Mudec. E pur si muove!

In Arte

Visitare il nuovo Museo delle culture senza portarsi dietro qualche preconcetto non è affatto semplice. Si perché di questo polo espositivo che si erge monumentale…

Visitare il nuovo Museo delle culture senza portarsi dietro qualche preconcetto non è affatto semplice.

Si perché di questo polo espositivo che si erge monumentale lungo la periferica via Tortona, da poco inaugurato e battezzato come figlio prediletto della municipalità, si stanno già celebrando i funerali.

A portare la vanga per scavare la fossa, però, ci ha pensato lo stesso Museo che, dopo la timida partenza primaverile, oggi schiera sulla griglia di partenza autunnale due mostre non proprio radiose: Gauguin. Racconti dal Paradiso di cui, stando ai quotidiani, alcuni visitatori hanno recentemente chiesto il rimborso del biglietto, e Barbie. The Icon, dove a prendere le distanze dall’esposizione, oltre a tutto il pubblico interessato seriamente al profilo scientifico di multiculturalità sbandierato inizialmente dal Mudec, è stata la stessa bambola che sembra avere commentato: “Sono importante certo, ma non ne sentivo il bisogno”.

Infine, a rendere le cose più difficili per il giovane centro culturale, c’è l’eterno confronto con l’invidiata cugina di successo in giacchetta ricamata che abita l’altra parte della metropoli: la Fondazione Prada; qui il clima di infallibilità non aiuta ad arrestare le adulazioni messe in campo dalla stampa e, in vista del Natale, stai a vedere che qualcuno griderà perfino a qualche benedizione miracolosa dalla torre dorata.

Dunque tutto in salita per il Mudec; ma qualcosa, comunque, si sta muovendo nella direzione giusta.

A muoversi è la collezione permanente del Museo, costituita da innumerevoli invenzioni artistiche scaturite dalle Raccolte etnografiche del Comune di Milano, un vivido spaccato culturale proveniente da medio ed estremo Oriente, Sud-est asiatico, Africa e Americhe del sud.

La collezione è composta da circa ottomila cimeli, manufatti, oggetti d’uso, tessuti e vere e proprie opere d’arte spalmabili in un arco di tempo vastissimo: dal Basso Medioevo al Novecento.

Certo in mostra viene presentata soltanto una minima parte del prezioso patrimonio, ma l’allestimento e il taglio curatoriale dell’esposizione sono ben costruiti e ragionati.

In sette semplici salette si snodano circa duecento testimonianze selezionate per raccontare il corpo a corpo che la nostra società ha praticato con queste culture lontane: in pochi passi si transita da alcune ricchezze della collezione del canonico Manfredo Settala (1600-1680), tra le prime Wunderkammer (letteralmente “camera delle meraviglie”) di reperti non europei realizzate a Milano, a ricercate opere di collezionismo privato del Dopoguerra, quando le Avanguardie gettarono uno sguardo assai profondo verso le arti africane e sud-americane: in questo senso appare in sala lo stupendo studio Femme nue di Pablo Picasso, realizzato per Les Demoiselles d’Avignon e in deposito dal Museo del Novecento.

Non manca neanche un approfondito video-racconto che documenta le turbolente vicissitudini che le collezioni patirono a Milano durante i bombardamenti del 1943, quando erano ancora custodite al Castello Sforzesco.

Con questa straordinaria collezione – seguita da un bel dialogo instaurato tra i coniugi Albers e l’arte precolombiana – il Museo delle culture rende alla cittadinanza un ottimo servizio educativo, rivelando il suo lato migliore.

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