“Mia e il leone bianco” di Gilles De Maistre, passato con successo alla Festa di Roma 2018, racconta una straordinaria amicizia nel segno dell’innocenza infantile: e ci invita a riconsiderare il nostro rapporto con il mondo animale, anche quello più pericoloso. Offrendo al pubblico gli straordinari paesaggi sudafricani della Welgedacht Reserve, a quaranta chilometri da Pretoria
Mia e il leone bianco di Gilles De Maistre, presentato in prima mondiale alla Festa del Cinema di Roma 2018, è molto più di un bel film: è un messaggio universale, un avvertimento che riesce a penetrare in maniera incisiva nelle coscienze e a scuoterle, facendo leva sulle emozioni e sui sentimenti, attraverso il racconto di un’incredibile storia. Un legame vero, naturale e indissolubile è il fulcro e il motore narrativo del film, ed è la singolare amicizia tra una ragazzina Mia (Daniah De Villiers) e Charlie (Thor) un cucciolo di leone bianco. Per il regista francese, il ritorno a un rapporto autentico e rispettoso tra uomo e natura si può realizzare solo in un’età in cui sia l’animale selvatico che l’essere umano riescono ancora a conservare quella purezza e quell’ingenuità tipiche dell’infanzia.
Mia e il leone bianco racconta esplicitamente questo contatto, e lo fa con delicatezza e forza. La forza dell’innocenza di una ragazzina che da Londra si trasferisce con la sua famiglia in Sudafrica, dove il padre (Langley Kirkwood) ha ereditato un allevamento di leoni. A differenza del fratello Mick (Ryan Mac Lennan), Mia non ama né la sua nuova casa né gli animali. La mattina di Natale, però, nasce nella tenuta un cucciolo di leone bianco, Charlie, che riesce miracolosamente a conquistare la sua attenzione. Lentamente, la bambina e il “gattino selvatico” diventano amici e nel corso di un anno instaurano un legame molto forte. Giocano insieme, dormono insieme, lei è la sola che può avvicinarlo.
Ma Charlie cresce, e quando diventa ingombrante per il suo peso e pericoloso per i suoi istinti, i genitori decidono di rinchiuderlo in un recinto appena fuori la villa di famiglia. Nonostante la loro preoccupazione e le raccomandazioni fatte alla figlia, Mia continua a fargli visita, perché non può e non vuole perdere il contatto col suo leone. Tuttavia, quando il padre scopre che la figlia si intrufola ancora nel recinto, decide di vendere Charlie, spingendo Mia a pedinarlo per scoprire l’acquirente. Dopo una sconvolgente rivelazione, con una coda di leone che spunta dal finestrino, Mia, contro il volere dei genitori, parte in missione tra praterie, autostrade e centri commerciali, per raggiungere la riserva naturale di Timbavati, terra in cui, secondo la leggenda, il leone bianco sarebbe stato accolto come un Dio e salvato.
Mia e il leone bianco ha scenografie spettacolari (le riprese sono state fatte in Sudafrica, presso la Welgedacht Reserve a 40 chilometri da Pretoria) e un’autenticità cinematografica disarmante. Gilles de Maistre all’epoca stava lavorando a un documentario su Kevin Richardson, “L’uomo che sussurrava ai leoni”, e decise, avvalendosi della collaborazione dello zoologo, di realizzare un film per denunciare il traffico legale, ma immorale, che ruota attorno allo sfruttamento degli animali. La storia originale, puramente di fantasia, diventa quindi subito una metafora, un insegnamento di vita, come la leggenda del leone che più volte ritorna durante la visione.
La lavorazione del film è durata tre anni e ha richiesto un intenso, continuo addestramento, indispensabile per far si che il cucciolo protagonista e i piccoli attori sudafricani crescessero insieme e si instaurasse tra loro la relazione familiare e spontanea che la pellicola regala al pubblico. Un racconto profondo, toccante, adatto a tutti, che mira a sensibilizzare gli adulti attraverso un linguaggio comprensibile anche ai più piccoli, che non banalizza però il messaggio di fondo. Proprio come nelle favole, il mondo di Mia è privo di ambiguità, il nero e il bianco sono nettamente separati, così come sono individuati, senza possibilità di errore, i buoni e i cattivi. Una distinzione funzionale alle intenzioni del regista, un’amara presa di coscienza, mai scontata, che prende forma attraverso gli occhi ingenui di una bambina.
La storia è di finzione, «ma il rapporto tra Daniah e il leone è reale», assicura il regista. Le immagini del cucciolo, l’intimità tra Mia e Charlie, che dà sorprendente naturalezza alle scene, mettono lo spettatore in gabbia e mirano a un obiettivo ben preciso: sfruttando l’onda emozionale costruita anche grazie al buio della sala cinematografica, il messaggio colpisce il pubblico adulto, che tornerà a casa non con un trofeo di caccia, ma con impressi nella mente e nel cuore gli occhi azzurri del cucciolo. Un’immagine così forte e reale da abbattere tutti i gradi di indifferenza.
Mia e il leone bianco di Gilles De Maistre, con Daniah De Villiers, Thor, Mélanie Laurent, Langley Kirkwood, Ryan Mac Lennan.