Ritorno sulle scene di un progetto itinerante realizzato da Stefano De Luca, che omaggia il fondatore del Piccolo Teatro nel ventennale della scomparsa
“Il mio mestiere è quello di raccontare storie agli altri. Devo raccontarle. Non posso non raccontarle” Il lavoro dell’attore, secondo Giorgio Strehler, muove da qui. Dall’esigenza di dire, di dirsi. Non importa il contesto, che non è altro che un mezzo. Un racconto su di lui, dedicato a lui, non può che muovere da qui. E da una domanda velata di accusa, che di questa esigenza è naturale emanazione: “Non capite che il mezzo per raccontare è solo un passaggio, un pretesto per parlare con gli altri di cose che ti stanno dentro?” Raccontare storie passa attraverso il racconto di sè. Quello che fa Stefano De Luca, il guitto.
Regista, attore, innamorato del teatro da quando, bambino, i suoi occhi si sono posati sul viso di Fabiana Udenio, giovane Miranda di una Tempesta diretta proprio da Giorgio Strehler. Il maestro che anni dopo avrebbe guidato il suo percorso, e che fa da filo rosso a Maestro! Memorie di un Guitto. Un progetto potentemente milanese, quello di De Luca, che nel ventennale della scomparsa del fondatore del Piccolo Teatro supera le normali concorrenze fra sale e il timore di “bruciare” le piazze alla base della costruzione di molte tournée.
Dopo tre repliche al Teatro della Cooperativa lo spettacolo approderà infatti al Teatro Libero l’11, per poi essere ospitato tra il 20 e il 22 allo Spazio Banterle del Teatro degli Incamminati per approdare infine sotto natale, il 21 dicembre, dopo una parentesi comasca, in quel Piccolo che è stato casa sia del maestro che dell’allievo, De Luca.
Una tournèe e un lavoro che hanno tutti i crisimi dell’atto d’amore. Non solo e non tanto al maestro, ma al teatro in sè, al teatro, soprattutto, quando lo si impara.
Le memorie del giovane Stefano si snodano da Taranto e da quel primo amore scoperto sul Corriere dei Ragazzi, avvicinato tramite gli elenchi della SIP e mai confessato, fino al viaggio a Milano, ai provini e alla paura di aver perso la grande occasione, e poi invece no. L’ammissione, la scuola, il maestro che concede l’onore di assisterlo, le tante, infinite lezioni apprese e poi l’addio, quando il giovane è ormai pronto a volare da solo, come l’aviatore che ha incontrato il suo Piccolo Principe.
Un anno dopo l’altro, un frammento di ricordo dopo l’altro, sfilano tutti coloro che del Piccolo sono stati e sono parte integrante: chi ne ha reso grande la storia, chi ha imparato dai migliori e oggi sui palchi ne raccoglie il testimone prestigioso, fino ai tecnici, senza i quali la magia del teatro non esisterebbe. Citati per nome e cognome, tutti, perché in questo sfogliare le pagine della storia ogni volto ha diritto alla sua ribalta, al suo bagliore di bellezza rubata dagli occhi di un ragazzo che le è passato accanto e l’ha portata con sé.
Fra tutti il Maestro, che giganteggia coi suoi modi burberi e sorprendenti in un ritratto che rende commovente la gratitudine dell’allievo e immortale il maestro dissacrandolo e ironizzando su tic e piccoli gesti quotidiani, proprio come farebbe un guitto che alla devozione preferisce la verità.
Stefano De Luca offre agli spettatori un compendio di tecnica teatrale, un saggio che scompone e condensa in pillole tutto ciò che il teatro è o dovrebbe essere. Momenti di commozione e risata senza soluzione di continuità, un corpo guizzante e mutevole interamente al servizio della scena e che torna ad essere il primo vero strumento del teatro. Eppure, in quest’ora di gradevolissima manifestazione del mestiere dell’attore, Stefano De Luca dimostra di conoscere bene la “differenza tra essere e fare, l’attore”, direbbe Luca Ronconi. Uno spettacolo che racconta il teatro nel suo farsi che precede l’alzata del sipario, dedicato a un maestro, portato in scena da un interprete che è, un attore, è il modo migliore per appassionarsi al teatro. O per ricordarsi nel volgere di una sera i motivi per cui lo si ama.
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