La monotonia dell’offerta musicale radiofonica media non è casuale. Ha delle ragioni economiche precise non facilmente superabili. Ecco perché
Perché le radio trasmettono tutte la stessa musica? Perché la colonna sonora della nostra vita quotidiana è sempre uguale, quasi che fossimo costretti a vivere sempre lo stesso momento in una specie di loop simile a film come Ricomincio da capo?
Sembra una domanda banale, ma non lo è. Intanto, togliamo subito dal campo la risposta più immediata e banale, ovvero che sono le case discografiche che pagano le radio per mettere in onda certe canzoni e non altre. Non è così da decenni, posto che fosse vero anche anni fa. Le case discografiche oggi sono ridotte a tre multinazionali (erano sette) con il personale ridotto ai minimi termini e budget economici bassi, molto bassi. Da almeno dieci anni – per fare un esempio – il mercato dei videogiochi ha superato come numeri quello della musica, in Italia e non solo.
Quindi non è semplicemente possibile che le major discografiche – ma anche le etichette indipendenti – possano avere i fondi per pagare qualche radio per far suonare un disco. Possono provare a influenzarle con la promessa di esclusive, ospitate, qualche (scarsa) campagna pubblicitaria, ma le etichette discografiche non influenzano più di tanto la programmazione delle radio. Anche perché la credibilità di una radio crollerebbe se saltasse fuori che prende soldi per suonare una canzone piuttosto che un’altra.
E allora? Il discorso va fatto su due piani: uno è quello organizzativo gestionale delle radio (si parla di network radiofonici o di emittenti comunque di livello, non delle web radio amatoriali o delle magnifiche radio locali fatte di volontari e passione) e l’altro è una semplice questione di mercato.
Partiamo dalla prima questione: è dagli anni Novanta che le radio (quasi tutte) usano per la loro programmazione dei software che permettono a editori, direttori e responsabili musicali di decidere ogni singolo suono che la radio emette. Prima, negli anni Settanta e Ottanta, la musica era scelta dagli speaker, dai deejay che andavano in onda perché esperti di musica. Ora le voci che sentite non scelgono praticamente mai la musica che presentano e che propongono.
Quindi non c’è una pluralità di teste che sceglie cosa mettere in onda, e ognuno propone quello che crede il meglio: c’è un “ufficio musica” che decide. E le scelte sono basate su criteri molto precisi: ogni radio ha uno o più “clock”, ovvero la divisione di un ora in brani musicali e minuti dedicati al parlato, alle notizie, al meteo e naturalmente alla pubblicità. E ogni brano che va in onda – in una radio commerciale ne suonano almeno dieci all’ora – appartiene a una categoria specifica.
Ci sono le “alte rotazioni”, ovvero i brani musicali ritenuti di successo in quel momento e poi ci sono le “medie” e le “basse” rotazioni, brani che vanno in onda un po’ meno. Quanto meno? Ogni radio ha i suoi criteri, diciamo che i pezzi in “alta” suonano almeno cinque volte al giorno nella fascia sette del mattino/sette di sera. I pezzi in media e bassa suonano invece rispettivamente due/tre volte e una volta al giorno. E poi ci sono i “gold”, ovvero i pezzi evergreen , i classici della musica che suonano con regolarità a discrezione della radio. Più gold ci sono, più l’emittente suonerà vecchia (o classica, se preferite).
Le radio commerciali (quasi il 100% dell’offerta in Italia) sono aziende che devono avere un’organizzazione moderna e devono primariamente badare al profitto, che arriva attraverso la pubblicità. E la pubblicità alle radio arriva attraverso i dati di ascolto. Più una radio è ascoltata, e più sarà valutata la sua pubblicità.
Quindi una radio deve fare ascolti (raccolti da qualche anno da Radio Monitor, una volta da Audiradio). E per farli bisogna ovviamente lavorare su voci, format, trasmissioni, giornali radio, suono ecc… ma la musica è naturalmente fondamentale, dato che in un clock medio di una radio commerciale la musica rappresenta circa l’80% del suono della radio stessa.
Quindi, eccoci al vero motivo per cui la musica è quasi sempre uguale per tutte le radio: dato che tutti devono fare ascolti, tutti cercano di far sentire le musiche di maggior successo, che spesso sono quelle trasmesse dalle radio! Un gatto che si morde la coda è la metafora più azzeccata.
La coda è rappresentata dalle classifiche, dalle “airplay list” che trovate oggi principalmente su Earone. Earone conteggia tutti i passaggi di ogni singola canzone su ogni radio censita (praticamente tutte) e poi crea la classifica basata sul numero di passaggi e sulla “qualità” dei passaggi, perché un passaggio a Radio Ciccio Riccio vale meno di un passaggio su RTL, o Deejay, o RDS ecc…
Ogni radio “copia” l’altra, perché tutte hanno paura di perdere ascolti e quindi numeri importanti per vendere la pubblicità. Certo, poi c’è la radio che suona prima delle altre alcuni successi o quella specializzata in qualche genere, ma nei fatti suonano tutte uguali o quasi.
E perché non c’è nessuno che prende coraggio e cambia filosofia, mettendo musica scelta diversamente? Beh, perché nessuno se la sente di rischiare. Proporre cose nuove, magari anche sconosciute al grande pubblico, significa essere destinati a rimanere nell’ombra per anni, perché in pochi si accorgono di te se non suoni come la massa. Poi dopo cinque anni magari tutti diranno che la tua radio, la tua musica e le tue scelte erano le migliori. Ma nel frattempo la tua radio tanto innovativa avrà chiuso, perché avevi pochi ascolti certificati, quindi poco pubblicità, quindi troppo pochi soldi per restare aperti.
È il mercato baby, e non puoi farci (quasi) niente.