Tre protagonisti bravi e seducenti (Zendaya, Josh O’Connor e Mike Faist), l’insieme degli intrecci mossi da desiderio, competizione, rabbia e gelosia, un meccanismo di flashback che si avvicendano come una pallina lanciata a 200 all’ora. Tutto questo fa del nuovo sorprendente film del regista italiano un caso raro di cinema divertente ed eccitante. In cui il campo da tennis, quasi elettrificato qui per la sua energia, è in realtà solo lo sfondo di un triangolo amoroso. Lungo tredici anni e più
Capita raramente, ma capita: uscire dal cinema un po’ eccitati, e che diamine!, la primavera è iniziata da poco, fuori fanno già 22 gradi alle otto di sera e c’è nel cielo una luna turca che ci si sente subito un po’ califfi, anche se al massimo si profuma di docciaschiuma Notti d’Oriente. Però capita, una volta ogni tanto, che invece di fare la figura da poveracci che per andare su di giri devono ricorrere a qualche porno di terza categoria o all’ennesimo film di Rosamunde Pilcher, con quei quattro tedeschi inespressivi che interpretano dei lord inglesi dalla faccia da pesce lesso; insomma capita per una volta che ci si attizzi sentendosi anche molto cool. Garantisce Luca Guadagnino, che gli sia concessa gloria imperitura. Challengers, il suo ultimo film, ha questo indubbio potere: divertire, eccitare, mandare su di giri, mantenendo la tensione ai massimi livelli grazie alle palline impazzite lanciate dai tre protagonisti, Tashi, Patrick e Art, che si rincorrono per tredici anni nei campi da tennis di mezz’America, fra un rimbalzo amoroso, un flashback sportivo e una serie di rovesci e di clamorosi fuori campo nella vita.
La storia di Challengers, scritta da Justin Kuritzkes, il marito newyorkese della regista coreana Celine Song, quella del bel film Past Lives (altro triangolo amoroso, anche se lontanissimo dalla trama e dallo stile di Guadagnino) narra l’amicizia fra due giovani tennisti, il biondo e ligio Art (Mike Faist, che abbiamo visto nel West Side Story di Spielberg) e il bruno Patrick (Josh O’Connor, reduce dalla collaborazione con un altro regista italiano, Alice Rohrwacher e la sua Chimera), tennista di grande talento abbinato a grande trasandatezza. Sempre insieme fin da piccoli – stesse scuole di tennis e stessi tornei – l’amicizia di Art e Patrick s’interrompe e le loro strade si dividono quando incontrano Tashi (Zendaya di Dune e di Euphoria, del film anche produttrice), imbattibile promessa del tennis universitario; questa volta il premio in palio, l’amore della ragazza, non può essere condiviso.
Oppure no? Guadagnino adora lavorare con l’ambiguità e in questo viene sostenuto da una Zendaya ai massimi livelli, che interpretando Tashi riesce ad aggiungere strati su strati al personaggio: adolescente piena di entusiasmo, giovane e feroce promessa del tennis che solo un brutto infortunio riesce a fermare, donna manager imperscrutabile, ma con una volontà di ferro. È lei che raccoglie le consegne di Guadagnino e gioca la carta dell’ambivalenza sin dal primo incontro con Art e Patrick, quando accetta l’invito dei ragazzi ad andarli a trovare nella loro stanza d’albergo. In questo lungo flashback, è lei che nella spoglia stanzetta conduce il gioco della seduzione fino a spingere i due amici a baciarsi in sua presenza, suggellando un’attrazione che l’amore comune per il tennis potrebbe portare Art e Patrick anche oltre. Oppure no?
Il film vero e proprio inizia tredici anni dopo quella stanza e quei baci, quando i tre personaggi si fronteggiano una volta per tutte sul campo da tennis di un torneo minore, i Challegers appunto. Tashi, che dopo l’infortunio è diventata allenatrice e moglie di Art, ha iscritto il marito con una strategia ben chiara in mente: dopo una carriera ai massimi livelli, Art ha bisogno di riprendersi da una fase di declino e l’idea è che possa rimettersi in pista con una competizione di seconda categoria, che lo impegni poco più di un allenamento nel campetto dietro casa.
Ma Tashi è troppo ambiziosa per non avere un secondo fine. Al torneo partecipa anche Patrick, che anche se non vede da anni l’ex amico, è l’unico che forse può tirare fuori la grinta ormai evaporata di Art. Lei lo sa, e per questo ha organizzato tutto alle spalle dei due uomini. Quello che però non è altrettanto chiaro è se Patrick, che in passato è stato fidanzato con la ragazza e chiaramente l’ama ancora, serve a tirare fuori qualcosa anche da Tashi: una fiamma, un desiderio, uno straccio di passione al di fuori del suo tranquillo e rodato matrimonio. Questa è forse l’unica variabile che la donna non riesce a governare perfettamente, nella sua perfetta vita tutta casa e campo. Del resto, nel ruolo di Patrick, Josh O’Connor è estremamente seducente, lontano anni luce dagli impacci del suo Carlo d’Inghilterra in The Crown.
Gli intrecci di desiderio, competizione, rabbia e gelosia scivolano come l’olio nel meccanismo di flashback che si avvicendano quasi con la stessa velocità di una pallina lanciata a 200 all’ora: a questo proposito Guadagnino non si fa mancare i virtuosismi, Sinner deve aver gasato anche lui. Mentre le palline fischiano da ogni parte – e non vuoi metterci anche una bella soggettiva di un colpo che sembra ti stia per prendere in piena faccia? – la musica di Trent Reznor e Atticus Ross fa boom boom, rendendo ogni dritto e ogni rovescio quasi una lotta all’ultimo synth.
E poi c’è il sudore, c’è la pelle, c’è il torace di Patrick, le spalle di Art e le gambe di Tashi; e poi c’è la vecchia macchina dove dorme lo spiantato Patrick, che poi ci finisce dentro anche Tashi e qui i due ci fanno l’amore la sera prima del torneo, mentre Art dorme in albergo e fuori c’è l’orage, e notre coeur fait boum boum come il cuore dei due amanti che non hanno mai dimenticato l’attrazione quasi ferina che li unisce, nonostante le bugie, gli abbandoni e le delusioni. È questo groviglio di corpi anime e menti il centro di Challengers, il tennis è solo il campo dove questo triangolo amoroso si sviluppa, ma è un campo elettrificato dove la poltrona del tuo cinema diventa la sedia sugli spalti e Guadagnino riesce a farti dimenare come un ossesso, incapace di stare composto di fronte a tutto ‘sto bordello, musica sesso sport odio sudore e amore, tanto che vorresti avere un ruolo anche tu, fosse pure come raccattapalle.
E quando il film si conclude con un urlo degno dell’Australiano, il bellissimo film del ’78 Jerzy Skolimowski, ti senti anche tu un po’ come Alan Bates, e vorresti urlare “C’mon” pure tu, tanto ti sei divertito, eccitato e appassionato alla proiezione di Challengers.
Challengers di Luca Guadagnino, con Zendaya, Josh O’Connor, Mike Faist, Nada Despotovich, A. J. Lister, Connor Auison, Christine Dye, Naheem Garcia, Jake Jensen, Kevin Collins