La città contiene le ipotesi di altre città, quelle dei progetti mai realizzati che ne avrebbero cambiato il volto. Le racconta un video di Francesca Molteni
Come sarebbe stata la nostra città se, anziché su quelli effettivamente realizzati, fosse stata edificata sui tanti progetti non approvati e messi in disparte? La Milano possibile, quella mai vista è al centro del lavoro che Francesca Molteni ha condotto sulla base di attente esplorazioni d’archivio: ne è nato un video che in 15 minuti racconta questa storia.
Partendo dunque dalla fine dell’Ottocento per arrivare ai giorni nostri Milano è cambiata radicalmente almeno tre volte: con il piano regolatore (termine forse nuovo per quei tempi) del 1884, con cui il Comune decideva di passare da città a metropoli; poi con quello del 1926, dopo la prima guerra mondiale, realizzato anche sulla spinta di un’accesa modernità; e infine con quello avviato sulle rovine del secondo grande conflitto, con siti e lavori che ancora ci interessano. Tra ciascuno di essi un intervallo di circa 40 anni, ma ad ogni cambiamento un salto di scala verso nuovi orizzonti di scenario, mobilità e vivibilità. E ad ogni cambiamento anche «un cimitero di impalpabili macerie e di intenzioni rimaste solo su fogli di carta». Dagli scavi e ricerche d’archivio della Molteni, ecco dunque queste impalpabili macerie prendere forma e mettersi in posa per edificare una Milano potenziale in cui tutti noi avremmo potuto abitare, muoverci e lavorare: insomma vivere.
La ricostruzione offre un preciso impianto narrativo tempo-spazio, regolato sulla successione dei tre piani urbanistici e poi sulle principali e ben note vie, piazze e quartieri. E così apprendiamo che Corso Venezia sarebbe dovuta diventare un grandioso viale di collegamento fino a Monza, prestandosi anche a visionarie e futuristiche “vie parallele” scavate o sopraelevate: quasi una metropolitana ante litteram. E che Piazza del Duomo, una volta sgombrata dalla tanta edilizia minuta del passato, si presentava come “un grande vuoto, una grande pianura silenziosa”, ma anche come un invitante spazio da circoscrivere con ardite torri oppure da ricoprire di verde, fino alle recenti proposte di Renzo Piano e Claudio Abbado.
Altra palestra di creatività liberata dalla scorie del passato, piazza San Babila da configurare con cubi di cemento per edilizia direzionale oppure con creative soluzioni per commercio, intrattenimento e spettacolo. E poi la grande arteria dalla Stazione Centrale verso il centro, oggetto di magiche visioni con fontane e trionfali sfilate di obelischi ma anche, e più in concreto, con i primi slanciati palazzi uffici in stile americano. Sorte analoga, e ci avviciniamo ai giorni nostri, l’area delle Varesine e Porta Garibaldi che, anziché gli odierni “prismi vetrosi”, avrebbe potuto ospitare severe strutture a blocchi in stile sovietico.
Tra gli altri luoghi del contendere figurano Parco Sempione, Porta Vittoria e l’area del Portello con l’ex Fiera Campionaria. Ma il progetto forse più ambizioso – presente già nel primo piano regolatore e sempre irrealizzato – riguarda Corso Sempione che, ideale prosecuzione di Via Dante e attraversato il Castello, sarebbe dovuta diventare una strada di grande traffico fino al Ticino: ma tagliando di netto il Parco e prestandosi anche a colossali speculazioni edilizie. In questo caso, ovviamente, nessuna malinconia ma invece un compiaciuto sorriso.
Il video di Molteni è costruito con insolite immagini dall’aspetto, per così dire, “super-panoramico” – al pari di due schermi tra loro accostati – soluzione che, oltre a inquadrature d’ampio respiro, favorisce la narrazione parallela e simultanea sia tra progetti diversi che tra le due realtà: quella della città che tutti conosciamo e quella virtuale dei tanti disegni d’archivio. Altro pregio del documentario, alcune sequenze dall’alto condotte con un drone – la macchinetta volante simile a un micro elicottero telecomandato – per suggestive inquadrature, panoramiche e zoomate in ripresa aerea.
Il lavoro di Molteni curato da Fulvio Irace e Gabriele Neri e prodotto da Muse Project Factory, è stato il protagonista della mostra Milano Mai Vista di recente alla Triennale, supportata da un agile ma interessante libretto della Editoriale Domus. Per i lettori di Cultweek è possibile rivederlo qui ( password: muse)
Foto: Alessandro Rizzo