Di nuovo il famoso Amadeus che il regista Alberto Oliva rimette sul palco rileggendo le parole di Puskin. Tra gli interpreti il “demone” Mino Manni e Lorenzo Palla
Mozart e Salieri: il titolo parla già di un binomio, allude a un rapporto dicotomico tra due figure di successo, di un genio della musica e di un musicista ambizioso.
La storia di Wolfgang, compositore di straordinario talento, è vissuta dall’amico Antonio Salieri con invidia, con un risentimento che non si ferma alla realtà dei fatti ma che accusa persino Dio di aver concesso a lui la sola passione e a Mozart, che invece considera un “profano”, il vantaggio del genio.
Alberto Oliva, regista e drammaturgo insieme a Mino Manni (in scena nel ruolo di Salieri), spiega nel foglio di sala come si sia rifatto in primis all’opera omonima di Puškin, poi al Soccombente di Bernhard, ai libretti dello stesso Mozart e agli studi sulle influenze massoniche che hanno condizionato la sua produzione. Ma tutto questo, in scena, si intuisce flebilmente.
Certo, lo scontro è chiaro: l’avversione di un Salieri incappucciato è fin troppo manifesta nei monologhi del suo personaggio, che a tratti appare più come un narratore che come il protagonista di vicenda e sentimenti.
L’Amadeus dello spettacolo (un bravo Davide Lorenzo Palla) non assomiglia a quello del film di Forman, anch’esso però ispirato da Puškin, ma assume l’aspetto più che di un incompreso di un incapace a comprendere. Wolfgang sembra non darsi conto del proprio talento né delle dinamiche che lo legano alla musica, all’amico o alla società per cui compone. È sopraffatto dall’irruente personalità di Antonio Salieri, in giusta soggezione difronte al suo rancore ma eccessivamente inerme.
E anche alla domanda “che se ne farà il popolo di tutta questa libertà?” Mozart, qui, non dà risposta, non riesce ad affermare il valore del suo stesso genio, che genera quella libertà attraverso la musica. Riuscirà in parte a farlo solo Salieri nel finale, in cui, risollevandosi anche le sorti del testo, avviene la sua redenzione da uomo che detesta ad amico che piange il talento scomparso di Amadeus.
Se la regia, nella breve ora di durata dello spettacolo, non risulta efficace a fare emergere tutti i molteplici aspetti di questo rapporto, ha indovinato però un’intuizione scenografica nella scelta della rappresentazione delle note musicali come piccoli specchi, in cui l’uomo mediocre Salieri vede riflesso se stesso, mentre la mente di Mozart vi intuisce l’infinita possibilità della creazione artistica e di quella musica perfetta che, a dispetto dell’amico, riuscirà a comporre grazie alla libertà del proprio genio.