La giovane coppia francese Benoit Philippon – Alexandre Heboyan confeziona una favola per bambini gentile, che mescola computergrafica e sfondi ad acquerello
Niente strizzatine d’occhio a mamma e papà né gag adolescenziali, niente 3D con gli occhialini o canzoni, smorfie e pernacchie. Niente chiacchiere e curriculum sulla cartella stampa, solo quattro fogli, quasi tutte figure. Udite udite, Mune è esattamente quello che sembra: una favola per bambini.
Il primo lungometraggio animato della giovane coppia francese Benoit Philippon – Alexandre Heboyan (già animatore della Dreamworks per Kung-Fu Panda) si presenta, visto anche il setting a metà tra foresta e savana, con la poesia e le immagini di un racconto popolare africano.
In un mondo archetipico equamente diviso tra giorno e notte, i giovani Mune e Sohone ereditano il compito di scandire il passare del tempo, conducendo i giganteschi animali (un colossale struzzo nero e un pachiderma in pietra arancione) cui sono ancorati la luna e il sole. Ma se il guerriero Sohone è un predestinato, lo stesso non si può dire del giovane fauno Mune, scelto a sorpresa dalle creature della foresta nonostante il carattere riservato e la propensione a cacciarsi nei guai.
Come nelle migliori fiabe, solo l’unione dei poteri di entrambi potrà sconfiggere la minaccia di un guardiano rinnegato, corpo di lava e cuore di serpenti. Ad aiutarli, un vecchio mentore e una ragazza, Glim, perennemente sospesa tra i due mondi perché fatta di cera morbida.
Ma se storia e dialoghi sono poca cosa (per quanto non manchino trovate di indubbio fascino), è sul piano tecnico e grafico che Mune spiazza lo spettatore, regalando finalmente qualcosa di nuovo all’ormai fin troppo patinato mondo dell’animazione in CGI, la computer-generated imagery: l’universo nel quale muovono i personaggi è un ideale incontro tra la fantasia di Miyazaki, i mondi di Avatar e il tratto a pastello di Lorenzo Mattotti, illustratore e fumettista italiano emigrato (ahimè) in Francia diciassette anni orsono.
Non solo: se di cartone animato in 3D si tratta, è però un 3D da libro pop-up, capace di portare con sé l’originalità e la delicatezza della bande dessinée francese, mescolando computergrafica, sfondi ad acquerello e personaggi-collage (i due maldestri e irresistibili diavoletti al servizio del maligno di turno) da teatrino delle ombre. Fino a inserire vere e proprie sequenze interamente realizzate “soltanto” a pennino e mano libera.
È il mondo dei sogni di Mune, folletto capace di riaccendere il sole con un soffio e guidare la luna al suono di un’arpa. Un mondo per chi, davanti a un computer, ancora un po’ sogna disegni animati.
Mune, film di animazione di Benoit Philippon – Alexandre Heboyan