Il drammaturgo e protagonista della vita intellettuale e politica ceca ha ispirato il Festival delle Buone Memorie: in scena in giro per la Lombardia gruppi teatrali studenteschi che raccontano storie di resistenza umana e civile
New wave made in Prague. A voler essere un po’ banali e riduttivi, questa potrebbe essere un’espressione più o meno appropriata per ricordare al pubblico europeo una delle figure più singolari – e forse poco ricordate – da parte dei popoli del vecchio continente (metafora polverosa e old-style, ma è così). Ci si riferisce a Václav Havel (1936-2011), intellettuale, scrittore, drammaturgo e ultimo presidente della Cecoslovacchia, oltre che primo capo di Stato della Repubblica Ceca, alla sua nascita.
La spinta di cambiamento portata da un uomo di teatro in un Paese in ginocchio ha fortunatamente stuzzicato gli organizzatori del MemoFest, il Festival Teatrale delle Buone Memorie, arrivato a spegnere la quarta candelina. A ottant’anni dalla nascita di Havel – protagonista della lotta per la libertà nel suo Paese, leader della Rivoluzione di velluto che nel 1989 rovesciò il regime e autore di opere come L’opera dello straccione (1975) e L’udienza (1978) – il Festival ha dunque scelto di celebrarne il profilo.
La figura di Havel è servita quindi da ispirazione alla programmazione del Festival, reduce dal buon successo di pubblico delle passate edizioni e che, anche in questa, ha finora registrato molto interesse: oltre 2.000 spettatori, quasi 200 interpreti, diversi gruppi di studenti impegnati sul palcoscenico. Una manifestazione che, per l’appunto, connette in maniera intensa e profonda le realtà scolastiche e universitarie a quelle legate ai diritti civili dei popoli di tutto il mondo. Sono venti i gruppi scolastici che hanno aderito quest’anno, mettendo in scena tutte quelle storie che raccontano di uomini e donne dimenticati, perseguitati e torturati: un viaggio che ha allestito opere dedicate ai desaparecidos, alla diversità, alle migrazioni dal Mezzogiorno d’Italia verso il nord negli anni Quaranta.
Il sipario si è levato su questi giovani attori dallo scorso 4 maggio, dopo la presentazione del progetto avvenuta a fine aprile al Centro Ceco di Milano, dove si è idealmente sancita la ‘complicità’ tra l’iniziativa e l’omaggio ad Havel, nominato «Giusto» dalla onlus Gariwo, titolo di origine biblica per definire chi ha salvato gli ebrei dalla persecuzione nazista e che poi si è esteso a tutte quelle personalità che hanno difeso i diritti umani in ogni parte del mondo. E dopo aver simbolicamente ricevuto l’onore di un albero nel Giardino dei Giusti di tutti il mondo a Milano, Havel viene quest’anno celebrato anche come drammaturgo.
I suoi lavori, infatti, sono stati e sono al centro di alcune delle rappresentazioni messe in scena durante la rassegna: fino al 27 maggio, nelle varie tappe “contaminate” dall’evento (Pavia, Lodi, Monza, Milano nelle date del 4, 19, 25 e 27 del mese), spazio a titoli come Difficoltà di concentrazione, la terza pièce (1968) di Havel, che vede per protagonista un uomo (il dottor Hulm) al centro di una crisi che aliena e dissolve la sua esistenza, abbandonato alle voluttà e alla superficie patinata di una vita inutile. O Uscire di scena, l’opera che, nel 2007, lo vide tornare alla drammaturgia dopo la parentesi presidenziale, di matrice vagamente autobiografica – il protagonista è un politico che getta la spugna e si ritira dai riflettori.
Non solo Havel, però: all’interno della rassegna c’è stato posto per riletture particolari – come quella dedicata all’Ispettore Generale di Gogol, spunti e suggestioni in arrivo dal teatro di tutto il mondo che, nelle intenzioni del Festival, anche quest’anno celebra la memoria di chi lo ha reso grande. E dunque omaggi a William Saroyan, Walter Chiari e Jorge Amado ; ai premiati, invece, manufatti che rappresentano un elefante (simbolo di buona memoria e dell’iniziativa stessa) creati dagli artigiani della comunità di Babille, nell’Etiopia orientale, in modo da aiutarli a sostenere l’unicità dei loro prodotti.
Solidarietà, supporto, memoria storica: Milano e la Lombardia respirano storie di diritti civili raccontate da interpreti giovanissimi. E la nostra storia si compone anche grazie alla forza di chi ha saputo combattere per ribadire la propria umanità. Un’incursione in questi ultimi giorni val la pena farla.