Non si farà neanche quest’anno in Nicaragua il festival di poesia di Granada, uno dei più importanti al mondo. Ci porta in quel paese e tra i suoi poeti, in un momento in cui la poesia sembra non poter trovare cittadinanza, il libro di Andrea Semplici ‘La rivoluzione perduta dei poeti’
“A chi vuoi che importi quel che succede in Nicaragua?” si chiede Andrea Semplici, giornalista e scrittore, fotografo, viaggiatore e vagabondo nella controcopertina del suo libro La rivoluzione perduta dei poeti (Polaris), con prefazione di Gioconda Belli. “A me. A me importa”, si risponde.
Ne siamo contenti noi, forse pochi, a cui, come a lui, il Nicaragua sta sempre e ancora nel cuore. Con una differenza: lui, questo suo amore, quasi ossessione, lo ha messo nelle 363 pagine del suo bel libro.
Del dimenticato paese dell’America Centrale, che, dopo la vittoria della rivoluzione sandinista il 19 luglio del 1979, richiamò nel paese giovani internazionalisti, utopisti e sognatori di tutto il mondo tra cui Andrea Semplici che ci andò nel 1980, si è tornato a parlare, ma molto poco da noi (qui ne abbiamo scritto), nell’aprile del 2018. I nipoti del sandinismo si ribellarono allo strapotere di Ortega, trasformatosi nell’arco di vent’anni da compañero presidente in dittatore che ha mandato contro il suo popolo la polizia e i paramilitari, lasciando sul terreno 350 morti, centinaia di prigionieri politici di cui più di cento ancora in prigione, 65mila esiliati.
Il Nicaragua non è solo il paese della rivoluzione, dei laghi e dei vulcani, è anche il paese dei poeti, non è quindi un caso che da quindici anni, a febbraio, a Granada, la bella città coloniale sulle sponde del mar dulce, il lago Cocibolca, si tenga uno dei più importanti festival di poesia del mondo. L’anno scorso il festival è stato sospeso. “Il paese è in lutto”, scrisse allora Gioconda Belli, “non può esserci poesia in un momento in cui il paese sprofonda nella repressione e nella violenza.”
Non si fa nemmeno quest’anno. Le condizioni, dietro una falsa aria di ritorno alla normalità, sono immutate. Conosciamoli allora, grazie ad Andrea Semplici, i poeti del Nicaragua (e i loro amici, da Julio Cortazar a Salman Rushdie, da Eduardo Galeano al poeta e pediatra italiano Giuseppe Masera, che mise in piedi il reparto di oncologia infantile all’ospedale La Mascota di Managua) e la loro rivoluzione perduta. Nel suo libro, più che un libro un fiume in piena che è insieme reportage di viaggio, saggio storico, autobiografia, flusso di coscienza, ci sono tutti, ma proprio tutti: dal patrimonio nazionale Rubén Darío alla stessa Belli, da Vidaluz Meneses a Douglas Blanco, il poeta gentile, da Fernando Silva a Leonel Rugama a decine di altri. A Ernesto Cardenal. Che avrei dovuto mettere per primo. È tutta “colpa” di Cardenal infatti se, dopo tanti anni, Semplici è tornato in Nicaragua. Per intervistare il poeta rivoluzionario dai capelli bianchi e il basco, sacerdote, ministro della cultura durante il governo rivoluzionario, sospeso a divinis da papa Woytila, sospensione che gli è stata revocata nel 2019 da papa Francesco. Ha 95 anni oggi Cardenal, ma fino a poco tempo fa entrava ancora a La Mascota per tenere laboratori di poesia con i bambini malati. “Io non aspetto il giorno del Giudizio con particolare ottimismo, ma prevedo che una delle poche cose positive che mi verrà detta sarà: io ero un bambino malato di cancro e tu mi hai insegnato a fare poesia”. E Andrea Semplici gli perdona allora il suo “il suo carattere di spine”.
E noi “perdoniamo” ad Andrea Semplici il gran miscuglio che ha sapientemente fatto tra realtà e finzione, i furti ad altri scrittori, tutti peraltro dichiarati alla fine dei vari capitoli, ove necessario. Lo perdoniamo, anzi gliene siamo grati, perché questo libro è un grande atto d’amore per quel paese tan violentemente dulce che era ed è ancora nel cuore di molti.
Immagine di copertina: Carnaval poético. Festival Internacional de Poesía de Granada. Nicaragua © Jorge Mejía peralta