Se ne è parlato molto in questi giorni. Nella musica leggera è il momento di riflettere sull’opportunità di raccontare l’amore, le figure femminili, la vita in genere in modo violento, usando un linguaggio gratuitamente crudo, sessista e brutale
La polemica sui testi sessisti di tante canzoni rap, trap e affini made in Italy era inevitabile. Ed è più che comprensibile dopo 107 donne morte nel solo 2023. E’ vero, i testi di tante canzoni non sono solo brutti (almeno per me), ma sono violenti nel modo di raccontare l’amore, le figure femminili, la vita in genere.
Qualche esempio recente: l’ultimissimo singolo di Sfera Ebbasta, intitolato Anche stasera (l’album di Sfera Ebbasta è il più venduto attualmente in Italia) è cantato con Elodie e inizia con queste parole:
«Tu dormi sopra il mio petto, intanto io fumo/ Dentro le coperte resta il tuo profumo/ Sei soltanto mia, mai più di nessuno /Odio chi altro ti ha avuta o fatto sentire al sicuro/ Hanno pianto i nostri occhi/ Gocce di pioggia sui blocchi/ Freddo sotto zero, sotto un cielo nero/ Anche coi cuori rotti/ E scopiamo tutta la notte/ Spero che il vicino non senta/ Ti ho detto cose, ero fuori di me/ Tu mi mandi fuori di testa/ A duecento sopra ad un Carrera/ Dimmi che sei sincera/ Per te vado in galera (…)».
Pare evidente da subito il concetto base: ti amo, ma sei di mia proprietà, odio chi c’è stato prima di me e so già che per questo amore andrò in galera. Un concetto di amore decisamente chiuso e tossico, dove l’unica felicità sembra legata al fare l’amore. Per il resto non c’è dialogo né futuro.
Non è da meno Massimo Pericolo, che in un pezzo intitolato Sai solo scopare descrive il sentimento (?) di chi è stato appena mollato e sta male. Dopo diversi ragionamenti e qualche epiteto non esattamente neutrale (troia) verso la protagonista, chiude il discorso così:
«(…) Sto meglio senza un euro che senza te, lo ammetto/ Se fossi tutta per me sarebbe tutto perfetto/ Ma scambi affetto per sesso, ci perdi il cento per cento/ Tu mi lasci pronto, ma se mi lasci muoio/ Se chiami e non rispondo chiama il pronto soccorso/ Fumo un pacchetto al giorno, se muoio me ne fotto/ Vorrei essere stronzo come è il resto del mondo/ Non sai quanto sto male/ Uoh, oh/ Non puoi non tornare/ Uoh, oh/ Stronza, non sai quanto sto male/ Sai solo scopare, ye-yeah, ye-yeah».
Evidente il dolore e l’incapacità di capire i motivi dell’altra, ma per lei anche un bel senso di colpa in salsa suicida.
Nei testi trap ci sono spesso riferimenti diretti alla vita quotidiana dei cantanti, ma nel caso di Shiva siamo oltre. Nel brano Gelosa cantato con Guè Pequeno e Sfera Ebbasta il 24enne si rivolge ad una ragazza con cui ha avuto una storia con queste parole:
«(…) Mentre tu ti fai le storie/ Ho paura che non senti i tuoi rimorsi nella notte/ Vorrei incatenarti il cuore/ Non lasciarlo più partire/ Dormo con la Glock sotto al cuscino/ Da quando non sei vicino (…)».
La Glock è una pistola semiautomatica tedesca, e Shiva è attualmente in carcere perché accusato di aver sparato a due persone in un agguato fuori dalla sua casa discografica a Settimo Milanese. Qui non c’è solo sessismo e senso del possesso, ma andiamo decisamente in zona malavita vissuta. Tra l’altro Shiva è appena diventato papà, ma non ha potuto assistere alla nascita del figlio perché rinchiuso a San Vittore.
Junior Cally ha pure partecipato a Sanremo un paio di anni fa, e ci fu polemica per un brano uscito precedentemente alla sua performance al Festival intitolato Si chiama Gioia. Diciamo che il concetto di metafora e di rispetto in questo testo del 2018 è quanto meno rivedibile:
«(…) Balla mezza nuda e dopo te la dà/ Lei, lei, lei/ Sì, per la gioia di mamma e papà/ Si chiama Gioia ma beve e poi ingoia/ Balla mezza nuda e dopo te la dà/ Si chiama Gioia perché fa la troia/ Sì, per la gioia di mamma e papà (…)».
Ci sarebbero decine di altri esempi. Ma non bisogna sbagliare. Non vanno confusi la causa con l’effetto. I testi sessisti sono specchio di un modo di vedere le cose che esiste, che fa parte del quotidiano per milioni di persone. E in quelle realtà le donne sono trattate come oggetti, usate e buttate via, con una logica che se non è reale rischia di diventare aspirazionale per migliaia di frustrati analfabeti dell’amore, dei rapporti, del rispetto per gli altri.
Non dimentichiamoci mai però che le azioni, dalle migliori alle più orrende, non dipendono dalle canzoni, ma da chi le canzoni le ascolta e poi le interpreta. Altrimenti avrebbero dovuto arrestare Lou Reed per spaccio di eroina e tutto il rock (e non solo) sarebbe stato da boicottare in blocco. Basta tradurre qualche testo degli Stones per rendersene conto.
La vera differenza per noi in Italia è anche data dal fatto che il rap prima e la trap poi hanno sdoganato un modo di usare un linguaggio crudo, sessista e brutale nella sua ignoranza, a cui non eravamo abituati. Anni di rime cuore/amore nelle canzoni melodiche e anni di alta qualità delle parole nella scuola cantautorale ci hanno “distratto” dal resto del mondo che parla e capisce l’inglese e i suoi derivati. Il rap originale americano da tanto tempo è sessista in maniera pesante. Non tutto ovviamente e non solo, ma diciamo che l’ispirazione diretta che arrivava e arriva dagli States con videoclip pieni di macchinoni e champagne e cubiste disponibili e testi pieni di parole sessiste e odiose hanno creato nei giovani rapper italiani una certa voglia di emulazione. Che si è tradotta in pezzi rap e trap in italiano. La verità è che l’ignoranza della lingua inglese ci ha preservato da anni di testi machisti e stupidi.
D’altra parte, se ci guardiamo indietro, tutta la nostra società si è “americanizzata”: avere è sempre più importante che essere, l’ignoranza è quasi diventata un valore, la propaganda acritica domina i nostri media e ovviamente i social. Quindi perché la musica non dovrebbe aver subito queste trasformazioni? Il rap è nato come narrazione dei quartieri da parte dei suoi giovani abitanti, e oggi in Italia questa narrazione intercetta frustrazione ed ignoranza e la fa diventare musica. Non però una rabbia generazionale che porta a nuove consapevolezze e possibili forme di lotta, ma una “revanche” tutta personale. Io sono figo perché ho tutto, voi siete gli sfigati perché non avete quello che ho io.
Questo però non può e non deve giustificare tutto. Gli artisti, o presunti tali, hanno il diritto di dire quello che vogliono, ma anche il dovere di ragionare sul loro ruolo nella società. Le espressioni violente e strafottenti contro le donne non sono mai giustificabili, ma almeno comprensibili se ad esprimerle sono sedicenni figli del disagio, ragazzi che nella vita non hanno mai visto che violenza, rabbia e prevaricazione.
Ma se hai qualche anno di più e sei nel mondo dello show business sai perfettamente cosa stai scrivendo e cosa stai giustificando con le tue parole. E se non ne prendi atto sei in contraddizione con te stesso e in malafede verso chi ti ascolta.