Regista e protagonista (nel ruolo di un regista…) del suo film n.14, l’autore romano ritrova una grande creatività raccontando di politica e amore, crisi e rinascite, Storia e storie, nella sinistra italiana degli ultimi decenni. Con relative complicate famiglie, dove trovano posto Margherita Buy e Silvio Orlando, Barbora Bobulova e il produttore Mathieu Amalric. Un bilancio ironico e autoironico, un omaggio a Fellini, un film abitato dalla gioia e innervato di energia. Sarà in concorso al Festival di Cannes 2023
Il personale è politico: è in questo slogan tanto in voga negli anni Settanta del secolo scorso, e poi caduto un po’ in disuso, che sembrano racchiusi il senso profondo e la vera ragion d’essere del 14° film di Nanni Moretti, Il sol dell’avvenire. Il protagonista è sempre lui, Nanni Moretti in persona, che fa il regista, si chiama Giovanni, prende gli antidepressivi, mangia tanti dolci e affastella tic e manie da ossessivo-compulsivo a denominazione di origine controllata. Giovanni ha una moglie di nome Paola (Margherita Buy) che gli produce i film e non lo sopporta più. Lei vorrebbe lasciarlo ma non osa, e intanto arreda la casa nuova dove intende rifugiarsi e si confida con uno psicoanalista dalla faccia buffa (Teco Celio). Lui si aggira sul set come una specie di Savonarola dallo sguardo incendiario e dalla voce suadente, disgustato dal mondo e scandalizzato da (quasi) tutto ma sempre squisitamente educato, anche quando spiega con esilarante pazienza a un giovane assistente che una volta in Italia c’erano i comunisti, e no, non erano russi che si erano trasferiti in Italia, erano proprio italiani che credevano nel comunismo.
Proprio di loro parla il film nel film: ambientato nel 1956 nel quartiere romano del Quarticciolo, dove Ennio, giornalista dell’Unità e segretario della locale sezione del PCI (Silvio Orlando), accoglie con entusiasmo l’arrivo da Budapest del circo Budavari, ma subito dopo si ritrova in crisi, quando deve decidere come reagire all’invasione dell’Ungheria da parte dei carri armati sovietici. In bilico tra la necessità di ubbidire agli ordini del partito (incarnato da un silente e minaccioso Togliatti) e dalla voglia di seguire la gioiosa idea di rivoluzione incarnata dall’entusiasta compagna Vera (Barbora Bobulova), il povero Ennio arriverà a un passo dal suicidio.
Intanto il regista Giovanni si interroga sulla rappresentazione della violenza al cinema, interpellando fra l’altro Chiara Valerio, Renzo Piano e Corrado Augias, oltre al Kieślowski di Breve film sull’uccidere; gira di notte in monopattino con il co-produttore francese (Mathieu Amalric); si indigna alla vista di un paio di sabot rosa e sogna di fare un musical sulla storia di una coppia che rimane insieme per quarant’anni senza mai smettere di amarsi. L’intreccio fra le due storie e i due piani temporali è continuo, costruito con mirabile fluidità, contraddistinto da una libertà creativa che incanta e diverte, commuove e strappa non poche risate. Anche quando la penna che scrive la sceneggiatura (che Moretti firma insieme a Francesca Marciano, Federica Pontremoli, Valia Santella) si intinge di malinconia, ripensando a ciò che eravamo e interrogandosi su ciò che siamo, e soprattutto su quello che avremmo potuto diventare. Se.
La storia non si fa con i se, dicono. E invece si può fare proprio con i se, ribatte Moretti: con l’utopia, l’immaginazione, il sogno che non si arrende. La forza del cinema è proprio questa: esplorare l’universo del se. What if… E pazienza se nel linguaggio del marketing da piattaforma digitale tutto si gioca, o si dovrebbe giocare, sulla riuscita o meno del fatidico momento “What the fuck”. Moretti se ne fotte, giustamente, inevitabilmente, e dichiara con sorridente leggerezza: non me ne importa proprio niente del pubblico. Ma subito aggiunge sornione: sì, lo dico, lo diciamo tutti, ma non è del tutto vero. E chissà se in questa battuta c’è da leggere un riferimento neanche tanto velato allo scarso successo del suo film precedente, Tre piani.
Comunque sia, Il sol dell’avvenire, che sarà in concorso a maggio, nell’imminente Festival di Cannes 2023, è anche e soprattutto un bilancio ironico e autoironico, un mettersi in gioco riflettendo su di sé e sul mondo, sulle proprie personali idiosincrasie, sulla vita e sulla politica, ancora e sempre. E sul cinema, a partire dal magnifico omaggio a Fellini. Un film abitato dalla gioia, innervato di energia, illuminato da una sapida ironia. Un viaggio nella nostra storia, nei miti della sinistra, negli sconforti, nelle sconfitte, negli entusiasmi, tra discese ardite e risalite. Un film che alla fine ti lascia in bocca un sapore di rinascita. Nonostante tutto.
Il sol dell’avvenire, di Nanni Moretti, con Nanni Moretti, Margherita Buy, Silvio Orlando, Barbora Bobulova, Mathieu Amalric, Teco Celio