Le emozioni di papà Crowe in “Padri e figlie” di Muccino, la love-story Buy-Ferilli in “Io e lei” di M. Sole Tognazzi. Cosa scegliete: Roma o quasi Hollywood?
Arrivano insieme in sala, uniti dalla voce “regia di un nome italiano”, ed entrambi parlano d’amore: ma fra Padri e figlie di Gabriele Muccino e Io e lei di Maria Sole Tognazzi i sentimenti sono così diversi che si possono elencare ben pochi altri elementi in comune.
Nel film di Muccino si parte con l’amore tra genitori e figli, fra un padre vedovo, scrittore da premio Pulitzer sull’orlo di un crollo psicotico (Russell Crowe, imponente e perfetto) e la bionda figlioletta dal sorriso dolce e fiducioso (la piccola, un po’ troppo leziosa Kylie Rogers). Ma la bimba ben presto cresce, assumendo le sembianze della fragile Amanda Seyfried alle prese con il ruolo di un’assistente sociale spaventata e nevrotica, dedita al sesso occasionale e autodistruttivo, disperatamente alla ricerca di bambine impaurite da salvare.
Come da facile previsione, a questo punto il film cambia traiettoria, per mettere in scena il prevedibile copione di ogni commedia sentimentale che si rispetti. A partire dall’assunto di base che non è così difficile incontrare l’anima gemella, il problema è riconoscerla prima che sia troppo tardi. C’è comunque, un metodo infallibile per arrivare in tempo all’appuntamento decisivo della propria vita, e i frequentatori abituali di sale buie lo sanno bene: basta una corsa per le vie della città.
È dai tempi di Manhattan di Woody Allen che la corsa dell’innamorato pentito ci viene servita in tutte le possibili salse, soprattutto quando a disposizione c’è una location magica come New York. Con o senza Torri gemelle, diventate ormai un elemento di scenografia vintage: qui campeggiano alle spalle del padre scrittore, che nella prima parte del film, ambientata alla fine degli anni Ottanta, arranca forsennato sui tasti di una rumorosa e bellissima macchina per scrivere.
Parlavamo di corse attraverso la città. Anche Margherita Buy nel film della Tognazzi corre di notte attraverso un’altra città magica, una delle più fotogeniche del mondo: Roma. E lo fa per salvare il proprio amore in pericolo. L’unica differenza è che il “lui” del consueto copione sentimentale qui è una “lei”, e ha le burrose sembianze di Sabrina Ferilli. Ma nessuno se ne scandalizza: né l’ex marito consolatosi con una donna più giovane e due figli piccoli, né il figlio grande che già studia all’università, né gli amici, né i colleghi.
Però anche gli amori omosessuali vivono di tensioni e di non detto, di avvicinamenti e allontanamenti. E di domande: perché proprio lei? È davvero è la persona giusta? Ma perché passare le serate con una persona a vedere un telefilm di cui non capisci nulla è meglio che passarle a guardare una partita di calcio che ugualmente non ti interessa affatto? I misteri dell’amore, insomma, dell’attrazione e della noia. E della tendenza alla ripetizione delle scelte, nel momento in cui ti rendi conto che il tuo nuovo amore somiglia un po’ troppo al tuo ex marito.
Se le storie d’amore su grande schermo vi piacciono, potete vederli tutti e due, questi film. E se il genere non vi va troppo, forse è meglio lasciarli perdere entrambi. Ma se ne volete vedere uno solo, la scelta si fa ardua. Il film di Muccino è impeccabilmente hollywoodiano: scenografie perfette, ottimi attori e sceneggiatura da manuale. Nel senso che sembra proprio scritta col manuale in mano, rispettando ogni istruzione, pagina dopo pagina, incastrando ogni dettaglio, annodando ogni filo narrativo e lisciando ogni piega della storia, senza un errore o una smagliatura. Tutto talmente perfetto da risultare piuttosto noioso.
Nel film della Tognazzi di perfetto non c’è nulla: il product placement c’è e si vede, spesso dà proprio fastidio, gli attori sono buoni ma non eccelsi, la sceneggiatura arriva baldanzosa fino all’inizio del secondo tempo ma poi si affloscia, arranca, si ripete. Però, fra una smagliatura e l’altra, sembra ogni tanto di intravedere qualche lampo di empatia, e forse anche di verità.
La differenza fra i due film appare poi lampante se facciamo un confronto fra Jane Fonda (nel film di Muccino ha un piccolo ma incisivo ruolo nei panni di un’agente letteraria) e Sabrina Ferilli. Quasi ottant’anni la prima, poco più di cinquanta la seconda, entrambe rifatte e si vede. Però quando Hanoi Jane (così la chiamavano ai tempi in cui manifestava contro la guerra in Vietnam) inizia a danzare sullo schermo, dopo un po’ te lo dimentichi, non lo vedi più il lavoro del suo bravissimo chirurgo estetico. Certo, la sua faccia è finta, lo sappiamo, e anche tutto il resto lo è, prendere o lasciare. È il cinema secondo Hollywood. C’è a chi piace. E a chi no.
Io e lei di Maria Sole Tognazzi, con Margherita Buy, Sabrina Ferilli, Ennio Fantastichini