La regina del giallo inglese considerava “è un problema” (pubblicato nel 1949) uno dei suoi libri più riusciti. Lo portano ora sullo schermo, con più che buoni esiti, il promettente regista francese Gilles Paquet-Brenner e Julian Fellowes, lo sceneggiatore di “Gosford Park” e in tv di “Downtown Abbey”: grazie alla straordinaria prova dell’attrice americana, al valido protagonista Max Irons e a molti efficaci comprimari (Gillian Anderson, Christina Hendricks, Terence Stamp e Julian Sands) il film conduce senza cali di ritmo alla risoluzione del mistero, forse con un finale un po’ troppo sbrigativo
Ben tornato, film giallo. Ben tornata, signora Christie. Nel marasma di thriller polizieschi quasi horror, detective stories spolverate d’azione e finti noir più o meno intimisti, un po’ ci mancava l’indagine vecchia maniera. Eppure bastava così poco: una casa (meglio se isolata in campagna e di famiglia nobile), una vittima (meglio se con tanti parenti e senza testamento) e un investigatore (meglio se con aiutante, ma all’occorrenza si fa con quel che c’è). Ovviamente lo sapeva bene Agatha Christie, tanto da annoverare con convinzione il suo romanzo È un problema tra i migliori mai scritti. Mistero a Crooked House, adattamento più o meno fedele dell’opera, non poteva quindi che seguirne le orme, ricalcandone le atmosfere e infischiandone di chi negli anni ha relegato (troppe chiacchiere e poca azione?) indizi, sospetti e strumenti del delitto all’intimità dello schermo televisivo.
E se la ricetta del successo di un buon film, come di una buona investigazione, sta nel perfetto e progressivo combaciare di ogni pezzo del puzzle, il pur promettente Gilles Paquet-Brenner (già alla regia nel thriller Dark places – Nei luoghi oscuri), oltre a dirigere con raffinatezza e mestiere confezionando un prodotto visivamente più che godibile, ha soprattutto il merito di affidarsi a un enigmista d’eccezione: tra gli autori della sceneggiatura, con il regista francese, spicca infatti il nome-garanzia di Julian Fellowes, vero e proprio maestro del giallo all’inglese su grande e piccolo schermo, premio Oscar con il gioiello Gosford Park e vincitore di un meritatissimo Emmy Award per la serie tv Downtown Abbey. Il mix, per buona parte delle due ore di proiezione, funziona alla perfezione, costruendo e alternando atmosfere alla Casablanca, incursioni nella Londra anni ’60 della Swinging Soho e dei Teddy Boys, interni vittoriani e un’arguzia nei dialoghi degna di Oscar Wilde o del Woody Allen più noir.
Non che dall’altro lato della macchina da presa manchino le qualità, anzi: a guidare un cast composto per lo più da ottimi caratteristi, da Gillian Anderson a Christina Hendricks, da Terence Stamp a Julian Sands, è l’intramontabile Glenn Close, al cui cospetto il pur valido Max Irons, in teoria il protagonista del film, pare poco più che uno studentello alle prime armi. L’attrice settantenne, alla cui sala dei trofei mancherebbe solo un sacrosanto Oscar (sei nomination e nessuna vittoria, misteri dell’Academy) è il vero deus ex machina di vicenda e pellicola, spettrale e cinica capofamiglia in stivali, fucile e sorriso di chi la sa più lunga di chiunque altro. È lei, ben più della giovane Stefanie Martini e della giovanissima Honor Kneafsey, a fare letteralmente gli onori di casa nella “crooked house” (in inglese “crooked” si traduce sia come “storto, sbilenco”, che come “disonesto”), dalle prime battute a un epilogo per certi versi forse sorprendente, sicuramente un po’ troppo frettoloso per quanto ottimamente costruito nel resto del film.
Sì, perché, per quanto buona educazione voglia che non si racconti nulla della conclusione, è innegabile che i titoli di coda si accompagnino a un retrogusto agrodolce di occasione perduta. Proprio in quanto controverso “da contratto” (gli eredi di Agatha Christie hanno concesso i diritti dell’opera a patto che nulla fosse modificato), il finale sarebbe stato l’occasione perfetta per calcare la mano su quel latente senso di black humor che aveva pervaso la narrazione fin lì. Eppure, a un passo dal meritato traguardo, il team Paquet-Brenner/Fellowes sceglie invece di mischiare leggermente le carte alla ricerca del crescendo verso un climax non richiesto, sterzando improvvisamente e senza motivazione alcuna sulla strada fin troppo seriosa della chiusura drammatica con tanto di lacrimoni, per poi troncare di netto un racconto che forse avrebbe meritato qualche pagina in più.
Mistero a Crooked House di Gilles Paquet-Brenner, con Glenn Close, Gillian Anderson, Christina Hendricks, Terence Stamp, Julian Sands, Max Irons, Stefanie Martini, Honor Kneafsey