Serene, inquiete storie

In Arte, Weekend

Le città vicine: a Lugano, sui muri e in galleria per inseguire il segno netto di MP5 e farsene sorprendere

Nella realtà ci può capitare di vedere una femmina e un maschio che si abbracciano e vi è tra loro, tra i loro corpi, uno scambio fatto di contatto. È, questa, una immagine che conosciamo e che viviamo. Può capitare anche di vederli distanziati, separati da un desiderio e da un ritegno, una paura, una difficoltà che poi, con una scintilla, scoppia ed eccoli insieme. Ci può succedere anche attraversando il bel parco che, a Lugano, intorno al Centro Congressi, al Liceo e alla Biblioteca Cantonale, costeggia il lago. Proviamo a uscirne per imboccare la via Lavizzari. Dopo qualche decina di metri ci sorprende  un cane dipinto alla nostra sinistra e subito, all’angolo,  ecco la galleria Ego. Qui non ci sono i corpi: vediamo personaggi e capiamo di essere  capitati dentro una storia e in particolare di essere in un corso di tempo.

Ci accoglie, entrando, di fronte a noi, l’unica immagine che contenga un colore diverso dal bianco e dal nero: una figura umana si inoltra in un cammino liquido, forse un rigagnolo turchese, in mezzo alla vegetazione e verso uno spazio nero sulla cui parte alta vediamo una sequenza di lune (credo) la cui forma cambia nel tempo. L’immagine ci conferma di trovarci dentro, o meglio  circondati da una storia e ci indica come il tempo ne segni il passo. Anche la delineazione prospettica del rigagnolo contribuisce a sostenere l’immagine del tempo, di un passaggio di qualcosa da un luogo a un altro. La figura disegnata, però, non ha corpo, non si distingue dal resto: la sua testa è parte dello sfondo nero. Ci si para subito innanzi una contraddizione perché le figure sono delineate con precisione e nitidezza e però si annullano l’una nell’altra in un procedimento insieme grafico e illusorio. Succede così negli abbracci (tra due persone o tra una persona e un albero), nella relazione tra figura umana e animale e nella relazione tra la vegetazione e la non vegetazione.

Noi non sappiamo, non riusciamo a capire di cosa sia fatta la storia raccontata da MP5: le immagini sono affiancate senza un legame chiaro e quindi pensiamo a un racconto solo perché vediamo alcune ricorrenze che ci suggeriscono la presenza di una narrazione. Vediamo delle figure umane ricorrenti e in particolare una, quella che nella descrizione del grande gruppo comunitario se ne sta in basso a destra da sola; vediamo ricorrenze di vegetazione e vediamo che i volti, o meglio le maschere di volto, si atteggiano all’interno dell’immagine come farebbero in una storia per immagini, una strip senza parole.

MP5 è un’artista romana, una raccontatrice di storie attraverso il fumetto, l’illustrazione, l’animazione, oltre che sui muri di diverse città europee  Molti premi in carnet, dall’Andrea Pazienza del 2001 al Lucca Comics (2009) per la migliore storia breve. Quando la incontro non mi parla di sé, ma accenna al modo in cui ha preparato questa storia: leggendo.

 

Ad attrarci, nella galleria, è la tensione tra ciò che percepiamo come un afflato narrativo e la sensazione di vuoto grafico trasmessaci dal modo che MP5 ha di dipingere; ci attrae anche il modo in cui MP5 costruisce questa situazione: scegliendo due soli colori, l’uno la negazione dell’altro, il bianco e il nero, salvo una eccezione turchese; scegliendo di costruire situazioni nelle quali le figure si confondono illusoriamente con gli spazi in cui sono disegnati e rendendo in alcuni casi, per esempio con il fogliame della vegetazione, la figura uguale alla non figura (foglia e spazio nero diventano ai nostri occhi interscambiabili); trasformando i volti in maschere e i corpi in grafiche, come avviene nel quadro con la grande descrizione della comunità di persone, dove i contorni delle figure umane si comportano come linee che tracciano un unica trama, un pattern.

Alla radice di questo modo di dipingere, insieme inquietante e rasserenante, c’è l’esperienza di MP5 sui muri delle abitazioni, condizione che costringe le sue immagini ad agire anche in anamorfosi, in coerenza con le architetture e con i piani sfalsati. Prima di entrare in galleria, nella via Lavizzari, un esempio, che esiste da alcuni mesi, da quando cioè MP5 ha dipinto il grande uomo che trasporta sulle proprie spalle due ali (in verità un rapace) e un tetto, il cui peso si somma e, appunto, prende corpo sul disegno della figura umana che occupa quasi una intera casa. Sui muri a fianco c’è un cane (ci aveva accolti mentre percorrevamo la via provenendo dal parco Ciani) che guarda in su verso il volto dell’uomo, poi di fronte due capre e un albero sottodimensionato. In un altro intervento fatto a Lugano all’interno della Villa Ambrosetti ormai distrutta, in occasione della kermesse L’Arte Della Memoria, lavorando su un supporto intermedio, cioè delle pareti interne a una stanza, l’effetto era già abbastanza grafico e la corporeità delle figure si riduceva. In quel caso, le figure erano legate da un filo rosso dipinto e l’artista aveva sentito poi il bisogno di collegare tutto il proprio intervento pittorico alla architettura della villa con una vistosa corda rossa che attraversava gli spazi. Entrati in galleria e trasportato sulla tela, il modo di dipingere di MP5 diventa quasi implosivo e agisce come una calamita visiva, dalla quale è difficile staccarsi.

DOG, esposizione personale di MP5 – da venerdì 31 Ottobre a martedì 2 Dicembre 2014

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