Conversazione con Eugenia Dubini sulla linea editoriale di NN Editore, l’identità nel contemporaneo, l’editoria indipendente e Bookpride
Ventottomila visitatori in giorni difficili per Milano, paralizzata dallo sciopero dei trasporti e la visita del Papa. Si è conclusa con grande entusiasmo dell’Odei, Osservatorio degli editori indipendenti, la terza edizione di Book Pride, la Fiera Nazionale che si è svolta negli spazi di BASE e del Mudec, il Museo delle Culture. Una festa del libro e dei lettori con incontri a tema affollatissimi, a volte inaccessibili, alla quale hanno partecipato 210 editori ognuno con un proprio linguaggio e un’idea personale sul futuro del libro.
In seguito al nuovo successo di Book Pride riprendiamo le nostre interviste agli editori indipendenti che si sono imposti negli ultimi anni. Editori che hanno individuato e occupato uno spazio culturale, e di mercato, coinvolgendo diverse tipologie di lettori, forti e deboli, secondo una classificazione numerica e forse ormai non più esaustiva. Siamo andati a vedere cosa succede in una vecchia casa milanese con un cortile pieno di piante, dove è nata e si è sviluppata una delle realtà editoriali più vivace degli ultimi anni.
Si chiama NN, in gergo figlio di nessuno, ma il tema dell’identità è al centro del suo progetto editoriale e in soli tre anni di vita si è dimostrato convincente per il pubblico. Già la sede, una vecchia casa di ringhiera in zona Porta Romana a Milano, la dice lunga sull’identità. Perché NN ha puntato tutto sui mondi e non sui generi letterari, ha messo al bando le collane che sanno tanto di industria, e mal si adattano a una casa di ringhiera che sa invece di laboratorio. Se fate un giro sul sito di NN alla voce chi siamo trovate un elenco di nomi e nessun curriculum professionale ma risposte a domande tipo: Se scappassi dove andresti? Come ti chiameresti? Cosa porteresti? Con chi andresti? Perché resti? Eugenia Dubini editore di NN ci racconta il mondo di Sabotino 14.
Nella sua presentazione vorrebbe chiamarsi Teresa, perché? Perché il mio personaggio letterario preferito è Teresa Batista stanca di guerra, di Jorge Amado.
Anche i nomi e le biografie sono dei mondi, come ha scelto i suoi collaboratori?
I miei primi collaboratori sono anche i fondatori di NN: Edoardo Caizzi, Serena Daniele, Alberto Ibba, Gaia Mazzolini sono stati in NN fin dall’inizio. Conosco queste persone da anni, ci siamo incontrati e trovati, in tempi diversi e lavori diversi, fin quando abbiamo trovato lo spazio di progettare questa casa editrice insieme. Poi altre persone sono entrate a far parte della rete di collaboratori, da Fabio Cremonesi, il primo traduttore e lettore a Gioia Guerzoni, da Sarah Bonuomo a Luca Pantarotto. Giulia Tettamanti è l’ultima arrivata, non è ancora sul sito.
Il modo in cui ci presentiamo racconta qualcosa della persona e del lettore che siamo più che delle esperienze professionali, ci sembrava interessante dare questo taglio alla nostra casa editrice.
Qual è il mondo contemporaneo che volete raccontare e che viene fuori dalle serie che compongono il vostro catalogo?
NN vuol dire nescio nomen, cioè nome sconosciuto, ed era il marchio che si usava per i figli di padre ignoto. È stato sulle carte d’identità fino al 1974. Al di là della oggi un po’ abusata definizione del mondo senza padri, ci interessava indagare il mondo contemporaneo, dove uomini e donne si trovano ad affrontare il quotidiano senza schemi di riferimento validi e capaci di dare delle risposte convincenti. Questa confusione tocca diversi campi, oggi più che in passato, come le relazioni e i ruoli e i dilemmi della vita di ogni giorno.
Ogni anno scegliamo testi che raccontino un particolare aspetto di questa ricerca, e li leghiamo tra di loro in una serie e non in una collana. La ricerca di identità però è il tema della letteratura, da sempre. Diverso è solo scegliere autori e testi che la raccontino legandoli tra loro in una sorta di percorso, senza fare distinzione tra linguaggi, lingue e generi letterari.
Le nostre serie sono, quindi, percorsi di lettura. O meglio sono la proposta di un percorso di lettura. E comunicano l’identità dell’editore mettendoci in relazione con un’altra identità, quella del lettore. Ecco in sintesi il discorso. Così abbiamo deciso che questo filo di proposta sarebbe stato un vincolo nella scelta, insieme alla qualità della scrittura, e abbiamo strutturato il catalogo seguendo un filo tematico o un punto di ispirazione comune per comunicare il percorso, anche il nostro, di editori e di lettori.
Qual era il tipo di pubblico che avevate in mente agli inizi? Esisteva già o avevate l’ambizione di trovare nuovi lettori e colmare un vuoto dell’offerta editoriale?
L’idea di dare vita a NN è partita proprio alla considerazione che il pubblico dei lettori stesse cambiando, che la lettura stesse cambiando, anche grazie alle diverse modalità di consumo di altri prodotti culturali, i social, i gruppi di lettura, le serie televisive. Per noi, la sfida è nella presenza e nella proposta, nella qualità di entrambe, nella comunicazione possibile, nell’attivazione di un discorso e di una o più comunità (quelle fisiche e non solo quelle immateriali o tecnologiche). Ci sembrava che stesse cambiando qualcosa, si parlava di identità degli editori in via di scomparsa e di lettori inesistenti, ma quello che si stava rivoluzionando, in barba alle profezie di fallimento, era invece la lettura, il modo di leggere, di leggere insieme, di comunicare i libri, di sentirsi lettori. Stavano cambiando i lettori, o meglio la loro identità si stava mettendo in relazione. Come NN, quindi, ci sembrava possibile aprire spazi di comunicazione del libro e delle sue parole che non erano stati ancora sperimentati. Abbiamo avuto fiducia in questa intuizione.
Credo poi che l’ambizione di trovare nuovi lettori, di rendere più forti lettori deboli, come si definiscono quelli che leggono pochi libri all’anno, sia l’obiettivo e la scommessa di tutti gli editori e le librerie. Oggi anche in Italia c’è una rete di indipendenti, editori e librerie, che è molto vivace e ricca, variegata e in fermento. Sono sempre di più le iniziative di che promozione alla lettura e di comunicazione del libro di cui si fanno portatrici queste realtà editoriali. La caratteristica, l’essere indipendenti, è stata per molto tempo confusa con l’essere piccoli, sciatti, chiusi e poco collaborativi, oppure troppo sofisticati, inaccessibili. Ma le cose stanno cambiando. E i lettori lo hanno capito.
Oggi c’è un fermento nuovo, esiste uno sguardo diverso, ed esiste una comunità, come si diceva in principio. Noi di NN, ad esempio, siamo stati accolti e accettati da subito dalla rete. Forse perché gli editori e i librai indipendenti, più degli altri, hanno capito che il rischio di concentrarsi solo sulla competizione, in realtà nasconde due rischi: quello di convincersi ancora una volta che il lettore, i lettori, siano una nicchia piccolissima impossibile da estendere e far crescere; e quello, ancora più temibile, di non voler rischiare, di non voler proporre libri e letture che non siano già prevedibili e preconfezionate.
Un catalogo che non parla la stessa lingua dell’industria editoriale ha bisogno di comunicazione e di marketing, quali sono state le vostre scelte? Potete azzardare un profilo dei vostri lettori?
Cerchiamo di fornire più strumenti possibili per comunicare il libro e informare le scelte di lettura, che sono il momento più delicato per i lettori. I libri sono tanti, ci sono tanti libri bellissimi. Il lettore come può scegliere? Si fida dell’autore, del genere, della collana, della casa editrice, del passaparola, del libraio?
Se si parla di marketing in editoria la reazione è di rifiuto, una reazione allergica. Ci troviamo quindi spesso davanti a comportamenti opposti e speculari, grandissime operazioni di marketing da un lato e libri abbandonati a se stessi sugli scaffali, dall’altro.
Il tentativo che facciamo in NN è di considerare il marketing per quello che è, cioè un lavoro su prodotto, prezzo e comunicazione del libro, in modo che arrivi a più persone possibili.
Abbiamo lavorato sul prodotto, scegliendo il progetto grafico di Mario Piazza e poi la carta, morbida e naturale, tenendo conto di peso, caratteri e illustrazioni. Abbiamo lavorato sulle copertine, sui testi e sui colori, e in quarta dedichiamo ogni libro a un lettore, che proviamo a descrivere. Pubblichiamo per ogni libro la sua colonna sonora, il songbook, e se abbiamo materiali interessanti legati alla lavorazione li condividiamo con i lettori. Nelle pagine finali di ogni libro, da gennaio di quest’anno, mettiamo le pagine bianche di NN, invece che l’elenco dei libri in catalogo percorsi di lettura trasversali sui nostri titoli seguendo fili conduttori legati al tema, legati all’autore, oppure legati alla scrittura.
Ragioniamo su tempi di uscita e prezzi, facciamo schede per la promozione più ricche possibili, e cerchiamo di mantenere i programmi, con i promotori e i librai che costruiscono le loro proposte anche in base alla nostra comunicazione e tempistica.
Abbiamo costruito un catalogo fatto apposta per i Gruppi di lettura, mentre per ogni libro facciamo cartoline e segnalibri. Talvolta le borse. Ma risparmiamo sul catalogo generale, per adesso, rimandando al sito.
E comunichiamo il più possibile, in ogni modo possibile, con una newsletter, e da gennaio con un blog, Sabotino14, che non è un blog letterario ma un ibrido, dove raccontiamo le nostre storie, coinvolgiamo gli autori e i lettori, pubblichiamo schede di lettura e racconti della vita di redazione e tutti i materiali che ruotano attorno ai libri o ai suoi contenuti.
Nel 2017 abbiamo iniziato anche a pubblicare l’oroscopo di ogni libro, ce lo prepara Nicola Lazzari guardando il cielo nel giorno e nell’ora in cui viene confezionata la prima copia di ogni nostra uscita.
Poi, in alcuni casi abbiamo usato inserzioni pubblicitarie, sulla radio, o sui giornali, ma non sono mai stati strumenti calati dall’alto, solo azioni di rinforzo di comunicazione su tendenze già in atto, un sostegno al tanto osannato e spontaneo passa parola dei lettori.
Non so azzardare un profilo del nostro lettore, ma ho qualche idea sul profilo della nostra comunità di lettori, almeno quella che ci segue sui social media. C’è poi l’esperienza di Kent Haruf che rende questa descrizione molto più ampia, visto che è un autore che ha toccato le corde di lettori di ogni genere, forti e ‘deboli’, giovani e persone anziani, donne e uomini, laureati o con licenza media, di città e di provincia, in Italia e all’estero, e di diversa estrazione sociale.
Che rapporto avete con la narrativa italiana?
Nella costruzione del nostro catalogo, non facciamo differenza tra le lingue di provenienza, e neppure tra i generi letterari. Nella serie La Stagione, quindi, ogni anno sono presenti anche autori italiani, i cui testi seguono il filo conduttore tematico di cui dicevo prima, la ricerca di identità nel contemporaneo. Quindi Stefania Divertito, giornalista specializzata in tematiche ambientali, al suo esordio nella narrativa; Alessandro Pozzetti, autore teatrale anche lui al suo esordio nella narrativa, Giacomo Sartori, un autore già conosciuto dal pubblico italiano di cui abbiamo pubblicato l’ultimo lavoro e Giorgio Serafini Prosperi, il nostro giallista italiano, che sta scrivendo una serie classica, cioè una serie in cui è il protagonista, Adriano Panatta come il famoso tennista, a dover affrontare e risolvere dei casi giudiziari.
Diverso è stato il nostro modo di costruire la serie Viceversa, che è stata accompagnata da Gian Luca Favetto e in cui abbiamo chiesto ad autori italiani già affermati di scrivere un romanzo breve ispirato ai Vizi e alle Virtù nel contemporaneo. Nel momento in cui siamo immersi in quella confusione etica di cui si diceva, le modalità con cui sono sempre state descritte l’inclinazione verso il bene o il male, cioè i vizi e le virtù, rischiano di cambiare di segno e di confondersi a loro volta. La prudenza può essere scambiata per accidia, per dirla in poche
Nella serie abbiamo pubblicato Tommaso Pincio e Elisabetta Bucciarelli, Tony Laudadio e Rosa Mogliasso, solo per fare qualche esempio. Sette libri, e poi la serie è finita. Stiamo studiando con Alessandro Zaccuri una nuova serie, si chiamerà Crocevia e la lanceremo a cavallo del 2017 e 2018. Nelle serie come queste, la ricerca editoriale è di diverso genere: una scrittura su commissione, come può essere chiamata, anche se a noi piace di più dire una scrittura con un punto di ispirazione condiviso.
Quanta fiducia date agli esordienti? (avete ripreso a valutare i manoscritti?)
Credo che il nostro catalogo, anche se ha solo due anni di vita, dimostri che abbiamo fiducia negli esordi, sia italiani sia stranieri. Jenny Offill non era mai stata pubblicata in Italia, e neppure David James Poissant e i suoi racconti. Come gli esordi italiani di cui scrivevo prima. Non abbiamo mai smesso di valutare manoscritti, ma abbiamo chiuso la mail aperta in cui ricevevamo troppe proposte, la maggior parte delle quali per nulla attinenti alla nostra ricerca editoriale. È ormai un anno che lavoriamo senza quella mail e posso assicurare che i testi continuano ad arrivare, e sono molto meglio selezionati, alla fonte e dagli stessi scrittori che prima di sceglierci studiano il nostro profilo di casa editrice, le nostre linee di ricerca e l’evoluzione della casa editrice.
Si sente spesso dire che l’editoria italiana non cura gli esordienti, spesso non li pubblica e quando lo fa non investe abbastanza sui quei progetti editoriali.
Mi pare che per anni sia stato proprio il contrario, che anzi si cercasse di pubblicare, soprattutto in Italia, più l’esordio che il seguito, che fosse più facile lanciare un nuovo scrittore piuttosto che seguirlo nel suo percorso di evoluzione.
Noi pubblichiamo 14/16 titoli all’anno. È una quantità di titoli che ci permette, con le forze che abbiamo, di seguire ogni libro con la cura necessaria. Spesso, anche così, alcuni titoli incontrano da subito il favore dei lettori e questa attenzione spinge anche noi a rinforzare il lavoro sulla comunicazione libro. È un discorso con il pubblico, non una comunicazione che caliamo dall’alto. Ma la vera questione dell’editoria tutta, non è tanto se l’autore sia esordiente o meno, quanto come seguire con la cura necessaria ogni titolo che si pubblica per portarlo al lettore che potrebbe leggerlo. Si pubblicano tantissimi titoli, difficile chiedere ai lettori e alle librerie di poterli assorbire tutti con la stessa attenzione.
Nei primi tre mesi del 2017 avete pubblicato, nella serie Stagione, tre nuovi titoli: Bull Mountain di Brian Panowich, Il salto di Sarah Manguso e Mia figlia, Don Chisciotte di Alessandro Garigliano, due autori americani e uno italiano. Quali sono i mondi di questi autori?
Alessandro Garigliano ha scritto per noi una grande dichiarazione d’amore per la lettura e per il potere della fantasia. Era alla sua seconda prova come scrittore, il suo tema si intrecciava al filo rosso di quest’anno, il 2017, in cui ogni libro affronta uno o più attributi, aggettivi che ci troviamo a dover accogliere nella vita di ogni giorno senza per forza averli scelti. E come questi attributi determinino le nostre azioni e la nostra identità nel presente. Se Alessandro, nel suo libro, ha un personaggio che nella vita è disoccupato e padre, Sarah Manguso nel suo memoir è amica e guardiana della memoria dell’amico scomparso, un amico che soffre di attacchi psicotici. Il personaggio di Brian Panowich, invece, nel sud degli Stati Uniti, è alle prese con la sua famiglia, con le sue origini di ‘fuorilegge’ e si interroga sul senso dell’onestà e del rispetto. Sono mondi molto diversi, generi letterari e ambientazioni diversissime tra loro, ma le questioni esistenziali che pongono a nostro avviso riescono a parlare a tutti, in qualsiasi luogo e tempo, di scelte e dilemmi della vita quotidiana. Questa è una delle funzioni della letteratura e dell’arte, mi piace pensare.
La settimana scorsa si è conclusa con quasi trentamila presenze la terza edizione di Book Pride allo spazio Base di Milano. Una nuova dimostrazione che l’editoria indipendente guadagna lo spazio disertato dalle grandi concentrazioni editoriali?
Difficile dare una valutazione all’edizione di quest’anno di Bookpride, che ha visto molte presenze agli incontri, più che presso gli stand degli editori. Noi partecipiamo alla fiera dal primo anno, ma forse questa edizione è stata penalizzata dalla visita a Milano del Papa che ha bloccato per tutta la giornata di sabato l’intera città. In ogni caso, per noi è sempre importante essere presenti dove ci sia l’occasione di incontrare nuovi lettori.