Lo humor, il piacere della trasgressione, la beffa verso il politicamente corretto, la critica all’imbecillità del potere in “La storia di Mortimer Griffin”
Si ha un po’ paura a prendere in mano un libro di Mordecai Richler perché il confronto con La Versione di Barney è inevitabile ed è difficile riuscire due volte a essere così sorprendenti, spiazzanti, divertenti.
Beh, in La storia di Mortimer Griffin, scritto nel 1968, quindi trent’anni prima di Barney, ritroviamo gli elementi che conosciamo tipici di Mordecai e cioè lo humor ebraico, il piacere della trasgressione, la beffa verso il politicamente corretto, la critica all’imbecillità del potere, insieme alla maschera di cinismo che nasconde sentimenti e valori profondi.
La storia è una miscela confusa di situazioni esagerate e paradossali che prendono le mosse dalla vita vera e sono ancora attualissime: la crisi dell’editoria, lo strapotere delle multinazionali, il matrimonio che fa appassire l’amore, i tradimenti, l’educazione dei figli, l’ossessione per la giovinezza…
La trama è ingarbugliata (volutamente?) e spesso si perde il filo ma i personaggi e soprattutto i famosi dialoghi di Richler sono irresistibili.
L’ambiente è quello della Swinging London, che Richler aveva conosciuto bene durante il suo lungo soggiorno in Inghilterra.
Il protagonista è Mortimer Griffin, un editor della Oriole Press, una raffinata casa editrice. Ha quarantadue anni, buoni studi, buona famiglia, buon carattere, buoni sentimenti. E poi è alto e bello, ha ‘una faccia in cui tutto era nitido e chiaro, inconfondibilmente wasp’. Un modo inequivocabile per suggerirci che non era attraente né fascinoso per la moda radical del momento. Griffin si vergogna di essere così normale, teme che la sua assenza di pregiudizi nei confronti di ebrei, neri, omosessuali, nasconda un razzismo inconscio, si colpevolizza, e fa gaffe a catena per rimediare.
E’ perplesso e disgustato davanti alla moglie di Joyce, ossessionata di essere sempre à la page, e in grado di incarnare tutte le demenze della contro-cultura anni sessanta. In assoluta buona fede e imbecillità la signora Joyce fa di tutto per rovinare il figlio Dug, delizia del cuore di Mortimer, e ci riesce.
Esilarante la descrizione della recita alla scuola alternativa che frequenta, in cui i bambini mettono in scena Sade tutti nudi, facendo una gara a trovare tutti i sinonimi più osceni della parola “cazzo”, per liberare la loro sessualità.
Il ménage relativamente tranquillo di Mortimer viene sconvolto quando la Oriole Press viene acquisita dal Creatore di Stelle, misterioso-mostruoso proprietario di una iper-multinazionale hollywoodiana. Su di lui si vocifera addirittura che, per sconfiggere la vecchiaia, si sia fatto impiantare parti del corpo dai suoi dipendenti. In quella terrificante redazione arrivano splendide redattrici pettorute che, per essere assunte, devono sottoporsi per contratto all’isterectomia. Ma non basta: viene lanciata una nuova collana trash, La Storia Vivente, che ha per protagonista un personaggio di secondo piano. Mortimer è sicuro di un flop clamoroso, ma – guarda caso – il protagonista muore tragicamente in un misterioso incidente subito prima dell’uscita del libro, che grazie alla tragica morte ripresa ampiamente dalla stampa, diventa un best-seller. E dopo quella prima volta, le morti misteriose
continuano puntualmente a ripetersi all’uscita di ogni nuova opera.
Mortimer sospetta, ha paura, e come se non bastasse, la moglie lo tradisce col suo miglior amico. Teme di essere impotente e viene sedotto dalla più bella delle redattrici. Il Creatore di Stelle non avverte minimamente il disagio di Mortimer e si complimenta con lui per il suo bellissimo sistema linfatico…
La storia di Mortimer Griffin, di Mordecai Richler, Adelphi, pp 243, € 18
Immagine: 1960s Swinging London