Un concerto di sei ore con trenta artisti domenica nella sua Ravenna e la curatissima riedizione di ‘You Tourned the Tables on Me’, un libro di 115 ritratti di musicisti con tavolino ‘zingaro’, celebrano il grande fotografo Roberto Masotti e il suo inesausto amore per la musica
Un concerto di sei ore e centoquindici fotoritratti. Che cosa li tiene? L’occhio di un artista dell’immagine per il quale la musica è stata ragione di vita.
Domenica, a Ravenna, dalle sei a mezzanotte, trenta solisti diversissimi saliranno a turno sul palcoscenico del teatro Alighieri per suonare le musiche amate e fotografate da Roberto Masotti, che è scomparso in aprile.
Caduta l’ultima nota, rimarrà qualcosa di molto concreto: You Tourned the Tables on Me, il libro di ritratti al tavolino che Roberto, nato a Ravenna ma milanese per destino e per scelta, ha consegnato a tutti quelli che, nella musica, si aggirano inquieti come lui alla ricerca di qualcosa che li colga di sorpresa. Ormai introvabile, You Tourned The Tables on Me rivive con nuovi materiali, nuovo editore, nuova veste grafica. Prezioso come pochi.
Concerto, forse performance. Una folla di amici, ‘soggetti’ del suo obiettivo, ha raccolto senza pensarci un attimo l’invito a un Concerto per Roberto lanciato dalla Fondazione Festival di Ravenna. Così, domenica, sotto il giusto titolo Terre incognite scorre una locandina da festival.
Alla voce jazz rispondono nomi come Don Moye, batterista dei leggendari Art Ensemble of Chicago, il non meno internazionale Enrico Rava, trombettista ispirato, amico del cuore fin dal suo ritorno in Italia dopo l’esperienza americana. Inglese è il pianoforte di Alexander Hawkins, che si accompagna al sax soprano di Roberto Ottaviano per citare Mingus. Alla sezione radical-jazz appartengono il sax di Massimo Falascone con la TAI No-Orchestra, il basso elettrico di Roberto Del Piano e la batteria di Filippo Monico, amici della prima ora e compagni di jam-session; la tromba di Guido Mazzon con il contrabbasso di Silvia Bolognesi; i corni ‘esotici’ di Martin Mayes, già Italian Instable Orchestra e collaboratore di Cecil Taylor; il violoncello di Paolo Damiani e altri ancora.
Alla voce avanguardia senza confini rispondono il trombone di Giancarlo Schiaffini, l’elettronica di Alvin Curran con il violoncello di Walter Prati; le percussioni degli Ars Ludi, che riprendono una sezione di Drumming, capolavoro ripetitivo di Steve Reich. Non ha voluto mancare Giovanni Sollima con il suo violoncello lanciafiamme. Si rivede e si risente con piacere venato di ricordi Patrizio Fariselli, tastierista degli Area, con il fratello Stefano ai sax.
La sorpresa delle sorprese l’infila nel concerto Roberto in persona: 32 aforismi poetici usciti dai suoi cassetti segreti, sui quali il compositore Luigi Esposito, con la cantante e attrice Monica Benvenuti, ha costruito un’opera da camera arricchita da immagini video firmate Masotti, nella migliore tradizione dello spirito da performance.
Tavolino zingaro. You Tourned the Tables on Me era stato pubblicato per la prima volta da Auditorium nel 1994. Oggi l’editore toscano SeiperSei, innamorato delle finezze, lo riveste di copertina rigida e l’arricchisce di nuovi testi. Un’introduzione di Franco Masotti, fratello di Roberto e direttore artistico del Festival di Ravenna, si aggiunge alle aggiornate schede biografiche dei 115 artisti ritratti, al bellissimo saggio di Daniel Charles, filosofo della musica che sa essere profondo con leggerezza, e soprattutto all’introduzione di Roberto Masotti, che del tavolino delabré con cui interagiscono musicisti, del libro, della sua storia, dei suoi ‘motivi’ spiega praticamente tutto.
Il tavolino «è stato trovato e acquistato – scriveva Roberto – in un assolato pomeriggio del maggio 1974, presso un campo di zingari che vivevano, alla periferia di Milano, della compravendita di rottami di ferro. È stato usato, incidentalmente, per la prima volta come attrezzo di scena mentre facevo un ritratto a Juan Hidalgo, artista Fluxus, e nuovamente con Walter Marchetti, che forma, con Hidalgo e Esther Ferrer, il gruppo Zaj. Da qui è nata l’idea di eseguire una serie di ritratti di musicisti in cui fosse presente il tavolino. Ogni personaggio convolto, per prima cosa prendeva visione di tutte le immagini precedentemente selezionate, decidendo poi liberamente come agire e di quali altri oggetti circondarsi».
Il tavolino è dunque zingaro, simbolo di un wanderer e servo muto di un occhio che, attraverso l’obiettivo della macchina fotografica, fermava un volto, uno sguardo, un gesto in un istante rivelatore. La cifra artistica del libro fa corpo unico con la dimensione umana di Roberto: il rapporto di assoluta fiducia su cui si fondava ogni incontro, nasceva dal fatto che tra l’artista e il suo fotografo correvano lo stesso sangue, le stesse idee. Sentendosi capito, il musicista si svelava. Ogni ritratto, per quanto ‘in maschera’, è una confessione.
You Tourned? Direte: c’è un errore in quel titolo. No, un gioco sottile ed elegante. «La frase “you tourned the tables on me” – scriveva Roberto – (sorta di “tu mi hai preso in giro”), che intitola questa serie di fotografie, è stata suggerita, molto appropriatamente, nel 1976, da Steve Lacy. È il titolo di una canzone di Sidney D. Mitchell e Louis Alter, scritta nel 1936 per una commedia musicale di Broadway. La memoria di Lacy era sicuramente andata a una, e una sola, interpretazione di questo brano data da Billie Holiday nel 1952. Anche Ella Fitzgerald l’ha interpretata, una sola volta, su disco. Poi l’oblìo. Ora, è certamente sbagliato scrivere tourned in luogo di turned, come faccio nel titolo. Attribuisco questo consapevole errore alla forma rotonda (round) del tavolino, ma potrebbe anche riferirsi al viaggiare (tour)».
Quel tavolino, Roberto se lo caricò letteralmente sulle spalle, in giro per concerti e incontri, in Europa e in America, prima di scoprire, con il ritratto di Dieter Schnebel del ’77, che la copia fotografica poteva sostituirlo con pari effetti e non meno rivelatrici varianti.
Con questa chiave ‘autentica’ potete così scorrere le 115 verità di musicisti fra loro anche lontanissimi come John Cage, filosofo zen del Caso e del Silenzio, Brian Eno, inventore del glam rock e videoartista dalle molte facce, Han Bennink, percussionista con molti grani di follia, Luciano Berio, maestro venerato di molte libere avanguardie, Carla Bley, pianista jazz ma non solo, Sylvano Bussotti, fantasia al contropotere, Morton Feldman, signore delle lunghezze e dei pianissimo con tre p, Steve Reich e Philip Glass, sezionatori del Tempo in microfrazioni, Mauricio Kagel, giocoliere di forme e citazioni, Jeanne Lee, voce nera di sensuali incanti, Sun Ra e Cecil Taylor, scostanti e inavvicinabili Signori del superjazz, Meredith Monk, maga di candide e pensose cantilene.
You Tourned the Tables on Me è la sintesi di cinquant’anni di musica ‘free’, ma soprattutto è lo sguardo lungo di un viaggiatore instancabile che, con un ferro vecchio in spalla, ha cercato di non mancare là dove nasceva quello per cui vale la pena vivere.
In apertura: Roberto Masotti, Val di Sella, sullo sfondo la Cattedrale Vegetale di Giuliano Mauri; 2006, foto di Silvia Lelli, Lelli e Masotti archivio.