Merge Up! Il bello del comporre insieme

In Musica

Un progetto interessante e innovativo che prende vita da un bando internazionale promosso da Divertimento Ensemble. La creazione collettiva di un brano musicale o multimediale. Obiettivo? Cercare un nuovo approccio alla creazione musicale superando la tradizionale figura del “compositore solo”.

Vi sarà capitato di venire a contatto con opere create da un collettivo, ovvero un gruppo di professionisti che lavorano insieme, con competenze anche diverse. Senza andare troppo sul ricercato, questo modo di lavorare si può vedere già quotidianamente, poiché una gran parte della produzione culturale moderna è creata a più mani. Tuttavia nella musica cosiddetta “colta” è decisamente più difficile imbattersi in lavori cofirmati che non vedano una divisione dei movimenti tra gli autori (come nel caso della Messa per Rossini o del Divertimento per orchestra di Berio e Maderna) o non siano il completamento di un’opera rimasta incompiuta (come il Requiem di Mozart ultimato da Süssmayr).

Nel mestiere del compositore sembra dunque essere predominante un approccio individuale al processo creativo. Per questo potrebbe risultare curioso il bando internazionale del progetto Merge Up!, indetto dal Divertimento Ensemble e Ulysses Network, in cui si mirava proprio alla creazione collettiva di un nuovo lavoro musicale o multimediale da parte di un gruppo di artisti. L’intento era quello di cercare diversi punti di vista, diversi approcci alla musica e alla creazione, distanziandosi quindi dalla tradizionale figura del “compositore solo”.

Il collettivo CUE al lavoro… (foto di Giovanni Daniotti)

L’esito della selezione ha premiato il lavoro del collettivo CUE (Creative/Union/Experience) di cui fanno parte tre giovani compositori: Giulia Lorusso (1990), Mathieu Corajod (1989) e Giovanni Montiani (1988). Un trio formatosi grazie a questa particolare opportunità, ma già legato da esperienze comuni, come lo studio della musica elettronica e la partecipazione a stessi corsi e incontri musicali. 

Abbiamo parlato con loro in vista del concerto dell’8 giugno, in cui verrà eseguito in prima assoluta Invitation to how it’s done, per otto musicisti, elettronica e…pubblico itinerante.

Come è iniziata la vostra collaborazione?
G.L. Il nostro gruppo si è formato appositamente per il progetto Merge up! che ci ha attratto subito per la sua originalità. Ognuno è stato spinto a partecipare dal desiderio di imparare dagli altri e di creare nuova musica a cui nessuno di noi avrebbe pensato da solo. Le nostre strade si erano già incrociate brevemente al Livorno Music Festival e all’Ircam, ma a riunirci sono stati i nostri gusti estetici e la stima reciproca per le opere artistiche dell’altro. 

Cosa vi ha spinto a formare un collettivo di soli compositori?
G.L.
Effettivamente il bando era aperto a creazioni multidisciplinari e in un primo momento abbiamo pensato di chiedere la partecipazione di artisti visivi o video artisti. Alla fine però abbiamo preferito evitare una dimensione incentrata troppo sulle relazioni tra discipline diverse: ci è sembrato più originale concentrarsi sul rapporto tra compositori.

Avete pensato anche alla possibilità di includerne degli altri?
G.M.
Inizialmente siamo stati tentati dall’idea di allargare la squadra, ma in questo progetto ci è sembrato più opportuno limitarci a tre persone. Volevamo evitare di scrivere un’opera che fosse solo una giustapposizione di più parti composte individualmente, per questo ci siamo scambiati materiali ed opinioni in ogni fase della creazione. Un team di quattro o cinque compositori avrebbe potuto rendere questo processo più complicato da impostare.

Come avete fatto a gestire la scrittura della partitura?
G.M.
Abitiamo in città diverse e lontane tra loro, quindi organizzavamo riunioni regolari chiaramente online, ma per comporre collettivamente avevamo bisogno di uno strumento di scrittura comune che non limitasse troppo i nostri scambi di idee. Alla fine abbiamo scelto di lavorare con il software Dorico di Steinberg, particolarmente appropriato per la notazione musicale contemporanea e con alcune funzioni molto utili soprattutto in una prospettiva collaborativa, come i “flussi” (porzioni di musica indipendenti all’interno dello stesso progetto) o la possibilità di lasciare dei commenti all’interno della parte per agevolare il dialogo. È stato un modo utile per condividere tra noi le varie bozze, apportare modifiche, utilizzare e sviluppare il materiale scritto da un altro membro del gruppo. Siamo riusciti a conferire al tutto una maggiore unità. 

Quindi se chiedessi a ciascuno di quale parte della composizione si è occupato…
G.M. … sarebbe praticamente impossibile rispondere perché le nostre idee si sono fuse talmente che non riusciremmo a risalire al colpevole!

Da quali idee siete partiti?
M.C.
L’approccio di questa call ci ha portati a mettere il tema della relazione al centro del nostro progetto. Dopo aver riflettuto sui rapporti all’interno del nostro gruppo di compositori, abbiamo voluto creare una nuova forma di relazione anche con il pubblico, offrendogli un ruolo importante in un’ambientazione coinvolgente e libera. Abbiamo scelto quindi una forma di installazione-concerto, in cui gli strumentisti di Divertimento Ensemble saranno dislocati in diversi punti delle sale Donatoni e Castiglioni (alla Fabbrica del Vapore ndr), oltre che all’esterno, e il pubblico potrà muoversi in uno spazio musicale aumentato da esplorare a piacimento durante la performance. 

Cosa intendete per “spazio musicale aumentato”?
M.C. 
Ad ogni spettatore verranno date delle cuffie a conduzione ossea e dei trasmettitori FM che permetteranno l’ascolto diffuso delle parti tecnologiche della composizione. Tutto il materiale è fornito dalla società Mezzo Forte, specializzata in tecnologia audio e importante partner del nostro progetto. La particolarità di queste cuffie è quella di lasciare libero il padiglione auricolare e comunicare direttamente all’orecchio interno. Questo crea una sorta di illusione uditiva, poiché i suoni dell’elettronica si fondono con i suoni esterni degli strumenti e dell’ambiente intorno, fornendo quindi un’esperienza di realtà aumentata in cui non si capisce più quali suoni vengono dalle cuffie e quali dalla realtà circostante.   

Sarà quindi un’esperienza molto personale.
G.M.
Sì, il pubblico vivrà la performance in modo ancora più intimo, non solo nell’ascolto ma anche in una sorta di processo di ri-composizione alternativa e parallela rispetto al lavoro già scritto. Questo perché ognuno sceglie dove muoversi e di conseguenza a quali linee strumentali dare maggior rilievo. Allo stesso tempo la sincronizzazione di tutti i musicisti e i suoni diffusi dalle cuffie dovrebbero creare una sensazione di continuità e di coerenza musicale della composizione.

È un progetto impegnativo. Come verrà gestita questa performance?
G.L.
Gli strumentisti saranno sincronizzati tra loro grazie al software Polytempo che consentirà di suonare insieme pur essendo lontani l’uno dall’altro. Si tratta di un software sviluppato presso l’ICST di Zurigo (Institute for Computer Music and Sound Technology) che permette di comporre complesse relazioni di tempo e di far suonare musica che non sarebbe eseguibile senza l’aiuto della tecnologia.

Da dove avete preso ispirazione per il vostro lavoro?
M.C.
Queste idee relative alla realtà aumentata e all’esplorazione di uno spazio musicale da parte dell’ascoltatore provengono dalle nostre precedenti esperienze individuali: installazioni, anche virtuali, lo stesso uso delle cuffie a conduzione ossea, altre installazioni-concerto… In questa occasione però hanno trovato una nuova forma.

Come avete affrontato l’idea di una creazione collettiva?
G.L.
La creatività è sempre collettiva, è il prodotto di più forze che si manifestano insieme. Lavorare a questo progetto ci ha mostrato i benefici della collaborazione e ha rafforzato la nostra comune ricerca di un’etica della creatività basata sulla cooperazione, il confronto e l’accettazione dell’altro, anziché sulla prevaricazione e la competitività. 

Alla fine dei conti la composizione collettiva richiede più o meno tempo rispetto alla composizione individuale?
G.M.
Si potrebbe pensare che il lavoro in compagnia venga svolto più rapidamente, ma per nostra esperienza abbiamo visto che non è così, poiché tutte le fasi della creazione vanno sempre discusse in gruppo e le decisioni devono essere condivise in modo soddisfacente. Molto dipende comunque dal tipo di lavoro previsto e dalla fiducia reciproca all’interno del team.

Avete altri progetti in programma?
G.L. Per il momento no, questo ha richiesto un intero anno di lavoro e ognuno di noi ora tornerà ad occuparsi dei propri impegni per un po’… Ma contiamo di poter collaborare di nuovo e presto insieme.

In copertina: Giovanni Montiani, Giulia Lorusso, Mathieu Corajod (foto di Giovanni Daniotti)

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