Il kolossal che il regista inglese ha dedicato all’imperatore dei francesi, maldestro tentativo di umanizzare un mito storico, nulla aggiunge al personaggio rispetto ai molti biopic. Complici dialoghi imbarazzanti, soprattutto nelle scene intime, cade anche il protagonista Joaquin Phoenix, al suo minimo filmico, mentre fa buona figura la Giuseppina di Vanessa Kirby. Resta comunque all’attivo l’impianto da block-buster e sequenze riuscite come la battaglia di Waterloo e l’incendio di Mosca
Di Ridley Scott si è già detto tutto, e a più riprese: geniale creatore di pietre miliari del cinema d’intrattenimento come Alien o Blade Runner, intrappolato ormai da decenni in una bolla di mitomania e delirio di onnipotenza. Con il passare degli anni (e soprattutto con l’aumento progressivo ed esponenziale dei fondi a disposizione) l’ormai 85enne regista inglese è andato via via peggiorando, finendo per sfornare a ripetizione pellicole dalla messa in scena sempre più imponente, ma con trame, sceneggiature, dialoghi e messaggi di una semplicità imbarazzante. Un ossimoro reso ancora più evidente dall’eterna predilezione per il kolossal fanta-storico, con titoloni come Il Gladiatore, Le Crociate, L’Ultimo Duello, Robin Hood, Exodus e ora il nuovo Napoleon, ma anche i più moderni Black Hawk Down, Tutti i soldi del mondo o House of Gucci. Ma attenzione: non si tratta mai soltanto di semplici cronache di fatti e personaggi reali. Forte di un innegabile quanto longevo successo commerciale, Scott ogni volta riscrive a piacimento gli eventi, entrando a gamba tesa con un’impronta autoriale da sempre ben riconoscibile, e facendo storcere il naso a più di uno studioso.
Non fa purtroppo eccezione a tutto questo il confusionario Napoleon, polpettone senza capo né coda, con uno script che pare a tratti copiato direttamente dal Fascisti su Marte di guzzantiana memoria. Visivamente spettacolare, certo (e ci mancherebbe, visto che il film è co-prodotto da Apple in cambio di un’esclusiva sulla versione “director’s cut” di quattro ore), ma questa non è più una novità, né è sufficiente per fare dell’ennesimo minestrone storico ad alto budget il tanto sperato capolavoro definitivo del regista. Non basta infatti la perfezione della forma a nascondere un contenuto insieme stantio e pretenzioso: a ogni nuovo exploit (Napoleon è il ventottesimo), Ridley Scott diventa sempre più come il vecchio professore che si illude di insegnare senza mai aggiornarsi e, anzi, ripetendo orgogliosamente le stesse massime già sentite e risentite.
Il confronto con I duellanti, promettentissima opera d’esordio, tratta da un racconto di Conrad e ambientata anch’essa nella Francia napoleonica, è scontato quanto impietoso, per differenza di idee narrative e carisma dei personaggi. A tal proposito, stupisce come stavolta a fallire sia proprio la stella più attesa: Joaquin Phoenix, assoluto nome di punta in cartellone, sforna quella che probabilmente è la sua peggiore interpretazione di sempre, ridotto a mera macchietta da cartone animato, non si sa se per scarsa convinzione o per precise indicazioni dall’alto. Il suo è un Napoleone caricaturale, freddo e monocorde, tormentato soltanto a parole e mai capace (a differenza dell’ottima Giuseppina della star di The Crown Vanessa Kirby) di stabilire un reale rapporto di empatia con lo spettatore.
Cosa si salva allora? A tenere a galla le due ore e mezza di proiezione è soprattutto l’impatto visivo di cerimonie e battaglie, in cui emerge ancora una volta tutta la bravura, quella sì, di Ridley Scott nel dirigere sequenze di massa ad alto tasso di spettacolarità. Momenti come la battaglia di Waterloo o l’incendio di Mosca durante la campagna di Russia sarebbero da storia del cinema, se soltanto non dovessero fare da contraltare a continue, inspiegabili cadute di stile pronte a rovinarne l’epicità. È infatti soprattutto nelle numerose scene di corteggiamento e intimità tra imperatore e consorte che la scrittura del film rivela tutta la sua fragilità, con dialoghi scontati e battute da adolescenti tamarri o da film porno anni ’80 (Giuseppina, alzandosi la gonna: “Qua sotto c’è una sorpresa, una volta provata non ne potrete più fare a meno”) che susciteranno l’inevitabile ilarità del pubblico. Peggio ancora funzionano i tentativi di racconto del dibattito politico dell’epoca, trasformato in surreale slapstick comedy, con tanto di smorfie, inseguimenti e musica grottesca in sottofondo.
E così, mentre in rete già infuria il dibattito sulla veridicità di questo o quel dettaglio, e un piccato Scott invita gli accademici a “farsi una vita” anziché commettere reato di lesa maestà, la verità è amaramente ben più semplice: Napoleon è un brutto film storico, che nulla aggiunge o toglie a quanto già raccontato sui personaggi che lo popolano, fallendo clamorosamente anche nel provare a umanizzarli rispetto alla carta stampata. Ma, come e più dei suoi predecessori, è anche un eccellente blockbuster, visivamente spettacolare e di facile consumo, purché si lasci ogni pretesa e pensiero critico fuori dalla sala. O non si cerchi di spacciarlo per qualcosa di più.
Napoleon di Ridley Scott, con Joaquin Phoenix, Vanessa Kirby, Rupert Everett, Tahar Rahim, Ben Miles, Ludivine Sagnier, Matthew Needham, Edouard Philipponnat, Miles Jupp, Julian Rhind-Tutt.