“My Generation”: in una doppia, deliziosa, performance l’attore britannico racconta, parlando un po’ oggi e un po’ all’epoca dei fatti (in film, filmati e interviste d’archivio) la meravigliosa stagione della Swinging London, gli anni ’60 in cui conformismo e vecchia Europa furono messi in soffitta dai giovani. E nacque, nella società, nel costume, nella musica, una nuova civiltà. Allegra ed eccessiva
Per tutti quelli nati intorno al 1950 assistere alla proiezione di My Generation (dal 22 gennaio nelle sale italiane distribuito da I Wonder) è come rivivere una stagione indimenticabile. Per tutti gli altri, soprattutto più giovani, sarà un’esperienza affascinante, capace di far conoscere il ribaltamento epocale che avvenne in tutto il mondo e che in qualche modo ha avuto Londra come culla. Sì, stiamo parlando dei mitici anni ’60 e del luogo in cui quella “rivoluzione” è cominciata. Il documentario di David Batty è una lunga cavalcata nella swinging London, accompagnati dal grande Michael Caine, che già allora si considerava il più maturo rappresentante dei giovani dell’epoca (lui è nato nel 1933).
La chiave del film è il cockney, inteso come stato sociale, ma anche come accento. Sino agli inizi degli anni ’60 l’Inghilterra e il Regno Unito in generale hanno conosciuto una divisione in classi piuttosto rigida. Impossibile uscire dai ranghi, gli alti stavano in alto, il ceto medio in mezzo e tutti gli altri in basso. Certo, c’era stata quella fantastica elezione del luglio 1945, quando due mesi dopo la fine della seconda guerra mondiale il conservatore Winston Churchill, che aveva governato portando alla vittoria contro i nazisti veniva inaspettatamente trombato dai laburisti di Clement Attlee (chi fosse interessato vada a ripescare il magnifico documentario di Ken Loach The Spirit of ‘45).
Marianne Faithfull fa partire proprio da lì l’onda lunga che porterà agli anni ’60. Anche lei, come Caine, veniva da una famiglia working class e come loro molti protagonisti di quel periodo. Michael è spassoso nel raccontare come il suo vero nome fosse Maurice Micklewithe, come dovette cambiarlo con un nome d’arte, Michael White, e come da una cabina telefonica fu costretto a cambiarlo di nuovo perché nel sindacato attori c’era già un altro con quel nome. Quindi lui si guardò intorno e vide il manifesto dell’Ammutinamento del Caine e in un attimo fece la scelta. Ricorda anche che venne scelto per il suo primo film da protagonista, Zulu, solo perché il regista era statunitense, nessun inglese avrebbe scelto un cockney per interpretare un ufficiale di sua maestà. Poi venne Ipcress e una carriera magnifica, compreso lo sciupafemmine Alfie.
Nel frattempo Londra si popolava sempre più di giovani che convergevano sulla capitale che stava vivendo il suo irripetibile momento. La colonna sonora era più che imperiale, composta da Beatles, Rolling Stones, Animals, Who e altri gruppi che hanno segnato la storia del rock. Mary Quant accorciava le gonne, da Biba, negozio di abbigliamento andavano più persone di quante andassero a visitare Buckingham Palace, Vidal Sassoon tagliava i capelli con geometrie imprevedibili, David Bailey fotografava ragazze che poi diventavano star internazionali come Jane Shrimpton e Twiggy (proletaria divenuta star e qui anche protagonista di un esilarante duetto sulla filosofia). Anche Marianne Faithfull era arrivata per partecipare a una festa e si era ritrovata su ogni rotocalco come cantante e moglie di Mick Jagger.
Per non parlare dell’Ad Lib il locale di Leicester Square dove si poteva trovare chiunque fosse famoso, compreso Rudolph Nureyev, capace di leggerezza inarrivabile nella danza classica ma davvero imbranato con il twist. Molti di questi protagonisti avevano saputo afferrare il momento, prendere in mano il loro destino, non accettare il conformismo che aveva dominato sino a quel momento. Per dirla con Eric Burdon “we gotta get out of this place” (dobbiamo andarcene da questo posto), inteso come si vuole (i soldati statunitensi elessero il brano a colonna sonora del Vietnam).
Purtroppo poi è arrivata la droga, non che all’epoca non ci fosse, ma le gambe di un’intera generazione furono spezzate nel decennio successivo proprio dall’eroina. E alla fine arrivò anche la Thatcher, ma questa è un’altra storia..
My Generation, di David Batty, con Michael Caine, Marianne Faithfull, Twiggy, Mary Quant, Paul Mc Cartney, Eric Burdon, David Bailey