Affinità elettive, giochi di rimandi, riflessioni sulla materia e virtuosismi tecnici si intrecciano nella personale di Michelangelo Galliani: scultore
Scolpisce secondo pratiche antiche Michelangelo Galliani (Montecchio Emilia, 1975), artista che ama il marmo, per lui, quasi sempre, marmo statuario di Carrara.
Galliani è un artista che non si sottrae al confronto diretto con la pietra in ogni fase della lavorazione, dalla scelta del pezzo alla sbozzatura, alla levigatura, e che crede ancora nella forza espressiva del linguaggio figurativo e nelle sue possibilità comunicative. La scultura di Michelangelo Galliani è, per citare il suo omonimo più famoso, un’arte «che si fa per forza di levare», che comporta fatica e che necessita di grande perizia tecnica: una prassi di lavoro “artigianale” in cui lo scultore elimina la materia in eccesso che cela la forma, già idealmente presente nel blocco di marmo; un procedimento in cui il lavoro manuale si intreccia con quello intellettuale.
È proprio l’artista, in un breve video realizzato per l’occasione e presente in mostra, a spiegare la propria visione della scultura e la propria dipendenza dal materiale prediletto; a celebrare le cave di marmo come luoghi di grande forza drammatica, evocate, con crudezza e poesia, dal documentario di Francesco Tarabella I cavatori (1958), proiettato in una saletta dello spazio espositivo. A indicare, infine, nell’uso reiterato del “non finito” l’escamotage per rendere visibile, all’interno delle opere, il momento in cui il lavoro dell’artista finisce per lasciare spazio e voce a quello della natura, per evidenziare lo stato originario della materia.
E, se questo video non ci fosse, a spiegare tutto questo basterebbero le opere esposte alla Galleria Giovanni Bonelli. Sono soprattutto volti di marmo che, in un gioco di materiali, cromie, superfici e consistenze, dialogano con quadri di ardesia, d’oro, di piombo, di stagno, che sembra vogliano negare alle sculture una delle loro peculiarità: la possibilità, anzi la necessità, di una visione a 360°, che però, nella maggior parte dei casi, è risarcita dalle proprietà riflettenti degli stessi supporti. Opere in cui sono ben riconoscibili le citazioni, i rimandi, le fonti di ispirazione: dal già citato Michelangelo Buonarroti, a Medardo Rosso, ad Alfonso Wildt, un esercizio divertente sia per chi studia storia dell’arte, sia per gli appassionati della materia.
“Michelangelo Galliani. Marmo solo vol 2″, Galleria Giovanni Bonelli, fino al 28 febbraio 2015