Attore popolarissimo in Giappone, Koji Yakusho è l’eccellente protagonista, premiato al Festival di Cannes, dell’ultimo film del regista tedesco. Sospesa tra passato e presente, colori della natura e grande rock americano, la storia di Hirayama, che vive in un equilibrio fatto di generosità e rispetto, si racconta in una sequenza di giorni perfetti, uguali e diversi. In una bolla di vita, solo turbata dall’apparizione dell’amata nipote, in cui anche dettagli e minuzie producono senso e pathos
Hirayama (Kôji Yakusho) – protagonista di Perfect Days, l’ultimo film di Wim Wenders – pulisce i bagni pubblici di Tokyo con cura maniacale. È il suo lavoro, ma lui la vive come una sorta di missione, a cui dedicare attenzione, energia e passione. Ogni giorno esce di casa all’alba e segue una routine meticolosa, ossessiva quasi, fatta di gesti misurati e parole centellinate, sguardi premurosi e contatti umani essenziali. Parla pochissimo Hirayama, ma sorride molto. Legge, ascolta musica, osserva stupito i colori della natura: alberi e foglie, ombre cangianti e abbacinanti riflessi di luce che insegue con lo sguardo e fissa con la macchina fotografica che porta sempre con sé, come un amuleto. Hirayama porta lo stesso nome del protagonista dell’ultimo film di Yasujirō Ozu, Il gusto del sakè, e come quel personaggio si muove nel mondo con circospetta generosità e con la serena compostezza di chi ha scelto la solitudine e ha fatto pace con il passato.
Perfect Days racconta una lunga sequenza di giorni perfetti, tutti uguali e tutti diversi, tante magnifiche variazioni sul tema, fatte di minuscole increspature, deviazioni imprevedibili, incontri sorprendenti, tra albe incantevoli e tramonti sereni, una quotidianità scandita da riti pigri e confortanti, buone letture (William Faulkner e Patricia Highsmith, tra l’altro) e magnifica musica, rigorosamente analogica. Il protagonista ascolta solo audiocassette, con il meglio del rock americano degli ultimi decenni, a partire dagli Animals di House of the Rising Sun, che aprono il film, per continuare con Patti Smith, Van Morrison, Janis Joplin, Nina Simone, Otis Redding e Lou Reed.
Koji Yakusho, premiato all’ultimo festival di Cannes come miglior attore, è un divo in Giappone, ma per lo spettatore occidentale la sua faccia è quasi sconosciuta, anche se forse qualcuno se lo ricorda in Babel di Alejandro Inarritu o in 13 assassini di Takashi Miike. Grazie alla sua quieta e magnetica presenza, questo film fatto di pochi sceltissimi ingredienti, intessuto di silenzio e di luce, cresce sotto i nostri occhi creando una sorta di danza ipnotica, dove tutto ciò che è fragile trova un senso, un riparo, e l’incontro con l’altro diventa un gioco di ombre che si sovrappongono, a volte si calpestano, talvolta riescono a trovare un equilibrio, forse precario, di certo temporaneo, comunque fatto di generosità e rispetto. Un film prezioso, raffreddato e struggente, tra i più belli ed emozionanti dell’intera filmografia dell’autore tedesco. Pura poesia che nasce dalle piccole cose e sa trasformare dettagli e minuzie in mirabili costruzioni di senso.
Perfect Days di Wim Wenders, con Kôji Yakusho, Tokio Emoto, Arisa Nakano, Aoi Yamada, Yumi Asô