Fino al 4 ottobre Atelier Cartesio a Milano presenta un’importante mostra dello scultore Nanni Valentini. Curata da Marina Spinelli e Roberto Casiraghi, con la collaborazione di Sergio Orlando Riva e con testi di Nanni Cagnone, Barbara Giorgis, Daniele Nitti Sotres e Alberto Pellegatta, questa intensa e sentita esposizione rende manifesta la grazia di uno scultore eccezionale, purtroppo ancora poco conosciuto dal pubblico – ma ben noto a intere generazioni di artisti che se ne sono nutriti.
«Mi interessa la tautologia perché è sempre sinonimo della verità, della cosa che nomino. La distanza dal muro della tela è uno spessore, l’ho chiamato sguardo perché lo sguardo è uno spessore. È la ricerca della distanza che ho stabilito di seguire perché un’arte che ho intravisto mi fa paura. Preferisco pensare alle cose attraverso una modulazione della stessa luce che le illumina piuttosto di credere che sarò io ad abitare quella luce» (Nanni Valentini, 1983).
Nanni Valentini, appunti su carta, 1972_77, foto di Rossella Rapetti
Varcare la soglia dell’Atelier Cartesio, ubicato in zona Brera, già luogo di passaggio di studenti d’arte, giovani artisti, maestri e critici, è come fare un passo all’interno delle vecchie botteghe d’arte.
Si respira nell’aria l’odore dei vari materiali per la preparazione della carta, non a caso lo spazio nasce proprio come luogo di lavorazione del supporto principe del disegno, il laboratorio Ghezzi & Spinelli.
Lo spazio, oltre ad ospitare vari corsi di cartotecnica, legatoria e presentazioni di libri, offre un accesso privilegiato alle esposizioni di opere esclusivamente su carta, scelta raffinata e al tempo stesso in perfetta linea con lo spirito del luogo. In quest’occasione viene proposta Lo spessore dello sguardo, mostra dedicata allo scultore Nanni Valentini (1932-1985), curata da Marina Spinelli e Roberto Casiraghi, docente all’Accademia di Belle Arti di Brera per la cattedra di Pittura. Alla curatela si aggiungono i testi del poeta Nanni Cagnone, dell’artista Barbara Giorgis, dello scultore Daniele Nitti Sotres e dello scrittore Alberto Pellegatta.
Nanni Valentini, seppur ancora poco conosciuto al grande pubblico, è senza dubbio uno dei grandi Maestri scultori del XX secolo. Dotato di un approccio “fisico” rivolto verso la materia, al colore e alla figura, unico nel dibattito contemporaneo, Valentini si è sempre distinto per un atteggiamento colto e sapiente nonché per una ricerca asciutta di visioni plastiche che stuzzica continuamente lo sguardo degli artisti più eruditi. Nei lavori presenti in mostra fanno capolino dalle pareti del pian terreno delle carte progettuali, schizzi veloci che con abile maestria fissano con inchiostro e grafite idee fugaci ma mai incerte. Al centro un’opera su carta da scenografia di maggiori dimensioni, che ad occhi esperti restituisce immediatamente la grandezza dell’artista, scomparso prematuramente a 53 anni ormai quasi quarant’anni fa. Sempre al pian terreno una piccola scultura, raffinata e tacita nella sua superficie bianca, quella tinta che John Berger, nel suo “Dipinto di una lampadina elettrica”, definirebbe “biancofiocco”
Spostandoci verso il piano superiore troviamo un grande lavoro di matrice scultorea, pieni e vuoti sembrano ramificarsi attraverso evocazioni di un blu bruciato, variazioni cromatiche tendenti al verde per il ritmo della composizione. Completano la mostra due piccole terracotte dal titolo Lo specchio di Silene del 1979, raffinate per dimensioni e capaci di evocare la ricerca artistica di Valentini, che indaga quella superficie insonne di cui parla l’intimo amico Nanni Cagnone. Non crea un’arte allusiva. Inventa un’opera composta non di immagini remote, ma di gesti materici presenti e ardenti, che scavano da fuoco, argilla, terracotta, le loro forme sempre cangianti.
Barbara Giorgis, citando Bachelard, scrive che “non si dovrebbero contaminare le opere d’arte con le parole, ma inquinare il possibile silenzio…”. Forse è per questa ragione che nell’opera di Valentini è depositato il segno di qualcosa che è insieme noto e ignoto, risaputo e segreto. L’origine agognata dall’artista è sempre a portata di mano, ma è sempre inaccessibile; sta sul fondo dell’essere, è quel fondo, è il segreto geloso di ogni nascita e di ogni morte. E questo segreto è custodito dal silenzio.
In copertina: Nanni Valentini nel 1980