Viva l’Italia: le morti di Fausto Tinelli e Lorenzo Iannucci detto “Iaio”, scandagliate attimo per attimo, rivivono negli occhi emozionati e sensibili del pubblico
“Prevedo la spoliticizzazione completa dell’Italia: diventeremo un gran corpo senza nervi, senza più riflessi. La strada maestra, fatta di qualunquismo e di alienante egoismo, è già tracciata. Resterà forse, come sempre è accaduto in passato, qualche sentiero: non so però chi lo percorrerà, e come.”
Pier Paolo Pasolini
La lucida preveggenza di Pasolini aveva già individuato, negli atteggiamenti, nelle posture, nella fisicità degli Italiani una predisposizione ad una forma di servilismo meschino e abbietto.
Mano a mano che è andata profilandosi quella che oggi conosciamo come la moderna società dei consumi, si è assopita forse la parte migliore dell’Italia, la sua grazia umile e pura.
Ad avvicinarsi alla vicenda dei due giovani uccisi a Milano, la sera del 18 marzo 1978 sono uno scrittore Italiano, Roberto Scarpetti, e un regista Argentino – César Brie – di Buenos Aires (Come il corso di Milano dove si trova il Teatro), che ha vissuto sulla sua pelle le persecuzioni di regime ed è stato costretto ad auto-esiliarsi a Milano, nel 1974.
A teatro
Mentre la narrazione dei fatti storici comincia a dispiegarsi agevolmente, dietro alle parole sopra cui poggia la comprensione di ciò che avviene sulla scena, la macchina teatrale innescata da Cesar Brie comincia a muoversi, con fantasia ed eleganza.
Si percepisce un’innata propensione alla libertà, intesa come esercizio e insieme opportunità estetica; opportunità d’incontro e di relazione. Così gli attori, attraverso la loro forma di comunicazione glorificata si parlano, e inscenano con dovizia di particolari, più che solo una “commemorazione” o una rappresentazione di un “fatto” storico, un vero e proprio dispositivo di potere, particolareggiato e perfettamente funzionante, che regola la nostra società e le nostre interazioni.
Una spaventosa nota tragica corre lungo il profilo dei tetti di Milano, nella penombra della sera
Momenti di pantomima brillante si alterano a monologhi intensi ed elevati, che interrogano la storia e i motivi dell’essere umano.
Grandi temi come la Maternità, l’Amore, il Dolore, la Morte si fanno immagini semplici, che tolgono il fiato e accendono lacrime di comprensione.
Non esistono fraintendimenti…è atroce, tragico, reale, ed è Teatro.
Nell’allestimento di César Brie, Viva l’Italia, non ci sono pareti. “La scena è una soglia” che chiunque può attraversare. Una soglia, come quella che esiste fra la morte e la vita, fra la gioventù, e l’età adulta, fra la verità e la menzogna, fra la vita e il teatro.
Il teatro era pieno, quasi trasparente, come un respiro, a lasciar intravedere i retroscena; luoghi dove si percepisce l’inespresso, il latente. Ciò che pulsa e non ha voce
Non si tratta semplicemente di uno spiccato senso civico, di uno spettacolo volto “al sociale” … ma c’è un più profondo motivo che anima ogni intenzione sulla scena , ogni incontro, ed è quello sempre vivo del ricordo, della memoria che contro il tempo resta ancorata ad un’immagine.
Bellissima, infine, la madre di Fausto, colta in alcuni spaccati di vita così sofferta. Lei, Angela – interpretata da una bravissima Alice Redini – ancora pura, riflessiva… che coraggio, che anima dolce e che occhi velati dal pianto. A lei le parole: “Viva l’Italia”.
Un Italia che rinnega sé stessa, che non è più l’Italia che fu una volta, che di lì a poco sarebbe ulteriormente cambiata. In meglio, in peggio… chi lo sa?
Di certo c’è che lo spettacolo è bello, intenso, riflessivo, tragico.
Di certo c’è che César Brie nel suo essere legato a “valori antichi”, come dice lui stesso, conferma che le Muse riposano in quell’area che è del semplice, del buono e del gentile.
Di certo c’è che Fausto e“Iaio” sono morti a Milano, all’altezza di via Mancinelli.
Morti ragazzi e che in qualche modo, pur non avendoli mai conosciuti, se ne sente la mancanza.
Foto di Luca del Pia
Domenica 18 Marzo 2018 il teatro apre a una replica straordinaria.