazioni della storia”
Al fenomeno migratorio e alle morti in mare, di cui Annalisa Camillli, giornalista di Internazionale, è una delle maggiori esperte italiane, è dedicato l’articolo che racconta la storia di un naufragio e delle responsabilità europee nella gestione dell’emergenza.
Spostandoci a Levante, la scrittrice Hyam Yared ci racconta del suo Libano, dai ricordi di un passato brillante, di infinite lacerazioni e altrettante ricomposizioni.
A volare per ogni dove, a insinuarsi nelle più anguste insenature sono le divinità ancora presenti nel Mediterraneo, i quattro venti: bora, scirocco, mistral e meltemi, che sono lo stesso vento che, in ciascun paese, prende nomi diversi. Nick Hunt, autore di narrativa di viaggio, racconta la loro storia, di come plasmino usi, costumi, colture, miti e architetture del Mare Nostrum.