Per Mario Missiroli il cuore del problema italiano affrontato in Monarchia socialista è il rapporto non libero tra la Chiesa di Roma e il Regno d’Italia
L’editore Le Lettere ha recentemente proposto una nuova edizione di Monarchia socialista, il primo saggio storico-politico di Mario Missiroli, quello che contiene in nuce – come spesso accade – tutti i risvolti e le ramificazioni successive del suo pensiero.
Una vita dedicata al giornalismo, i primi articoli a 15 anni nella sua Bologna, antifascista anche prima che Mussolini diventasse il Duce (Mario e Benito si sfidarono in un duello d’onore il 13 maggio 1922 a Milano per mettere fine ad accuse e insulti reciproci, ma lo scontro non ebbe un vero vincitore). Direttore di ben quattro quotidiani nazionali: il Resto del Carlino e il Secolo prima della dittatura fascista, poi alla guida del Messaggero nel ’46 e del Corriere della Sera per dieci anni (1952-1961).
I suoi saggi seguono la lucidità dei suoi articoli, analizzando i fatti reali della politica e della società italiana in chiave tutta ideale, filosofica, spirituale. E il cuore del problema italiano – affrontato in Monarchia socialista e poi più volte rivisitato – è il rapporto non libero e anzi gravoso tra la Chiesa di Roma e il Regno d’Italia.
Nella sua lettura lo spirito europeo ha sempre avuto come base etica la religione cristiana, ma in Italia non è mai avvenuta quella rivoluzione morale e civile che il Protestantesimo ha portato negli stati del nord Europa, e questo per colpa dell’ingombrante presenza della Chiesa che non si può piegare e ridurre entro i confini del singolo Stato: la sfera spirituale è rimasta dunque esterna, altra rispetto a quella civile. In questa ottica, il Cinquecento è il secolo decisivo perché quello in cui le monarchie del nord iniziano il proprio processo di unificazione politica e delle coscienze; in Italia, a quell’epoca, nel ceto intellettuale, per usare l’espressione di De Sanctis, «tutti ridevano».
Missiroli dunque, alla vigilia della Prima Guerra Mondiale, già registrava l’insufficienza del movimento risorgimentale. E il merito di essere stato la prima voce fuori dal coro dei sognatori gli va riconosciuto, pur in tutti i limiti che sono stati riscontrati nella sua visione storico-politica. Giovanni Gentile, che recensì Monarchia socialista nel 1914, mise subito in evidenza l’originalità del discorso di Missiroli ma non mancò di criticare a lungo la poca oggettività e l’impossibilità di ridurre l’intera storia d’Italia dal 1848 in poi a semplice problema religioso. Il saggio di Gentile, assieme a uno di Adriano Tilgher sul sistema storico di Missiroli, è aggiunto in Appendice in questa edizione e sono utilissimi per saperne di più sulle reazioni a questa voce fuori dal coro.
Ma perché “monarchia socialista”? Questo è l’altro tema chiave affrontato da Missiroli nei brevi saggi che compongono questo libro. Ovvero l’idea che la volontà giolitiana di rivolgersi alle masse e governare con la vicinanza politica dei socialisti, in regime di monarchia quale era quello italiano del primo Giolitti a cavallo tra Otto e Novecento, non sia stata una mossa politica audace e in grado di dare nuovi orizzonti alla governabilità in Italia, bensì un raro esempio di debolezza e regressione. Uno Stato che tollera la coesistenza di visioni e ideologie lontane fra loro come liberalismo e socialismo è uno non-Stato perché non capace di imporsi alla mente dei cittadini.
Il socialismo, poi, secondo Missiroli, ebbe il demerito di spostare l’attenzione della politica dalle idee all’economia: ancora molto lontano dal marxismo, non ha saputo trasmettere una coscienza di classe, non si è contrapposto alla nascente borghesia industriale, non ha quindi costituito un’antitesi necessaria per la nuova classe dirigente italiana. L’inutilità ideale del primo socialismo italiano (nato nel 1892!) è stata paradossalmente la causa della sua partecipazione partitica in Italia, dove la monarchia l’ha accolto a braccia aperte. E l’Italia divenne così una monarchia socialista né monarchica né socialista. Uno Stato debole.
La mancanza di un’antitesi politica seria e l’insoluto problema del rapporto tra Stato e Chiesa (evitato e non risolto dalla formulina cavouriana “libera Chiesa in libero Stato”) sono le chiavi d’interpretazione utilizzate da Missiroli per far luce su un problema sociale ancora oggi evidentissimo in Italia, ossia la totale assenza di un’etica civile condivisa. E se pure la lettura di Monarchia socialista appaia a tratti difficoltosa e non priva di sbandamenti, la lucidità di Missiroli nelle sue analisi storiche invita alla riflessione su tematiche di prim’ordine per l’enorme incisività sulla vita cittadina italiana di tutti i giorni.
Mario Missiroli, Monarchia socialista, Firenze, Le Lettere, 2015 (15 €)
Immagine: Rescued: Piazza San Pietro di A.Davey